30 mag 2016

Ospedale Belcolle di Viterbo
Un reparto “Cardiologia Emodinamica e UTIC” che l' Europa ci invidia.

Sono stato ricoverato in condizioni direi tragiche nel reparto di Cardiologia Emodinamica dove una equipe straordinaria di persone prima di tutto umane e altruistiche ma sopratutto con capacità altamente professionali a partire da chi fa le pulizie per passare chi ti porta i pasti e finalmente quello staff. Di infermieri professionisti dalle capacità infinite e dal sorriso facile.
In 4 giorni mi hanno rimesso tra i vivi facendomi produrre oltre 11 litri di diuresi ( incredibile ma vero) Ora non sono qui a parlare di me, ma di questa Equipe di cui il Direttore è Dott. Francesco Serra coadiuvato da Dr.ssa Paola Achilli e Dr Daniele Pontillo.
IL mio ringraziamento va a tutti e in particolare alla Capo Sala Katia Sensi e i suoi ragazzi (infermiere e infermieri sopratutto apprendisti infermieri che si prodigano oltre le loro possibilità)
mai visto una competenza e un sevizio di questo livello, che neppure la miglior clinica Svizzera potrebbe fornire.
Ora però vorrei dire due parole su colei che mi ha rimesso al mondo Dr.ssa Paola Achilli in lei ho trovato competenza favolosa, disponibilità totale ,spiegazioni chiare e limpide di ciò che si sta eseguendo, accompagna il tutto una umanità fuori dal comune Aggiungo anche il Dr. Daniele Pontillo anche se il suo intervento ( importante ) è avvenuto alla fine di questa bellissima storia sanitaria . Questo mio scritto non solo per ringraziare, ma anche per informare su qualcosa di cui tutti i cittadini della Tuscia devono andare fieri , ossia una struttura di tale eccellenza che sicuramente l' Europa ci invidia.

GRAZIE da Mo.Ma (Dino Monti) 

Gary Bartz Quartet - Live at Jazz a Foix 2014


BARRY WHITE (COLLECTION) HD


29 mag 2016

Very Best of Jazz Lounge - A Smooth Trumpet Session In the Mix


John Coltrane, Charlie Parker, Lester Young... The Best of Jazz Saxophone


Jazz Orkestar Radio-Televizije Beograd (FULL ALBUM, jazz-funk, Yugoslavia, 1979)


Undici domande a Fabio Volo

Undici domande a Fabio Volo

Breve intervista al noto attore, scrittore e conduttore

È meglio aver amato e perduto o non aver mai amato?


«Amato e perduto senza dubbio».


Se insisti e resisti raggiungi e conquisti?


«Certo, è una legge universale».


Nei momenti di grande difficoltà il massimo della velocità è stare fermi?


«Nel mio caso no, non riesco a stare fermo. Il movimento è vita».


Nella vita conta di più da dove si viene, dove si va o essere felici mentre si cammina?


«Essere felici mentre si cammina ricordando da dove si viene e sognando dove si va».


Quando si è liberi si è anche un po’ soli?


«Chi è veramente libero non è mai solo».


L’intelligenza libera o imprigiona?


«Libera».


La vita va presa a baci o a schiaffi?


«Sapere quando usare uno e quando l’altro ».


Fa più paura la morte o la paura della morte?


«La paura della morte».


La malinconia è la felicità di sentirsi tristi?


«È un modo di vedere le cose».


Solo coloro che sono abbastanza folli da voler cambiare il mondo lo cambiano davvero?


« Certo».


L’ingegno di un uomo o di una donna si giudica meglio dalle sue domande o dalle sue risposte?


«Dalle domande e dalla risposte che si danno alle domande di Marzullo».
di Gigi Marzullo per L' Unità.TV


L’umanità nascosta dietro la guerra, su un’isola del Trasimeno

L’umanità nascosta dietro la 
guerra, su un’isola del Trasimeno

La scelta”, il romanzo di Giovanni Dozzini, racconta una storia realmente accaduta nel 1944
Tutta la Seconda guerra mondiale in poco più di una settimana, con le sue paure, i suoi morti, i suoi misteri, le sue rappresaglie, i suoi occupatori, i suoi perseguitati, la sua liberazione. Perfino i suoi amori. È quello che hanno vissuto gli abitanti di un’isola nel lago Trasimeno dal 13 al 21 giugno 1944 e che Giovanni Dozzini racconta magistralmente in un romanzo, La scelta (edito da Nutrimenti), nel quale le scelte narrative avvolgono senza travolgere la realtà del tempo. Martedì il libro sarà presentato dall’autore a Roma.


Dozzini non nasconde le ambiguità tipiche della guerra e – soprattutto – delle piccole comunità, dove i ruoli si confondono e finiscono per essere travolti da un senso di condivisione e di familiarità che prevale. Non amplifica oltremodo il dolore, rendendolo piuttosto in maniera realistica e quasi disincantata, quando lo lascia osservare agli occhi dei bambini, i più efficaci narratori di questo romanzo corale. Non esalta gli eroi e non giudica i ‘cattivi’, nonostante siano ben chiari i pregi degli uni e le terribili colpe degli altri. Ma è l’umanità che prevale, con le sue inevitabili contraddizioni.


dozziniLa storia, come detto, si sviluppa in pochi giorni. Il fronte alleato si avvicina e le truppe tedesche, spaventate e incattivite, non si limitano più a sbarcare nell’isola per requisire i pesci tirati su dalle reti durante le nottate di lavoro degli abitanti, ma diventano aggressivi, nervosi, finché ci scappano i primi morti, da una parte e dall’altra. E allora inizia la paura, quella vera. Quella che fino ad allora era rimasta dall’altra parte del lago. E si inizia a guardare in maniera diversa a quel gruppo di ebrei nascosti al Castello, montano i dubbi: continuare a proteggerli costituisce senza dubbio un pericolo, ma è anche l’ultimo appiglio per mantenere un legame fraterno con un mondo ‘esterno’ che sembra impazzito. Ecco allora che arriva la scelta, che può tormentare, ma che non può che essere quella giusta.


È un romanzo carico di realismo, di una coralità all’interno della quale emergono i punti di riferimento della comunità. Su tutti “don”, il sacerdote che regola la vita dell’isola ancora più dei rappresentanti ufficiali del fascismo (che in realtà in nulla si mostrano in linea con il regime) e che rappresenta la trasposizione romanzata di don Ottavio Posta, il parroco di Isola Maggiore nominato nel 2011 Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem, l’ente nazionale per la memoria della Shoah di Israele.


Su tutto c’è l’acqua, che per un villaggio isolano non può che essere protagonista di ogni aspetto della vita. Quello stesso lago che ha consentito fino a quel momento di vedere la guerra con distacco, diventa improvvisamente insieme immagine di morte e fonte di paura (del ritorno dei tedeschi), di rifugio (per gli uomini che fuggono), di speranza (per l’arrivo degli Alleati), di ritorno alla normalità (il lattaio che porta i rifornimenti, la pesca).
di Rudy Francesco Calvo per L' Unità.TV


Buongiorno a tutti !!!


Bersani: “Mi batto per un Pd ulivista mentre c’è chi si diverte a dividere”

Bersani: “Mi batto per un Pd ulivista
 mentre c’è chi si diverte a dividere”

L’ex segretario: “Ho fatto campagna elettorale per le amministrative più di ogni altro. L’Italicum? Inaccettabile perché non dà sovranità ai cittadini”
A marezza, preoccupazione, ma nessuna intenzione di arretrare di un millimetro sulle questioni «squisitamente politiche» che ha messo sul tavolo della discussione. L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, dopo aver letto quanto ha detto il premier Matteo Renzi dal Giappone sull’Italicum – «non si cambia» -, dice che non si stupisce. «Sono stato sostituito in Commissione, insieme ad altri, perché avevo obiezioni sulla legge elettorale, quindi nulla di nuovo…». E alla fine di questa lunga intervista le distanze dalla maggioranza del Pd restano intatte.


Ammetterà che l’ultima critica che lei ha mosso – sulle 10-15 persone che contano che si stanno aggiustando le cose con il governo e in cambio fanno applausi attraverso i giornali – è pesante. Le sembra poco?
«È l’osservazione del paesaggio. Essendo sul campo da molti anni mi accorgo quando questo capitalismo italiano ha bisogno di riorganizzare le sue cose e di non essere disturbato. È un istinto a tenersi affiancati fra sistema politico e sistema economico con il risultato di non guardare spesso la realtà e dirsi reciprocamente che tutto va bene quando invece i problemi sono acuti. Nel tempo questo atteggiamento può diventare elemento di pericolo. C’è troppo conformismo nei confronti della situazione, non lo dico per polemica, ma come un avviso ai naviganti».


Bersani, c’è qualcosa che va bene? Il quadro che traccia è sempre fosco…
«L’Italia ha ancora dei problemi, di natura economica e sociale, relativi al tema del lavoro e dei redditi, della protezione sociale e a una dinamica dell’allargamento della forbice della diseguaglianza. Se la si vive come una polemica, vuol dire non si vuole prendere atto di un problema che c’è».


Che risponde al senatore Andrea Marcucci che, riferendosi alle sue dichiarazioni, parla di una insana tendenza all’autogol?
«Sono esterrefatto. Marcucci e compagnia dovrebbero ringraziarmi, cerco di tenere nel Pd anche chi percepisce il disagio. Se interpretano anche questo come autogol vuol dire che non vedono la realtà».


Non le sembra che le critiche più dure al Pd arrivino dal Pd più che dagli altri partiti?
«Ma è l’Unità che vede questo?»


È quello che raccontano gli altri giornali ogni giorno.
«Credo di aver fatto campagna elettorale per queste amministrative più di ogni altro, vado a chiedere i voti per il Pd, con i miei argomenti e mi sembra che i miei argomenti riescano a convincere buona parte di questo partito. Ogni volta ripeto che si deve restare nel Pd con una buona dialettica. Sono io quello che fa polemica? Quando c’è polemica nel Pd non sarà che c’è un gruppo dirigente che se la prende con un pezzo di Pd? Chi dirige deve tenere assieme, non deve non dividere. Io faccio lo sforzo di tenere assieme, di fronte a un gruppo dirigente che si diverte a dividere».


Renzi dal Giappone risponde: l’Italicum non si tocca. Quindi, che succede, visto che per lei è una condizione per votare Sì al referendum?
«Non mi meraviglio della risposta. Insieme ad altri sono stato sostituito in commissione perché avevo obiezioni sull’Italicum. So bene come la pensa Renzi, ma sono convinto che procedere così per quattro mesi significhi fare una riforma a prezzo di un solco difficilmente colmabile nell’area democratica. Se vogliamo dividere l’Italia tra l’Italia del “Sì”e l’Italia del “No”, rischiamo di prendere una strada che provocherà un mare di problemi e non aiuterà il Paese. Io ho suggerito un modo diverso con il quale il “Sì” può rivolgersi al “No”. Le norme che sono state votate, con tutti i difetti che hanno, sono comunque un passo avanti se accompagnate con l’elezione diretta dei senatori, ma sono in dissenso radicale con la conduzione politica di questa battaglia. Sommare i destini di un governo a quelli di una Costituzione crea un precedente non accettabile, fuori dal nostro sistema e con l’aria che tira in Europa può, in prospettiva, creare guai seri al Paese».


Le chiedo: c’è un modo per accorciare le distanze?
«Quello che sto dicendo lo dico per trovare una strada che unisca. L’Italicum è una legge inaccettabile per il fatto che non dà sovranità ai cittadini e si propone di garantire la governabilità sacrificando la rappresentanza in un momento in cui in Europa e in Italia c’è bisogno di essere flessibili. Dopo di che, se mi si viene a dire che è ora di smetterla perché abbiamo avuto 63 governi io rispondo: è colpa delle leggi elettorali? L’ultimo governo è caduto per le leggi elettorali?».


Cacciari dice che nel fronte del No ci sono quelli che hanno fallito per 40 anni…
«Il fallimento di 40 anni? Ma questa retorica di 40 anni buttati via da dove nasce? Noi, che siamo eredi del buono che c’è stato in questo Paese, adesso facciamo in coro la condanna di quello che questo Paese ha fatto? Come si può dire che 63 governi non hanno fatto nulla? Ci sono stati limiti, errori, ma questo è un Paese che ha fatto passi avanti, progressi. È tutto fallimento in attesa del Messia? Noi stessi, per esempio, abbiamo cambiato già la Costituzione col Titolo V facendo qualche errore. Un vero fallimento, ad esempio, è che non siamo riusciti a cambiare i regolamenti di Camera e Senato. In due anni, alla Camera, abbiamo fatto 70mila votazioni e al Bundestag 80. Cerchiamo di essere meno sbrigativi e di non fare “ante Christum natum, post Christum natum”. Per favore…».


La moratoria delle polemiche interne sembra una chimera…
«Io terrò testardamente la linea di un Pd ulivista con l’idea che il nostro Paese non può sopportare divisioni. Per me questa è una moratoria quotidiana. Se invece si continua con atteggiamenti muscolari e divisivi e non si accetta di discutere con le ragioni degli altri, continuando sulla strada dell’ambiguità, non si va da nessuna parte. Le faccio un esempio pratico: a Bologna, dove vinceremo le elezioni e le vinceremo bene, c’è in lista una giovane che si è fatta le ossa con l’antimafia: come sta assieme con la circostanza che abbiamo fatto un matrimonio con Verdini e quindi con D’Anna che insulta Saviano e Capacchione? Pongo questa domanda e aspetto risposte».


La scelta, quindi, sarebbe Bersani o Verdini?
«Qui non è questione di nomi, stiamo parlando del profilo di un partito. Quel che mi colpisce non è Verdini, è il fatto che ogni 48 ore il nostro segretario giustifichi l’alleanza con Verdini. Fa impressione. Forse ha intenzione di fare un’altra cosa?».


Lei sa quanti annunciano che sta pensando di andare via dal Pd. Questo voleva dire con quel “Io non ci sto”?
«Prima di me se ne vanno altri. Io parlo in nome del Pd per come lo concepisco io. “Non ci sto” vuol dire che non ci sto, non ho niente da chiedere, si aspettino però che non mollerò, continuerò la mia battaglia in nome di un Pd ulivista».


È stato un errore far partire la campagna referendaria adesso?
«Assolutamente sì, in piena campagna per le amministrative si creano più problemi che opportunità. Stiamo confondendo la nostra gente, tra i nostri elettori ci sono sensibilità diverse».


Sarà anticipato il congresso, è questo che rende ancora più aspra la polemica interna?
«Un congresso è necessario, se si vuole fare in autunno dovremmo già essere all’opera. Dovremmo cioè garantire che sia un congresso serio perché per come vedo messo il partito, non vorrei che si finisse su tutte le gazzette locali per questo o quell’episodio».


Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre la invitano a sfilarsi e lavorare a una nuova sinistra.
«L’Italia ha bisogno di un centrosinistra, il centrosinistra di un Pd che sappia organizzare un campo. Se non ci fosse speranza nel Pd non ci sarebbe speranza per il centrosinistra. A queste sollecitazioni rispondo “no”. Quelli che danno per perso il Pd danno per perso il centrosinistra, che invece resta la sola chiave politica per il futuro democratico del Paese».
di Maria Zegarelli per L' Unità.TV

Caro Bersani ora ci vieni a raccontare
 la barzelletta dell' Ulivo ?
 che tu vuoi unire ? Ma credi sul serio che la base sia davvero rincretinita e di non aver capito che il tuo unico scopo è avere una rivalsa su Renzi , il tuo astio giornaliero contro questo governo con uscite dementi tutte indirizzate a ostacolare sia il governo che la segreteria di Renzi . Credi che non abbiamo capito quali consigli dai al buon Speranza per uscire con comunicati sempre più duri e posso ormai dirlo vigliacchi contro la maggioranza del PD, ora che ti rendi conto che anche la base ti abbandona , cerchi di rivoltare la frittata dicendo che  
“Mi batto per un Pd ulivista
 mentre c’è chi si diverte a dividere” 
Ma voglio dire ,pensi proprio che noi della base siamo esseri
che sono senza comprendonio o degli stolti ?
Guarda che abbiamo capito benissimo il tuo unico scopo, ossia
distruggere la Segreteria e con essa il governo
Renzi che in questo momento ti sta
dando lezioni di come si deve portare avanti un
partito e in una situazione lasciata da te e da i tuoi compari
veramente difficile ....nonostante tutto questo  tu e altri
come te ( pochi) remate contro con odio e voglia di rivalsa 
Questo governo sta dimostrando che con meno personalismo e 
voglia di potere infinita come la tua porta sicuramente
nella cesta inesorabile del dimenticatoio e vi assicuro sarete
ricordati solo per il male che avete fatto e che ancora cercherete
di fare a questo PD che sta riportando l' Italia al suo posto
privilegiato in questo pianeta.


Saluti da Dino Monti





28 mag 2016

Red Rodney Quintet. Modern Music From Chicago.


Farò campagna per il Sì al referendum. Che fa l’Anpi, mi caccia?

Farò campagna per il Sì al referendum.
 Che fa l’Anpi, mi caccia?

Mio fratello era partigiano, io no ma sono iscritto all’associazione. Rivendico il mio comportamento serio e non voglio restituire la tessera
Sono un compagno di Genova, nato nel 1936 e iscritto al Pci nel 1953. Ho militato attivamente per molti anni soprattutto nel mio territorio (Struppa-Valbisagno). Ho condiviso i vari cambiamenti dal Pci al Pd contribuendo con partecipazione, critiche e riserve; ho visto che chi doveva rinnovare e innovare rallentava.


Mi sento personalmente coinvolto dalle decisioni dell’Anpi sul referendum costituzionale. Mio fratello Remo nato nel 1925 era partigiano (nome di battaglia Giorgio, Brigata Buranello), nel novembre 1943 salì in montagna nel ponente di Genova; nella primavera 1944 era alla Benedicta durante il rastrellamento dei nazifascisti, riuscito a salvarsi rimase per oltre un mese in quei territori da solo, finché giunto ai piedi del monte Tobbio incontrò altri reduci della Benedicta, si riorganizzarono e combatterono fino alla Liberazione.


Tornato a casa e trovato lavoro all’Ansaldo, iniziò la lotta politica nel Pci, è stato un assiduo diffusore dell’Unità nelle case di Sestri Ponente ed è sempre stato attento ai cambiamenti della società per cui gli fu naturale schierarsi per il rinnovamento della politica.


Questa familiarità mi ha portato già negli anni Sessanta ad iscrivermi all’Anpi e partecipare alle lotte per la democrazia e le libertà, come quella del 30 giugno 1960 contro il Congresso del Msi a Genova.


Ovviamente ho partecipato all’ultimo congresso della sezione Anpi cui sono iscritto, nel mio intervento ho sostenuto il valore positivo della riforma costituzionale e il diritto a far parte dei comitati del Sì; nell’esprimerla ebbi l’impressione di un forte disagio, benché fossimo tutte persone che si conoscono e stimano da decenni. Come può l’Anpi nazionale fare scelte che penetrano così rudemente nelle coscienze delle persone, che possono creare fratture umane irrecuperabili?


Io non farò come altri che hanno restituito la tessera per fare campagna elettorale per il Sì. Se sono sicuri del loro metodo democratico mi devono espellere; il mio comportamento serio ed onesto lo rivendico, per la mia storia e per quella di mio fratello, perché malgrado quel che dice il signor Bersani c’è differenza tra i partigiani veri e gli altri iscritti: mio fratello è stato un partigiano, io no e pur vantando tanti anni di appartenenza non mi sento di interpretare la volontà di chi non c’è più e siccome il 95% di noi iscritti all’Anpi partigiani non lo siamo stati, non è giusto usurparne la memoria.
di Giacomo Musso per L' Unità.TV


Caro Giacomo Musso io sono uno dei figli della grande famiglia dei CAVANNA tutti partigiani “VERI” e so solo una cosa : L' Anpi nel suo statuto non deve fare politica e non deve dare direttive di voto, ma HA IL DOVERE SACROSANTO DI INSEGNARE L' ANTIFASCISMO...punto . Sia chiaro che qui nessuno strappa la tessera , ma qualcuno deve dare le dimissioni .....Un abbraccio da tutti noi.


Jazz Music Mix 2015 Best of Jazz Songs


Renzi: “Oggi decreto da 500 milioni di euro per le periferie”

Renzi: “Oggi decreto da 500 milioni
 di euro per le periferie”

Lo ha detto il premier, Matteo Renzi, alla Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia.
Siamo molto fieri e onorati della Biennale. Per me è la prima volta come presidente del Consiglio, ma abbiamo grande attenzione vero questo evento, perché il futuro del mondo è la cultura che si apre all’innovazione. L’Italia non è solo museo, ma un laboratorio”. Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, alla Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia, che sta inaugurando in queste ore. «Mi auguro che nella prossima sessione del G7, che sarà in Italia, ci sia uno spazio interamente dedicato ai cambiamenti delle città, dunque anche all’architettura«, ha aggiunto.


Abbiamo stanziato con un decreto 500 milioni di euro per le periferie, abbiamo scelto questo giorno per annunciarlo qui alla Biennale di Architettura per dare un segnale perché non è una sperimentazione ma un progetto”. Ha invece annunciato il presidente del Consiglio che ha consegnato il Leon d’Oro per la migliore partecipazione nazionale alla Spagna. “In questo momento architettura e politica hanno molte sfide – ha sottolineato Renzi – sono appena tornato dal G7 in Giappone dove abbiamo discusso temi politici ma anche legati all’ambiente. E il rapporto con le nuove sfide nell’architettura e la politica rappresentano la necessità di migliorare la vita nelle città.
da L' Unità.TV


L’omicidio Di Rosa e le responsabilità “nere” mai punite

L’omicidio Di Rosa e le 

responsabilità “nere” mai punite

Il ruolo del deputato del Msi Saccucci, una pagina cancellata da una sentenza vergognosa
Il toccante articolo della signora Mariella Di Rosa che pubblichiamo sul nostro sito Unità.tv riporta alla memoria quella tragica giornata di 40 anni fa a Sezze Romano, piccolo e gradevole paese in provincia di Latina, quando un gruppetto di fascisti aprì il fuoco uccidendo Luigi Di Rosa, che era iscritto della Federazione giovanile comunista.


Il gravissimo episodio cadeva poche settimane prima delle elezioni politiche del 1976, quelle del “massimo storico” del Pci, in un clima politico accesisissimo, a metà di quei Settanta segnati dall’incredibile intreccio di espansione della democrazia e dei diritti (dal divorzio alle assemblee, dalle conquiste sindacali al crescere dei movimenti giovanili e femminili) e violenza diffusa, “rossa” e “nera”.


Nella memoria, erano tempi belli e brutti nello stesso tempo. Per chi, come chi scrive, era giovanissimo, non si viveva che di lotta politica: con tutte le ingenuità di quegli anni. Lotta voleva dire proprio lotta. Purtroppo anche fisica. Sotto scuola, nei quartieri. A Roma e non solo, la Fgci del povero Di Rosa era fra due fuochi, quello dei neofascisti e quello degli autonomi, la punta più dura galassia dell’estremismo “rosso”, ugualmente violento.


Nel capitolo della violenza – oggi se n’è un po’ persa memoria- c’è appunto il lugubre paragrafo “nero”, l’azione squadristica di gruppi più o meno legati al Movimento Sociale di Giorgio Almirante (il capo del Msi a cui Giorgia Meloni vorrebbe intitolare una strada di Roma). Il Msi siedeva in parlamento da lungo tempo e lo stesso Almirante aveva modi signorili, grande eloquio e parecchia furbizia politica, e come lui altri esponenti di quel partito. Ma i militanti delle sezioni missine non andavano per il sottile, e con essi gli universitari del Fuan, per non parlare dei gruppi para-terroristici che via via si sono susseguiti. Venivano fuori le compromissioni fra Ordine nuovo e Avanguardia nazionale e ambienti stragisti.


Intanto morivano giovani quasi quotidianamente. Giovani di sinistra, giovani fascisti, giovani agenti.


A Sezze, per l’appunto, la squadraccia si accompagnava a quel Sandro Saccucci, già di Ordine nuovo e all’epoca dei fatti deputato del Msi, che Giorgio Amendola – in una manifestazione della Fgci per Di Rosa tenutasi a Roma il giorno dopo i fatti(ricordo che c’era l’allora segretario della Fgci di Roma, il compianto Gianni Borgna) – apostrofò con grandissimo sdegno.


Saccucci quel giorno, nel suo comizio, tanto per far capire l’aria che tirava, circondato dai suoi, a un certo punto tirò fuori la pistola: e infatti poco dopo fu la tragedia. Incredibilmente, fu assolto in Cassazione, con una di quelle sentenze che gridano vendetta: tutta Sezze vide, tutta l’Italia giudicò.


40 anni dopo, la sorella di Luigi Di Rosa chiede ancora giustizia. Ha ragione. E’ troppo facile, troppo sbrigativo, troppo banale, dire che i conti con quella stagione di violenza sono stati saldati. La giustizia ha fallito, nel caso del giovane di Sezze Romano. Almeno il giudizio storico sui responsabili di quell’omicidio sia senza sconti, 40 anni dopo.
di Mario Lavia per L' Unità.TV


L’Anpi spieghi al "Fatto" cosa fu il fascismo

L’Anpi spieghi al Fatto cosa fu il fascismo

Piegare quella tragedia agli interessi dei sostenitori del No al referendum è una mancanza di rispetto per le vittime reali di una dittatura reale
L’ottimo Carlo Smuraglia, presidente pro tempore dell’Anpi (la gloriosa associazione dei partigiani cui anche il Fattone s’onora di appartenere), dovrebbe dedicare qualche ora del suo tempo prezioso per raccontare ai comuni amici del Fatto non che cosa sia l’antifascismo oggi, ma che cosa sia stato il fascismo allora, dal 1922 al 1943.


Ogni paragone con il Ventennio dovrebbe essere fatto con estrema cautela, e soltanto quando vi siano robuste ragioni storiche a sostegno: altrimenti, dando del “fascista” a destra e a manca, si finisce con il ridicolizzare il fascismo vero, cancellandone l’inaudita gravità, e si commette così un danno irreparabile alla causa democratica e antifascista.


Per questo chiediamo sommessamente ma fermamente al presidente pro tempore dell’Anpi di prendere le distanze dall’immagine che campeggia sulla prima pagina del Fatto di oggi: un televisore al cui interno è riprodotto – citiamo dalla didascalia – “il manifesto del plebiscito fascista del 1934 per nominare i deputati designati dal Gran Consiglio”, che raffigura una statua del Duce su uno sfondo di Sì.


Il fotomontaggio serve a illustrare una notizia inesistente (“La Rai ha deciso: chi dice No non parla”), ma non è questo il punto: se l’esimio professor Alessandro Pace, presidente del Comitato per il No, è tristissimo perché finora è andato in tv per soli due minuti due, dimenticando che a tutte le ore su tutti i canali i rappresentanti di tutti i partiti (la stragrande maggioranza dei quali è per il No) dicono la qualunque su qualsiasi cosa, referendum incluso, ce ne faremo una ragione.


Il punto è che non si può usare con disinvoltura il fascismo, disprezzando la storia e le sue vittime, come se si trattasse di un insulto qualsiasi. Il fascismo è stato una tragedia autentica, non soltanto per l’Italia ma per l’intero continente (Hitler e Franco si ispirarono a Mussolini), ha seminato morte e distruzione, ha violato sistematicamente i diritti più elementari delle persone, ha scatenato la guerra più grande della storia.


Si può non rispettare Renzi e il suo governo, ma tutti dovremmo sentire il dovere civile di rispettare le vittime reali di una dittatura reale.
di Fabrizio Rondolino per L' Unità.TV


Vela che passione !








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27 mag 2016

Usa in allarme: trovato in una donna batterio resistente a tutte le cure

Usa in allarme: trovato in una donna
batterio resistente a tutte le cure

Superbatteri inattaccabili dai farmaci: anche in Italia pazienti infettati
Anche in Italia ci sono già dei pazienti che si sono infettati con batteri che resistono a tutti gli antibiotici, anche se di tipo diverso da quello che ha colpito nei giorni scorsi la donna negli Stati Uniti. Lo afferma Annalisa Pantosti, ricercatrice dell'Istituto Superiore di Sanità, secondo cui la mortalità in questi casi può arrivare al 50%.


«La gravità dell'impossibilità di trattare il paziente noi l'abbiamo già nel nostro paese - spiega Pantosti -, non per l'Escherichia Coli come nel caso statunitense ma per un'altra classe di batteri, le clebsielle pneumoniae resistenti ai carbapenemi, che nel 30-40% dei casi sono ormai resistenti anche alla colistina. In questi casi si ricorre ad antibiotici 'di fortunà, magari in disuso, oppure a combinazioni di più farmaci, ma la mortalità è molto alta, anche se difficile da quantificare perchè di solito i pazienti hanno anche altri problemi medici».


Per quanto riguarda il batterio Escherichia Coli, quello trovato nella paziente Usa, anche in Europa ci sono forme resistenti alla colistina. «Una volta che il gene che conferisce la resistenza è stato isolato in Cina lo abbiamo cercato un po' tutti - racconta l'esperta -. Anche da noi ci sono ceppi di Escherichia con questo gene, ma per fortuna non hanno altre resistenze. La scoperta in Usa però è preoccupante perchè la resistenza di quel tipo è facilmente trasmissibile ad altri batteri. Speriamo che queste scoperte spingano verso la ricerca di nuovi antibiotici, anche perchè ce ne serve più di uno per contrastare il fenomeno e al momento ci sono poche molecole allo studio. L'altra cosa da fare è limitare l'uso di quelli esistenti, anche se non sempre è possibile».
da IL Messaggero.it



Marò, Girone rientrerà in Italia domani pomeriggio




Tornerà in Italia domani pomeriggio il fuciliere di Marina Salvatore Girone, dopo l'autorizzazione concessa ieri dalla Corte Suprema indiana. Girone rientrerà in Italia con un volo dell'Aeronautica Militare che atterrerà all'aeroporto di Ciampino alle 18, e ad accoglierlo ci saranno i ministri degli Esteri Paolo Gentiloni e della Difesa Roberta Pinotti.

“Bersani, ma che ti succede?”. I suoi ex sostenitori ci scrivono perplessi

Bersani, ma che ti succede?”. I suoi ex 
sostenitori ci scrivono perplessi

Continuiamo a ricevere email di ex bersaniani delusi dagli attacchi mossi negli ultimi tempi contro il governo e Renzi
Da alcuni giorni continuano ad arrivare all’indirizzo della nostra Community e-mail di iscritti ed elettori del Pd che si riconoscevano nelle posizioni e nella leadership di Pier Luigi Bersani e oggi non più. Fin qui ci sarebbe poco di strano: alti e bassi della politica, che peraltro giustificano il fatto che oggi a guidare il partito ci sia un altro e l’ex segretario si trovi invece in minoranza.


Quello che stupisce, però, è il disorientamento mostrato dai nostri lettori per la recrudescenza dell’atteggiamento che Bersani sta avendo nell’ultimo periodo. Il primo a segnalarcelo è stato Gianni Moscatellini e subito il suo articolo è balzato tra i più letti del nostro sito in questi giorni e ha provocato diverse repliche. Tutte nella stessa direzione: “caro Bersani, ora non ti capisco”. Abbiamo pubblicato ieri l’opinione di Carlo Leccacorvi (anche questa molto letta e condivisa), ma tante altre email, anche brevi, contengono lo stesso messaggio.


Ho sostenuto Bersani contro Renzi, ma da quando ha perso le elezioni con quella penosa diretta streaming con M5S non si riconosce più. Oggi fa il segretario di un altro partito“, ci scrive Gian Pioli. D’accordo con lui Euclide di Pretoro: “Sono sempre stato di sinistra e ammiratore di Bersani come ministro e come segretario. Adesso mi riesce difficile seguirlo nel suo argomentare”.


Quello che più mi rammarica è che oltre a mettere in discussione ogni provvedimento che il governo emana – aggiunge Vincenzo Stefanelli – non vi è mai una parola da parte della cosiddetta minoranza in difesa di Renzi e del governo, anche quando gli attacchi sono personali nei confronti dei membri del governo”. E conclude: “Se Renzi va a casa, Bersani non si illuda di aver vinto; io, nel mio piccolo, dirò addio alla politica e a qualsiasi voto”.


A questi si aggiungono brevi dichiarazioni di sostegno a queste idee e altri articoli più elaborati, che pubblicheremo nei prossimi giorni. Tutti scritti da persone che si dichiarano “ex bersaniani”, spesso non giovanissimi, che si esprimono con amarezza più che con rabbia.


Non sappiamo bene come interpretare queste reazioni. Né pretendiamo che gli umori da noi raccolti siano esaustivi di quanto pensa quella parte degli elettori dem che si riconoscevano nella leadership bersaniana. Di certo, però, è un segnale che va tenuto in considerazione. E che andrebbe in contro tendenza rispetto a quanto sostiene spesso la minoranza dem, cioè che la loro azione aiuti a mantenere nel partito la componente più tradizionalmente di sinistra. Ci piacerebbe che altri nostri lettori, d’accordo o meno con quanto riportato fin qui, ci aiutino a misurare quanto queste idee siano diffuse e come, invece, possono essere confutate.


Per quanto ci riguarda, noi possiamo solo reiterare l’invito rivolto allo stesso Bersani a dialogare con noi di quanto accade e – perché no – anche di queste riflessioni (perché non è vero che Unità.tv e l’Unità non abbiano interesse a discutere con lui, nonostante quanto dica in tv).
Di Rudy Francesco Calvo per L' Unità.TV


Siamo sicuri che Bersani stia bene ?