Scandalo
Panama Papers: ecco i conti offshore dei potenti
Una
fuga di notizia di proporzioni planetarie che fa tremare i leader e i
vip di mezzo mondo.
E’ la
più grande fuga di notizie o indiscrezioni nella storia della
finanza e della politica, persino più vasta di quelle di Wikileaks
nel 2010 e delle intercettazioni della Nsa americana svelate da
Edward Snowden nel 2013. Uno scandalo di proporzioni planetarie
che fa tremare i leader e i vip di mezzo mondo.
I Panama
Papers,
milioni di documenti che hanno origine in uno studio legale
internazionale specializzato in paradisi fiscali, gettano l’ombra
del sospetto su fortune riconducibili – pare – all’entourage di
Vladimir Putin e del suo arcinemico ucraino Petro Poroshhenko; a
familiari del leader cinese Xi Jinping e al re saudita, al defunto
padre di David Cameron, ma anche a Luca Cordero di Montezemolo, a
banche italiane, a primi ministri e loro parenti, a criminali,
personaggi dello spettacolo e dello sport come Leo Messi, a
funzionari d’intelligence, a celebrità varie.
Tutti
uniti, stando a queste esplosive rivelazioni, da una gigantesca rete
di banche e consulenti in grado di dirottare di nascosto da ogni
controllo di legalità, verso discreti isolotti off-shore, masse di
denaro: miliardi e miliardi di dollari. Le rivelazioni sono saltate
fuori da uno sterminato archivio di documenti denominati Panama
Papers fatti
filtrare da uno studio legale, Mossack Fonseca, con sede nel Paese
centroamericano del canale: non molto noto ma con uffici sparsi nei 5
continenti da Miami, a Hong Kong, a Zurigo, a 42 altre località.
Documenti
passati al giornale tedesco Suddeutsche
Zeitung e
da questo condivisi poi con un pool di oltre 300 reporter
investigativi di vari media internazionali fra cui i britannici
Guardian e Bbc (e per l’Italia l’Espresso). Il Guardian si
concentra in apertura della sua edizione online solo su Putin, da
tempo nel mirino di Washington e di Londra sullo sfondo dello scontro
geopolitico in atto fra Mosca e l’occidente.
Il
leader russo viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la
figura di Serghei Roldugin: un musicista indicato fra i suoi migliori
amici e padrino di battesimo di una delle sue figlie, che appare
il terminale – almeno nominale – di un trasferimento sotto banco
di ben due miliardi di dollari partiti da Bank Rossia (istituto di
credito guidato da Yuri Kovalciuk, che gli Usa sostengono essere una
sorta di banchiere del Cremlino) per essere indirizzati poi a Cipro e
nel paradiso delle Isole Vergini Britanniche. Sospetti che peraltro
un portavoce del Cremlino ha subito respinto come una montatura
politica, assicurando che Mosca ha i mezzi per difendere in sede
legale la reputazione di Putin.
Ma
non è solo la Russia al centro di uno scandalo che si basa
sulla bellezza di 11 milioni di documenti analizzati da giornalisti
di 76 Paesi. Carte nelle quali compaiono i nomi di almeno 140
tra politici, personaggi famosi, imprenditori e sportivi e di 12
leader politici tra re, presidenti e primi ministri. I 307 reporter
dell’International
Consortium of Investigative Journalists,impegnati
per mesi a spulciare le carte, allargano la cerchia dei sospetti a
personaggi dei Paesi di appartenenza: e
così l’Espresso evoca Montezemolo, l’imprenditore Giuseppe
Donaldo Nicosia,latitante
e coinvolto in un’inchiesta per truffa con Marcello dell’Utri,
l’ex pilota di Formula 1Jarno
Trulli oltre a Ubi e Unicredit;
mentre Haaretz cita ad esempio alcuni dei più ricchi e influenti
uomini d’affari di Israele.
Non
mancano intere società che secondo i Panama Papers farebbero
riferimento diretto ai capi di governo di Islanda e Pakistan. Mentre
emergono presunte somme da capogiro sottratte e beni di lusso (fra
cui yacht da favola) al fisco da Salman re dell’Arabia Saudita, dal
re del Marocco Mohammad VI, dai figli del presidente
dell’Azerbaigian, dal presidente filo-occidentale ucraino
Poroshenko. E pure da da familiari di Xi Jinping: il leader di
Pechino che a parole ha fatto della lotta alla corruzione il suo
slogan. Altro denaro risulta riconducibile a 33 sigle o individui
inseriti nella lista nera degli Usa per asserite connessioni con i
signori della droga messicani, con organizzazioni definite
terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi, con Stati quali
Corea del Nord o Iran.
E
non finisce qui. Perchè a essere toccati dal sospetto sono il
mondo dello sport miliardario e quello dello spettacolo. Ecco allora
saltar fuori il nome del campionissimo Lionel Messi, bandiera del
calcio argentino e del Barcellona, oppure quello dell’attore cinese
Jackie Chan. E ancora dirigenti sportivi sudamericani già comparsi
nello scandalo Blatter, come l’ex vicepresidente del calcio
mondiale Eugenio Figueredo e suo figlio Hugo, nonchè l’uruguaiano
Juan Pedro Damiani, del comitato etico della Fifa. Un elenco di
ricchi, potenti e famosi che – dai misteri di Panama, a cavallo fra
due oceani – chissà quale tsunami sarà ancora in grado di
sollevare.
Da
L' Unità.TV
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