Referendum sulle trivelle: tutto quello che c’è da sapere
Il 17 aprile milioni di italiani sono chiamati a decidere sulle trivellazioni: le ragioni del sì e del no
Fra
qualche settimana milioni di italiani saranno chiamati alle urne per
il referendum sulle trivelle, se ne parla molto poco, cerchiamo di
fare un po’ di chiarezza.
Quando
si svolge il referendum?
Il
referendum è fissato per il prossimo 17 aprile.
Molte associazioni chiedevano di spostare il voto a giugno, in
concomitanza con le elezioni amministrative di alcune città
italiane, per risparmiare sull’allestimento dei seggi e per
coinvolgere più cittadini aumentando la possibilità di raggiungere
il quorum. Raggiungere il quorum, cioè il 50 per cento più uno
degli aventi diritto, è necessario e vincolante, perché solo così
il risultato del referendum sarà valido, come previsto dall’articolo
75 della Costituzione italiana.
Il
governo e il presidente della Repubblica hanno deciso, invece, di
convocare il referendum abrogativo il 17 aprile sulla base di una
legge, decreto 98 del 2011, che non
prevede che le elezioni possano svolgersi in concomitanza con un
referendum.
Chi
sono i promotori del referendum?
Nel
settembre 2015 “Possibile”, il movimento fondato da Giuseppe
Civati, aveva promosso otto referendum, ma non era riuscito a
raccogliere le 500mila firme necessarie per richiedere un referendum
popolare. Poche settimane dopo dieci
consigli regionali (Abruzzo,
Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria,
Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari sulla
ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia. E’
la prima volta nella storia repubblicana che un’iniziativa
referendaria viene promossa dalle regioni.
A
dicembre del 2o15 il governo ha proposto delle modifiche alla legge
di stabilità sugli stessi temi affrontati dai quesiti referendari,
per questo la Cassazione ha riesaminato i quesiti e l’8 gennaio ne
ha dichiarato ammissibile solo uno, perché gli altri sette sarebbero
stati recepiti dalla legge di stabilità.
A
questo punto sei regioni (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria,
Puglia e Campania) hanno deciso di presentare un conflitto di
attribuzione alla Corte costituzionale riguardo a due
referendum, tra quelli dichiarati decaduti dalla cassazione. I
consigli regionali contestano al governo di aver legiferato su una
materia che è di competenza delle regioni. Il 9 marzo la Consulta ha
dichiarato inammissibili i ricorsi perché serviva il voto di almeno
5 Consigli regionali mentre ad esprimersi è stata soltanto
l’Assemblea legislativa del Veneto. Una decisione che quindi fa
rimanere in vigore soltanto un
quesito referendario che
verrà votato dagli italiani.
Cosa
chiede il quesito referendario?
Nel
quesito referendario si chiede se si vuole abrogare la parte di una
legge che permette, a chi ha ottenuto le concessioni per estrarre gas
o petrolio da piattaforme entro 12 miglia dalla costa, di continuare
ad estrarre fino alla fine della concessione ed eventualmente, fino
all’esaurimento del giacimento. La legge attuale, infatti prevede
che le aziende con concessioni possano chiedere una proroga al
termine della concessione fino all’esaurimento del giacimento. Che
cosa vuol dire in concreto? Il
tema in discussione riguarda, quindi, se permettere o no,
che proseguano
le estrazioni sugli impianti che esistono già.
Non vengono considerate invece le attività petrolifere sulla
terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza
superiore alle 12 miglia dalla costa.
Che
cosa succede se vince il sì al referendum?
Se
vincerà il sì,
verrà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente,
dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il
giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le
concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa
italiana, quando scadranno i contratti.
Che
cosa succede se vince il no al referendum?
Se
vincerà il no,
resterà in vigore la legge attuale. Quando le concessioni
arriveranno a scadenza le compagnie petrolifere che svolgono le
trivellazione in mare, potranno chiedere un prolungamento
dell’attività delle piattaforme già attive.
Le
ragioni del sì e del no
Per
i promotori del sì all’abrogazione della legge attuale, bloccare
le concessioni allontanerebbe il rischio di incidenti che
porterebbero danni irreversibili all’ambiente circostante e
sensibilizzerebbe la politica a discutere sull’uso di energie
alternative. I promotori del no, invece, sostengono che abolire
la legge potrebbe avere ripercussioni sul mercato con conseguente
fuga di investimenti, possibile chiusura di imprese e perdita di
posti di lavori. In più la presenza di trivelle, per loro, limita
l’inquinamento evitando il transito nei porti di petroliere.
Quali
sono i giacimenti coinvolti?
Sono
21 le trivelle coinvolte, fra queste il giacimento Guendalina (Eni)
nell’Adriatico, il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il
giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia. Non saranno
interessate invece dal referendum tutte le 106 piattaforme
petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o
metano.
Di
Agnese Rapicetta per L' Unità.TV
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