20 mar 2016

Referendum sulle trivelle: tutto quello che c’è da sapere

Referendum sulle trivelle: tutto quello che c’è da sapere

Il 17 aprile milioni di italiani sono chiamati a decidere sulle trivellazioni: le ragioni del sì e del no

Fra qualche settimana milioni di italiani saranno chiamati alle urne per il referendum sulle trivelle, se ne parla molto poco, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Quando si svolge il referendum?
Il referendum è fissato per il prossimo 17 aprile. Molte associazioni chiedevano di spostare il voto a giugno, in concomitanza con le elezioni amministrative di alcune città italiane, per risparmiare sull’allestimento dei seggi e per coinvolgere più cittadini aumentando la possibilità di raggiungere il quorum. Raggiungere il quorum, cioè il 50 per cento più uno degli aventi diritto, è necessario e vincolante, perché solo così il risultato del referendum sarà valido, come previsto dall’articolo 75 della Costituzione italiana.
Il governo e il presidente della Repubblica hanno deciso, invece, di convocare il referendum abrogativo il 17 aprile sulla base di una legge, decreto 98 del 2011, che non prevede che le elezioni possano svolgersi in concomitanza con un referendum.
Chi sono i promotori del referendum?
Nel settembre 2015 “Possibile”, il movimento fondato da Giuseppe Civati, aveva promosso otto referendum, ma non era riuscito a raccogliere le 500mila firme necessarie per richiedere un referendum popolare. Poche settimane dopo dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia. E’ la prima volta nella storia repubblicana che un’iniziativa referendaria viene promossa dalle regioni.
A dicembre del 2o15 il governo ha proposto delle modifiche alla legge di stabilità sugli stessi temi affrontati dai quesiti referendari, per questo la Cassazione ha riesaminato i quesiti e l’8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile solo uno, perché gli altri sette sarebbero stati recepiti dalla legge di stabilità.
A questo punto sei regioni (Basilicata, Sardegna, Veneto, Liguria, Puglia e Campania) hanno deciso di presentare un conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale riguardo a due referendum, tra quelli dichiarati decaduti dalla cassazione. I consigli regionali contestano al governo di aver legiferato su una materia che è di competenza delle regioni. Il 9 marzo la Consulta ha dichiarato inammissibili i ricorsi perché serviva il voto di almeno 5 Consigli regionali mentre ad esprimersi è stata soltanto l’Assemblea legislativa del Veneto. Una decisione che quindi fa rimanere in vigore soltanto un quesito referendario che verrà votato dagli italiani.
Cosa chiede il quesito referendario?
Nel quesito referendario si chiede se si vuole abrogare la parte di una legge che permette, a chi ha ottenuto le concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme entro 12 miglia dalla costa, di continuare ad estrarre fino alla fine della concessione ed eventualmente, fino all’esaurimento del giacimento. La legge attuale, infatti prevede che le aziende con concessioni possano chiedere una proroga al termine della concessione fino all’esaurimento del giacimento. Che cosa vuol dire in concreto? Il tema in discussione riguarda, quindi, se permettere o no, che proseguano le estrazioni sugli impianti che esistono già. Non vengono considerate invece le attività petrolifere sulla terraferma, né quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa.
Che cosa succede se vince il sì al referendum?
Se vincerà il sì, verrà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà tutte le concessioni per estrarre il petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, quando scadranno i contratti.
Che cosa succede se vince il no al referendum?
Se vincerà il no, resterà in vigore la legge attuale. Quando le concessioni arriveranno a scadenza le compagnie petrolifere che svolgono le trivellazione in mare, potranno chiedere un prolungamento dell’attività delle piattaforme già attive.
Le ragioni del sì e del no
Per i promotori del sì all’abrogazione della legge attuale, bloccare le concessioni allontanerebbe il rischio di incidenti che porterebbero danni irreversibili all’ambiente circostante e sensibilizzerebbe la politica a discutere sull’uso di energie alternative.  I promotori del no, invece, sostengono che abolire la legge potrebbe avere ripercussioni sul mercato con conseguente fuga di investimenti, possibile chiusura di imprese e perdita di posti di lavori. In più la presenza di trivelle, per loro, limita l’inquinamento evitando il transito nei porti di petroliere.
Quali sono i giacimenti coinvolti?
Sono 21 le trivelle coinvolte, fra queste il giacimento Guendalina (Eni) nell’Adriatico, il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia. Non saranno interessate invece dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano.
Di Agnese Rapicetta per L' Unità.TV


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