Tutte le insidie degli antiacidi per lo stomaco
Sono
tra i farmaci più consumati dagli italiani, secondi soltanto a
quelli mirati alla prevenzione della salute cardiovascolare: statine
(abbassano i livelli di colesterolo), ACE-inibitori e sartani
(tengono a bada la pressione sanguigna).
Gli inibitori
di pompa protonica bloccano la sintesi di acido cloridrico da parte
delle cellule parietali dello stomaco e sono prescritti per la
terapie dell’ulcera gastrica e del reflusso gastroesofageo. Possono
essere somministrati, assieme agli antibiotici, anche per
l’eradicazione dell’helicobacter pylori, responsabile delle
ulcere e considerato un fattore di rischio per il cancro dello
stomaco, e come «protettori» in corso di terapie con cortisonici e
antinfiammatori (per ridurre il rischio di emorragie
gastrointestinali). Ma alla base della loro diffusione c’è pure un
utilizzo senza una precisa indicazione e inopportuno per la salute.
QUALI
I POSSIBILI EFFETTI AVVERSI?
Il
messaggio riecheggia già da diversi anni sulle riviste scientifiche.
Adesso a fare il punto sui possibili eventi avversi - descritti da
studi osservazionali, dunque non in grado di provare un nesso di
causalità diretta - legati al consumo inopportuno di farmaci
antiacidi è una review pubblicata sul Canadian Medical Journal
Association. Dalle sei pagine emerge che un uso prolungato degli
inibitori di pompa protonica - che andrebbero assunti per non più di
due mesi e intervallando i trattamenti con un periodo di pausa di
diverse settimane - risulta correlato a un aumento delle fratture
osteoporotiche ,
delle infezioni da clostridium
difficile e
da una riduzione
dei livelli di magnesio e di vitamina B12nel
sangue. Motivo per cui, secondo gli estensori del paper, «c’è
l’urgenza di identificare una strategia in grado di limitare le
prescrizioni inappropriate di questi farmaci e di valutare in maniera
comparativa gli effetti degli inibitori di pompa protonica e degli H2
antagonisti, anch’essi efficaci nella prevenzione delle ulcere
gastriche».
PRUDENZA
SOPRATTUTTO PER GLI ANZIANI
Risale
a pochi mesi fa uno studio pubblicato su Plos
One da
cui è emerso che, tra quasi due milioni di pazienti che soffrivano
di bruciore di stomaco, chi faceva uso degli inibitori di pompa
protonica aveva un rischio più alto tra il 16 e il 21 per cento di
incorrere in un infarto
del miocardio.
Questa classe di farmaci è utilizzata soprattutto nella popolazione
anziana. Ed è a loro che qualche anno fa ha voluto guardare un
gruppo di medici italiani Guidati da Marcello Maggio, docente di
clinica medica e geriatria all’Università di Parma. Osservando un
gruppo di pazienti anziani dimessi da undici reparti italiani per
acuti di medicina interna e geriatria, i ricercatori (coinvolti anche
gli atenei di Ancona e Baltimora) hanno indagato la relazione tra
l’uso di inibitori di pompa protonica e la mortalità. Dal
lavoro, pubblicato
sul Journal of the American Medical Association,
è emerso un aumento superiore al cinquanta per cento del rischio di
mortalità tra gli utilizzatori di inibitori di pompa protonica
nell’anno successivo alla dimissione.
IL
RUOLO DELLA “VECCHIA” RANITIDINA
Un’alternativa
a questi farmaci potrebbe derivare dagli H2 antagonisti, citati anche
nel lavoro canadese. Il più noto tra questi è la ranitidina, tra i
primi rimedi impiegati contro l’ulcera gastrica e il reflusso
gastroesofageo, in quanto in grado di inibire il rilascio di acido
cloridrico da parte della parete gastrica (con un meccanismo
differente rispetto a quello impiegato dagli inibitori di pompa
protonica). Nel lungo periodo, la loro efficacia va scemando. Ma le
conseguenze, soprattutto per l’apparato cardiovascolare, sono
decisamente inferiori.
da IL SecoloXIX.IT

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