Un
Sì per i padri costituenti e
per gli Stati Uniti d’Europa
I
padri costituenti hanno partorito una prima parte della Costituzione
che è la più bella che esista al mondo. La seconda parte da tanto
tempo non funziona più. Non modificarla sarebbe tradirne lo spirito
Da
qualche settimana sto pian piano riempiendo con articoli,
approfondimenti, spunti e riflessioni una cartellina su cui ho
scritto a pennarello “archivio riforma cost.”. Un archivio poco
digitale, lo so, un po’ alla vecchia maniera, ma a volte serve.
Decine di contributi da leggere e rileggere per provare ad essere
preparati ad una sfida complessa. Quale? Quella di parlare con le
persone – tutte – e provare a convincerle una ad una che il Sì
al referendum costituzionale di ottobre è l’unica scelta per chi
ha a cuore il proprio futuro e quello dell’Italia.
Con
umiltà e convinzione dovremo farlo giorno dopo giorno da qui al
momento del voto: mai come questa volta non verremmo perdonati se non
lo facessimo. Non ci perdonerebbe il passato; e non ci perdonerebbe,
soprattutto, il futuro. Per quanto riguarda il passato, davvero non
possiamo tradire lo spirito e l’opera dei padri costituenti
respingendo una riforma costituzionale certamente imperfetta – come
ogni riforma – ma che finalmente trova rimedio alle più importanti
disfunzionalità del nostro assetto istituzionale.
La
straordinaria grandezza dell’opera dei costituenti sta nell’aver
disegnato, all’indomani della fine del ventennio fascista, una
prima parte della Costituzione che è la più bella che esista al
mondo. La seconda parte, tuttavia, figlia di un inevitabile
compromesso e comunque risultato di una precisa fase storica, da
tanto tempo non funziona più: semplicemente quell’assetto
istituzionale impedisce nella realtà di oggigiorno la concreta
realizzazione dei valori iscritti nella prima parte della
Costituzione.
Se
vogliamo tenere fede a quei valori, garantendone l’attuazione
concreta senza tradirli, dobbiamo contribuire col nostro voto a una
riforma del sistema istituzionale non più rinviabile. Ma c’è di
più. Davvero qualcuno crede che la grandezza della nostra
Costituzione risieda in quella precisa forma che i costituenti le
hanno dato? O piuttosto invece la grandezza dell’opera di quei
padri costituenti è stata quella di saper rispondere con quella
Costituzione alle sfide del loro tempo?
Modificare
la Costituzione non significa tradire lo spirito dei padri
costituenti, bensì rendergli onore, merito e giustizia. Lo spirito
dei padri costituenti consiste esattamente nell’aver adattato un
testo costituzionale alle sfide e ai bisogni del proprio tempo:
quello spirito infuso in quel testo noi lo tradiamo se non facciamo
altrettanto; lo tradiamo se santifichiamo e conserviamo la forma che
quei costituenti hanno disegnato 65 anni fa; sono fermamente convinto
che quei padri costituenti vedrebbero onorato il loro operato se
avessimo il coraggio di fare altrettanto, in risposta alle sfide e ai
bisogni del nostro tempo, che non sono più quelli di 65 anni fa.
Io
credo che sia esattamente ciò che loro vorrebbero da noi, che
imitassimo il loro esempio. Non a caso la nostra Costituzione prevede
un articolo straordinario come il 138. Per quanto riguarda il futuro
invece, bisogna guardare all’Europa. Per il nostro Paese oggi in
Europa il bene più prezioso che esista si chiama credibilità. E la
credibilità passa anche, se non soprattutto, dalla stabilità e
dalla capacità di riformarsi. E l’Italia sta lentamente ma
costantemente riacquisendo quella credibilità che oggi serve per
essere protagonisti in Europa. Il fallimento del processo di riforma
costituzionale ci condannerebbe ad un inferno fatto di
ingovernabilità, caos istituzionale, bicameralismo paritario con
corpi e leggi elettorali differenziati.
Un
assoluto disastro sul piano interno che, per di più, distruggerebbe
la nostra credibilità europea, con conseguenze davvero difficili da
prevedere. Insomma: lo dobbiamo al passato, ce lo chiede il futuro.
Ad ottobre non facciamo scherzi per favore.
di
Francesco Pignotti per L' Unità.TV
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