16 mag 2016

Livorno, Parma e ora anche la Lega: così il M5S sta danneggiando se stesso

Livorno, Parma e ora anche la Lega:
 così il M5S sta danneggiando se stesso

Spesso il “danno d’immagine” viene invocato per epurare i dissidenti, ma chi ci rimette sono i vertici
Dal caso Pizzarotti al rapporto ondivago con la Lega fino all’incoerenza incarnata dal sindaco di Livorno Filippo Nogarin. Il M5S procede a tentoni, nonostante la volontà di proporsi come forza politica di governo. Gli ultimi episodi che vedono protagonisti gli amministratori pentastellati, impegnati nella gestione delle città o nelle varie campagne elettorali, ci raccontano uno stato di confusione che sta investendo i pilastri sui quali è stata costruita artificialmente la diversità grillina. Confusione oppure, scegliendo una diversa lettura dei fatti, semplice opportunismo.


Come quello esibito nei confronti della Lega: brutta, sporca e cattiva, come tutti i partiti, ma utile nel caso possa rappresentare un bacino di voti. La sponda giusta per la vittoria alle amministrative come nel caso di Roma, considerato il cavallo di Troia per la conquista del Paese. “A Salvini sfugge il fatto che sia io, sia lui non votiamo a Roma: io comunque ai ballottaggi, se non c’è l’M5S, non ho mai scelto nessuno degli altri contendenti”, ha detto Luigi Di Maio a proposito dell’endorsment di Matteo Salvini all’avvocatessa Raggi. Eppure a Milano il M5S potrebbe aiutare al ballottaggio Parisi (cioè Salvini) che evidentemente si è già portato avanti col lavoro, in uno scambio che appare reciproco e conveniente per entrambi.


A Parma, intanto, Federico Pizzarotti affila le armi per scongiurare la sua espulsione dal Movimento 5 Stelle, dopo la sospensione. Sono dieci i giorni di tempo dati al sindaco per le sue “controdeduzioni” a fronte delle accuse che lo hanno investito: “Ho sentito di parlamentari che vorrebbero un’assemblea interna per discutere, io sono disponibile anche in quel caso al confronto, a portare la mia voce e i miei documenti e le cose che abbiamo fatto. Anche in diretta streaming”.


Pizzarotti, insomma, vuole lanciare la sua sfida al direttorio e cerca di farlo utilizzando due canali. Il primo lo ha sintetizzato il capogruppo del M5s in Comune a Parma Marco Bosi, uno dei più stretti e fidati collaboratori di Pizzarotti: “Noi siamo nel Movimento 5 Stelle ed è il movimento che ci interessa”. L’altro messaggio è invece una stoccata a Di Battista. “Io – ha scritto Pizzarotti su Facebook in un post nel quale allude alle accuse mossegli dal membro del Direttorio – i miei concittadini li porto tutti nel cuore, è il loro benessere il mio primo pensiero quando mi alzo e l’ultimo quando vado a riposare. Sono cose che tu non puoi nemmeno capire”.


La procedura d’espulsione che ha investito Pizzarotti è di sicura la prima nel suo genere. Intendiamoci, la lista dei dissidenti fatti fuori è alquanto lunga, ma è anche vero che è la prima volta che il M5S si trova ad espellere un profilo del calibro del sindaco di Parma. Una spina nel fianco da sempre per le gerarchie interne dei pentastellati che negli anni non hanno saputo gestire la capacità di Pizzarotti di dissentire senza voler divorziare dal movimento. Ora arriva la separazione unilaterale e non consensuale. Pizzarotti era nel mirino da tempo. Grillo nel suo blog ha motivata la scelta con il danno d’immagine, ma la scomunica potrebbe rivelarsi un boomerang. La base non ne comprende e condivide le motivazioni. A questo punto il vero d’anno d’immagine è solo per i vertici a Cinquestelle.


Infine l’arroccamento del sindaco di Livorno Filippo Nogarin, indagato che dichiara di non avere alcuna intenzione di lasciare il suo posto fino a quando non arriverà un rinvio a giudizio. La difesa a oltranza che arriva dai vertici pentastellati cozza con quanto dichiarato fino a ieri, e la diversità di trattamento riservata al primo di cittadino di Parma, che lo stesso Nogarin ha accusato di “poca trasparenza”, appesantisce il quadro. Eppure non si può dire che Nogarin abbia giovato con la sua amministrazione all’immagine del movimento. Anche in questo caso la filosofia del “due pesi e due misure” rende difficile la comprensione per i militanti e la base cresciuti a pane e dimissioni che ora si trovano ad avere a che fare con il garantismo a corrente alternata del nuovo M5S.


Tutti ingredienti che si amalgamano alla perfezione: il danno d’immagine è servito.
di Maddalena Carlino per L' Unità.TV


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