Travaglio distrutto dalle dimissioni-lampo. Peccato, già era al secondo bicchiere
L’ultimo berlusconiano ancora ignora che il premier non è eletto dal popolo
Marco
Travaglio c’è rimasto davvero male. Le dimissioni-lampo di
Federica Guidi, senza neppure aspettare un suo editoriale di
insulti, lo hanno letteralmente distrutto.
Ieri pomeriggio,
appena letta la “benedetta intercettazione” – così si esprime
il più accanito frequentatore di buchi della serratura
dell’emisfero occidentale – al Fatto devono aver stappato lo
spumante, ballato sui tavoli, intrecciato danze, eretto stele di
ringraziamento agli dèi.
E
invece niente: la ministra s’è dimessa in un batter d’occhio,
Matteo Renzi ha ringraziato e incassato, e il Fatto s’è
ritrovato con la festa rovinata quando già gli invitati erano al
secondo bicchiere.
Per
rimediare, oggi Travaglio la butta in caciara: ma il travaso di bile
è visibile dietro ogni parola, l’irritazione non si
trattiene, il disappunto è devastante. “E’ facile immaginare
cosa scopriremmo se le conversazioni dei ministri fossero tutte
controllate”, scrive il principe dei voyeur: ma siccome non lo
sono, bisogna accontentarsi di “quello che il Fatto racconta
da tempo”.
Scopriamo
così che le favole di Travaglio hanno ormai il valore di una
prova documentale, e bastano e avanzano per pronunciare una
condanna: peccato che a leggerle siano sempre in meno, e a
crederci soltanto i simpatici burattini della Casaleggio Associati
srl, quelli del chip sottopelle e dell’allunaggio mai
avvenuto.
La
seconda parte dell’editoriale – bisogna pur sempre riempire due
colonne di giornale, anche quando si è distrutti dal dolore e
annichiliti dalla delusione – si concentra invece sul cavallo
di battaglia dei berlusconiani: il famoso governo “non eletto
dal popolo”. E qui non c’è niente da fare: è da vent’anni
che si cerca invano di spiegare a Berlusconi che la nostra
Costituzione – quella che Travaglio ignora, e che tuttavia
pretende di difendere – disegna una repubblica parlamentare e
che i governi nascono e muoiono in Parlamento.
Ma,
come si usa dire, non c’è peggior sordo di chi non vuol
sentire. E così lasciamo all’ultimo berlusconiano, il
magnifico direttore del Fatto, la consolazione di continuare per
la sua strada. Un posto in Forza Italia prima o poi lo troverà
anche lui.
Di
Fabrizio Rondolino per L' Unità.TV
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