Madia:
la burocrazia è
complicata, ma dateci 2 anni
“Riformare
oggi la pubblica amministrazione non è come riformarla venti anni
fa; l’innovazione tecnologica offre uno strumento potente per
rivoluzionare il rapporto con i cittadini”, “entro due anni
avremo un unico sistema di autenticazione, per tutte le
amministrazioni, tutti i livelli di governo, oltre ai privati che
aderiranno”. Lo scrive Marianna Madia, ministro perla
Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, in una lettera al
direttore di Repubblica.
“L’obiettivo
è rendere possibile, con un unico pin, ricevere servizi pubblici,
adempiere agli obblighi, scambiare dati e informazioni con la
pubblica amministrazione – spiega Madia -. E un cambiamento
culturale che sottrae il cittadino al vincolo dei tempi imposti
dall’amministrazione. L’innovazione tecnologica è anzitutto
innovazione sociale perché, riducendo la complicazione, rende più
democratici e trasparenti i processi. La trasparenza per noi non è
un adempimento burocratico e nemmeno, come ritengono i populisti, un
mezzo di contrapposizione alle istituzioni, bensì una grande
politica pubblica per combattere la zona grigia che va dell’illecito
allo spreco, uno strumento di cooperazione virtuosa con i cittadini.
Ho citato solo alcuni dei molti aspetti su cui incide la riforma
della Pa, che non è un intervento di settore ma, come spesso dico,
una riforma ‘per le riforme’, per dare velocità e certezze a
tutte le altre. Una riforma che richiede tempo, ma soprattutto una
forte responsabilità politica verso l’attuazione e uno sforzo
collettivo per l’implementazione. Uno Stato più semplice non è
solo garanzia per un paese più competitivo, dove con tempi certi e
regole certe gli investimenti, anche dall’estero, arrivino più
facilmente. Uno Stato semplice è anche la condizione per avere un
paese più umano, che restituisca tempo alle persone. Un tempo non
solo per produrre, ma anche per vivere”.
“Tutti
noi ci rendiamo conto ogni giorno che tutto è troppo complicato”,
scrive il ministro in un altro passaggio della lettera, “negli anni
sono state fatte troppe leggi, scritte male, abbiamo troppi livelli
di governo con competenze confuse a cui si somma un proliferare, su
molte norme, di pareri e circolari; tutto questo si è scaricato
violentemente sui cittadini bloccandoli nell’esercizio dei loro
diritti, riducendone opportunità e aspirazioni. Questa complicazione
blocca soprattutto i più deboli e meritevoli; finisce per favorire
inevitabilmente rendite di posizione, fino a creare vere e proprie
aree protette di illegalità. Noi abbiamo legato l’esistenza stessa
del governo ad un programma di riforme attese da decenni, ma sempre
rinviate. Sarebbe ingenuo e superficiale, però, pensare che fare
riforme equivale ad approvare leggi; riformismo significa migliorare
la vita quotidiana delle persone. Per questo il filo rosso che lega
le riforme che stiamo attuando, e in particolare quella della
pubblica amministrazione (abbiamo approvato già in via preliminare
11 decreti legislativi) , è costruire uno Stato semplice,
universale, che non discrimina e non nega opportunità, che combatte
le disuguaglianze per evitare che solo chi ha le disponibilità
economiche trovi una strada per farcela, mentre chi invece non le ha
resti bloccato. Il primo passo è restituire certezza di tempi e
regole. Il cittadino che vuole abbattere un tramezzo in un
appartamento o l’imprenditore che intende aprire un impianto
produttivo hanno il diritto di sapere se possono farlo, con quali
regole e entro quali tempi, senza dover ricorrere per forza alla
mediazione di un esperto e senza restare nell’incertezza di sì o
no che non arrivano mai”.
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