8 mar 2016

Un anno di Jobs Act, i licenziamenti calano dell'8,4%

Un anno di Jobs Act, i licenziamenti calano dell'8,4%

A un anno dall'introduzione del contratto a tutele crescenti sono aumentate le assunzioni stabili (+ 43%). Camusso: «Il contrario sarebbe drammatico».


A un anno dall'entrata in vigore del decreto di attuazione del Jobs act, che ha introdotto il contratto a tutele crescenti e mandato in pensione l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per i nuovi assunti, i licenziamenti non aumentano ma anzi registrano una flessione.
È quanto emerge dai dati del ministero del Lavoro sulle comunicazioni obbligatorie secondo i quali nel 2015 le interruzioni di contratto per licenziamento sono state 841.781, con una riduzione dell'8,4% sul 2014.
NELL'ULTIMO QUADRIMESTRE +14,9%. Se si guarda poi solo all'ultimo quadrimestre il calo è ancora più consistente con una riduzione dei licenziamenti sullo stesso periodo del 2014 del 14,9%. Il dato comunque risente del fatto che i nuovi assunti a tempo indeterminato hanno firmato un contratto privo dell'articolo 18, ma nella gran parte dei casi molto vantaggioso per le aziende grazie allo sgravio contributivo totale triennale previsto per le assunzioni a tempo indeterminato fatte nel 2015.AUMENTANO LE ASSUNZIONI STABILI. I dati segnalano comunque, soprattutto nell'ultimo trimestre, una ripresa del mercato del lavoro. Grazie anche agli incentivi contributivi le nuove assunzioni stabili nel quarto trimestre 2015 sono state 739.880 con una crescita del 100,9% sullo stesso periodo del 2014. Nello stesso periodo sono crollate le collaborazioni (-40,4%) e i contratti di apprendistato (-17,7%).
Nell'intero 2015 sono stati attivati 2.346.101 nuovi contratti a tempo indeterminato (+43,5% sul 2014) a fronte di 2.074.310 contratti a tempo indeterminato cessati (+2% sul 2014). Lo stock di contratti stabili in più a fine anno (sottraendo dalle nuove assunzioni a tempo indeterminato le nuove cessazioni di contratti a tempo indeterminato dell'anno) sono 271.791.
Il dato tiene conto di tutto il lavoro dipendente (compreso il lavoro domestico, gli agricoli e la pubblica amministrazione) mentre non comprende le trasformazioni di contratto (da rapporto a termine a tempo indeterminato).
CRESCONO LE CESSAZIONI PER PENSIONAMENTO. Oltre ai licenziamenti, si riducono anche le interruzioni di contratto per cessazioni di attività (-21,3%) mentre tornano a crescere le cessazioni per pensionamento. In uno studio pubblicato oggi, i Consulenti del lavoro sottolineano che con il contratto a tutele crescenti introdotto con il Jobs act «calano i licenziamenti» facendo un confronto sulla «sopravvivenza» dei contratti nel 2014 e nel 2015.
Il ministro delle Infrastrutture, Graziano del Rio, ha parlato di «numeri indiscutibili» sull'efficacia del Jobs act mentre la Cgil con la segretaria generale, Susanna Camusso, sottolinea che «sarebbe drammatico» se non ci fosse un calo dei licenziamenti dopo le ristrutturazioni registrate nei giorni scorsi a e fronte di un «non peggioramento» della situazione occupazionale.
FURLAN: «NON BASTA». La leader Cisl, Annamaria Furlan, afferma che quando si riducono i licenziamenti «i dati sono sempre positivi» ma che «non basta». «Non dobbiamo accontentarci - spiega - ma impiegare le nostre risorse per recuperare i numeri che abbiamo perso. Il problema è come trovare lavoro a quei 3 milioni di italiani che non ce l'hanno».
«I dati sui licenziamenti sono incoraggianti - sottolinea il numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo - ma si tratta di un effetto scontato delle varie agevolazioni fiscali che hanno consentito, nel corso del 2015, di tamponare l'emorragia di posti di lavoro generata dalla crisi. Ci mancherebbe, pure, che dopo tutti i miliardi impiegati ci fossimo trovati di fronte a un insuccesso. Abbiamo solo una preoccupazione, ora: cosa succederà quando le agevolazioni cesseranno?».
Da Lettera43.it


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