Roma, Torino, Bologna e non solo: ecco la mappa della destra spaccata
In
diverse città che andranno al voto assistiamo a una vera e propria
guerra fredda tra Berlusconi, Salvini e Meloni. Ecco l’elenco dei
casi più controversi
Città
diverse, ma con uno schema che appare simile: confrontando i diversi
capoluoghi che andranno al voto per le amministrative dei prossimi
mesi, la destra appare divisa ovunque e sembra non voglia
trovare accordi condivisi, ma imporre il proprio candidato o provare
ad affossare quello proposto dagli altri partiti di una coalizione
che fatica a restare tale. In diverse città ogni partito sta
mettendo in atto una strategia personale diversa che però ha portato
a scontri, scissioni, divisioni sul candidato da proporre. Ecco
alcuni esempi.
A Torino la
rottura è totale. Dopo che domenica Silvio Berlusconi ha
ufficializzato la candidatura a sindaco dell’ex
parlamentare Osvaldo
Napoli, oggi
è arrivata la doccia fredda da parte di Salvini: “Non è un
candidato valido, si è perso troppo tempo. Se Berlusconi non vuole
politici, ma imprenditori e professionisti, per me la persona giusta
è il notaio Alberto
Morano“.
“Noi della Lega non imponiamo nulla a nessuno, ma per adesso non
vedo alternative”, ha aggiunto Salvini.
Ma
il Carroccio ha imposto anche qualche suo candidato in alcune città.
Ad esempio a Novara,
con il leghista Alessandro
Canelli,
ufficializzato dopo una serie di confronti infruttuosi con Forza
Italia e Fratelli d’Italia (che aveva proposto Gaetano Nastri che
ha rifiutato). Nonostante i due partiti non siano affatto convinti
del candidato leghista, il Carroccio non ha dato alternative e,
anzi, ha attaccato Forza Italia perché – secondo gli esponenti
locali del Carroccio – ha fatto di tutto per boicottare Canelli
nonostante il candidato piaccia – secondo la Lega –
all’elettorato di destra.
La
Lega avrebbe mire anche su Pordenone,
dove il centrodestra è diviso su Alessandro
Ciriani di
FdI, che
correrà con una sua lista civica.
E
a Bologna,
mentre Forza Italia a Roma organizzava le
gazebarie per il candidato sindaco Guido Bertolaso,
la Lega Nord per tutta risposta ha scelto di lanciare – sempre con
i banchetti – la propria candidata nel capoluogo emiliano, Lucia
Borgonzoni.
La candidata fino a qualche settimana fa pareva accettata da
tutto il centrodestra, poi improvvisamente il cambio di rotta. Una
scelta che appare senza senso, ma che in realtà è stata presa nel
momento del dietrofront di Lega e Fratelli d’Italia su
Bertolaso nella Capitale, con la proposta del nome di Giorgia Meloni.
Dopo
queste ultime vicende, il clima di guerra fredda a Roma prosegue
con colpi bassi da parte di tutti i partiti. Dopo il golpe di
Lega-Fdi e l’ufficializzazione della candidatura di Giorgia Meloni,
Forza Italia non resta a guardare e, dopo aver cercato di screditare
la candidata con dichiarazioni
talmente misogine,
Berlusconi ha confermato il suo appoggio per la candidatura di
Guido Bertolaso.
Ad Olbia la
destra è divisa e addirittura Forza Italia si è spaccata sul nome
del candidato sindaco della città. La scissione nel partito
locale è avvenuta dopo l’annuncio della candidatura del deputato e
sindaco uscente Settimo
Nizzi, appoggiato
dai forzisti e dal Carroccio. I
fuoriusciti da Forza Italia (che hanno costituito un nuovo gruppo,
Forza Olbia) e Fratelli d’Italia sostengono inveceVanni
Sanna,
candidato di Alleanza civica per Olbia.
Certo,
la destra in alcune città è riuscita, nonostante le tensioni, a
trovare un accordo su un nome condiviso, come nel caso di Milano con
Stefano Parisi, Napoli con
Gianni Lettieri e Cagliari con
Piergiorgio Massidda. Ma i casi di Torino, Bologna e Roma stanno
diventando rappresentativi di una situazione che va al di là delle
singole città. Le vicende di ciascun comune sono strettamente
interconnesse e influenzano di conseguenza le scelte nelle altre due
città, con cambi di posizioni dei singoli partiti che appaiono come
ripicche e giochini politici.
Delle
tensioni che nascono da dimostrazioni di forza di una delle parti
attraverso l’imposizione di un nome rappresentativo di un partito o
addirittura di un leader (come nel caso di Bertolaso). Tensioni che
potrebbero risolversi con le grandi assenti del centrodestra, le
primarie, volute da Fratelli d’Italia (che proprio per questo
motivo si era scissa dal Pdl all’epoca) e dal Carroccio, ma non da
Berlusconi. La mancanza di consultazioni serie ha portato a
messinscene come le gazebarie e i banchetti, il cui risultato in
certi casi è stato sconfessato dallo stesso partito (vedi il
caso di Roma, dove il
Carroccio ha chiesto il parere dei romani su una serie di nomi da
proporre e
poi ha fatto di testa sua, candidando Giorgia Meloni).
Dinamiche,
queste, che stanno portando a uno scisma nazionale ormai
difficile da nascondere e che emerge da feroci discussioni tra gli
esponenti di spicco. “Il problema è nazionale – ha
ammesso Lara Comi a Sky Tg24 –
saremmo degli ipocriti a non dirlo”.
Di
Silvia Gernini per L' Unità.TV
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