17 mar 2016

Il capitombolo del berlusconismo

Il capitombolo del berlusconismo

Il movimento di Grillo e Casaleggio è destinato a somigliare sempre di più a ciò che fu Forza Italia
Non sappiamo ancora come finirà la tragicommedia che il centrodestra sta mettendo in scena a Roma, tra gaffes sessiste ribadite fino all’autolesionismo e la massa di candidature conflittuali che si annuncia per il voto amministrativo, ma sappiamo che proprio nella Capitale si sta consumando la crisi finale della leadership di Silvio Berlusconi. Nel suo tragitto politico più che ventennale il Cavaliere aveva infatti conservato quella capacità di federare altre forze politiche che gli ha garantito di restare centrale sulla scena del centrodestra.
Una capacità che oggi sembra avere definitivamente perso, insieme alla facoltà di produrre un’offerta politica credibile. Non si tratta solo di logoramento anagrafico o giudiziario, ma dell’effetto di lungo periodo di uno dei principali fallimenti del berlusconismo: il non essersi mai trasformato, neanche all’apice del consenso, in un partito autentico in quanto contendibile e capace di sedimentare una cultura politica che potesse tenere insieme elettori ed eletti attraverso le stagioni diverse che ogni forza politica è destinata ad attraversare. Silvio Berlusconi ha scoperto anni fa un enorme giacimento elettorale, lo ha alimentato per lungo tempo ma non è mai riuscito a trasformarlo in un bene politico ereditabile da chi sarebbe venuto dopo. Molte le ragioni di questo fallimento, ma tra le più rilevanti possiamo certamente ricordare la priorità che Berlusconi ha sempre assegnato alla tutela dei propri beni piuttosto che alla creazione di un soggetto politico e istituzionale nel quale quel capitale elettorale potesse identificarsi stabilmente.
Così come va ricordato l’effetto di cannibalizzazione che l’antipolitica esercita sempre, sul medio periodo, su coloro che la utilizzano senza troppe precauzioni: e se Berlusconi è stato il campione dell’antipolitica negli anni Novanta, alla lunga anche lui è stato divorato dalla creatura che aveva allevato e che oggi gli impedisce di controllare un campo politico di centrodestra ormai segnato da varianti impazzite. Se da un lato è ovvio e naturale che la crisi terminale del berlusconismo ci gratifichi, dall’altro sarebbe importante non dimenticare questa stessa crisi ha liberato risorse politiche ed elettorali con cui il Partito Democratico sta già facendo i conti sia in positivo che in negativo.
La vera forza del Movimento Cinque Stelle, in particolare, non è tanto nelle chiacchiere sempre più vuote e false sulla democrazia in rete ma nella sua capacità di raccogliere l’eredità più cupa del berlusconismo: l’abilità di solleticare l’anima nera del paese che scommette sul “tanto peggio, tanto meglio” e sulla negazione della capacità degli italiani di darsi un futuro migliore, la denigrazione fisica e morale dell’avversario, le figurine di plastica che spuntano qua e là anche tra i loro candidati, fino al sessismo estetizzante che non a caso l’ex candidata grillina a Milano Bedori ha denunciato nelle stesse ore della clamorosa gaffe di Bertolaso sulla gravidanza di Giorgia Meloni. In questo senso il movimento di Grillo e Casaleggio è destinato a somigliare sempre più a quello che fu il movimento di Berlusconi, non solo perché ne ricalca le forme organizzative con il modello partito-azienda e con l’assenza di trasparenza ma anche e soprattutto perché ne sta assorbendo con velocità i contenuti e gli obiettivi politici. Il tramonto del berlusconismo non si esaurisce, tuttavia, con il passaggio del testimone populista e antipolitico al movimento grillino.
Restano sul tavolo i temi della crescita e dello sviluppo che il centrodestra italiano non ha saputo interpretare a beneficio del paese, lungo un ventennio di governo che ha lasciato dietro di sé le macerie della più grave crisi economica della storia repubblicana, e che il Pd sta finalmente volgendo verso la ripresa. E soprattutto restano i milioni di voti di un elettorato che non è mai stato “etnicamente” né definitivamente di destra ma che fu dapprima sedotto dalle promesse berlusconiane e poi abbandonato in campo aperto dal malgoverno del centrodestra. Milioni di italiani che devono ancora scegliere tra la nuova incarnazione grillina del populismo berlusconiano e la capacità di governare l’Italia verso più crescita e più giustizia.



Di Andrea Romano per L' Unità.TV

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