Il capitombolo del berlusconismo
Il
movimento di Grillo e Casaleggio è destinato a somigliare sempre di
più a ciò che fu Forza Italia
Non
sappiamo ancora come finirà la tragicommedia che il centrodestra sta
mettendo in scena a Roma, tra gaffes sessiste ribadite fino
all’autolesionismo e la massa di candidature conflittuali che si
annuncia per il voto amministrativo, ma sappiamo che proprio nella
Capitale si sta consumando la crisi finale della leadership di Silvio
Berlusconi. Nel suo tragitto politico più che ventennale il
Cavaliere aveva infatti conservato quella capacità di federare altre
forze politiche che gli ha garantito di restare centrale sulla scena
del centrodestra.
Una
capacità che oggi sembra avere definitivamente perso, insieme alla
facoltà di produrre un’offerta politica credibile. Non si tratta
solo di logoramento anagrafico o giudiziario, ma dell’effetto di
lungo periodo di uno dei principali fallimenti del berlusconismo: il
non essersi mai trasformato, neanche all’apice del consenso, in un
partito autentico in quanto contendibile e capace di sedimentare una
cultura politica che potesse tenere insieme elettori ed eletti
attraverso le stagioni diverse che ogni forza politica è destinata
ad attraversare. Silvio Berlusconi ha scoperto anni fa un enorme
giacimento elettorale, lo ha alimentato per lungo tempo ma non è mai
riuscito a trasformarlo in un bene politico ereditabile da chi
sarebbe venuto dopo. Molte le ragioni di questo fallimento, ma tra le
più rilevanti possiamo certamente ricordare la priorità che
Berlusconi ha sempre assegnato alla tutela dei propri beni piuttosto
che alla creazione di un soggetto politico e istituzionale nel quale
quel capitale elettorale potesse identificarsi stabilmente.
Così
come va ricordato l’effetto di cannibalizzazione che l’antipolitica
esercita sempre, sul medio periodo, su coloro che la utilizzano senza
troppe precauzioni: e se Berlusconi è stato il campione
dell’antipolitica negli anni Novanta, alla lunga anche lui è stato
divorato dalla creatura che aveva allevato e che oggi gli impedisce
di controllare un campo politico di centrodestra ormai segnato da
varianti impazzite. Se da un lato è ovvio e naturale che la crisi
terminale del berlusconismo ci gratifichi, dall’altro sarebbe
importante non dimenticare questa stessa crisi ha liberato risorse
politiche ed elettorali con cui il Partito Democratico sta già
facendo i conti sia in positivo che in negativo.
La
vera forza del Movimento Cinque Stelle, in particolare, non è tanto
nelle chiacchiere sempre più vuote e false sulla democrazia in rete
ma nella sua capacità di raccogliere l’eredità più cupa del
berlusconismo: l’abilità di solleticare l’anima nera del paese
che scommette sul “tanto peggio, tanto meglio” e sulla negazione
della capacità degli italiani di darsi un futuro migliore, la
denigrazione fisica e morale dell’avversario, le figurine di
plastica che spuntano qua e là anche tra i loro candidati, fino al
sessismo estetizzante che non a caso l’ex candidata grillina a
Milano Bedori ha denunciato nelle stesse ore della clamorosa gaffe di
Bertolaso sulla gravidanza di Giorgia Meloni. In questo senso il
movimento di Grillo e Casaleggio è destinato a somigliare sempre più
a quello che fu il movimento di Berlusconi, non solo perché ne
ricalca le forme organizzative con il modello partito-azienda e con
l’assenza di trasparenza ma anche e soprattutto perché ne sta
assorbendo con velocità i contenuti e gli obiettivi politici. Il
tramonto del berlusconismo non si esaurisce, tuttavia, con il
passaggio del testimone populista e antipolitico al movimento
grillino.
Restano
sul tavolo i temi della crescita e dello sviluppo che il centrodestra
italiano non ha saputo interpretare a beneficio del paese, lungo un
ventennio di governo che ha lasciato dietro di sé le macerie della
più grave crisi economica della storia repubblicana, e che il Pd sta
finalmente volgendo verso la ripresa. E soprattutto restano i milioni
di voti di un elettorato che non è mai stato “etnicamente” né
definitivamente di destra ma che fu dapprima sedotto dalle promesse
berlusconiane e poi abbandonato in campo aperto dal malgoverno del
centrodestra. Milioni di italiani che devono ancora scegliere tra la
nuova incarnazione grillina del populismo berlusconiano e la capacità
di governare l’Italia verso più crescita e più giustizia.
Di
Andrea Romano per L' Unità.TV
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