Ma non è che il M5S è diventato di destra?
Di Silvia Gernini per L' Unità.TV
Verificata
l’impossibilità di “pescare” nell’elettorato Pd, i grillini
si starebbero naturaliter voltando dall’altra parte per consolidare
i loro consensi. Ne abbiamo parlato con tre esperti: Roberto
D’Alimonte, Elisabetta Gualmini e Massimiliano Panarari
Il
sospetto è che il M5S cominci ad occhieggiare alla sua destra.
Verificata l’impossibilità di “pescare” nell’elettorato Pd,
i grillini si starebbero naturaliter voltando
dall’altra parte per consolidare i loro consensi. Per molti
osservatori, i recenti slalom sulle unioni civili (prima la “libertà
di coscienza” proclamata da Grillo, poi il no al “canguro” che
avrebbe facilitato l’approvazione del ddl Cirinnà) sarebbero la
prova provata di questa “conversione”. Con tanti saluti alla
originaria impostazione – sui generis – di sinistra.
Secondo Roberto
D’Alimonte,
politologo e direttore del dipartimento di Scienze Politiche della
Luiss di Roma, è avvenuta una “trasformazione da movimento
a vocazione
progressista e liberalad
un partito
di massa o
meglio, ad un vero e proprio Partito
della nazione. Questo
– continua D’Alimonte – è il suo punto
di forza ma anche di debolezza:
come si fa ad accontentare tutto il proprio elettorato, così
composito?”.
Non
parla di cambiamento o di virata Elisabetta
Gualmini.
Secondo la politologa, docente di Scienza Politica
all’Università di Bologna, la caratteristica costante e fondativa
più importante del Movimento è sempre stata “la sua estrema
trasversalità. Il Movimento 5 Stelle è forse il partito più
trasversale che ci sia in Europa. Del guardare un po’ a destra e un
po’ a sinistra, o meglio oltre la destra e la sinistra, hanno
sempre fatto la loro bandiera”.
“Ciò
che sorprende – dice D’Alimonte – è che questa trasversalità
era nota da tempo ai sondaggisti, ma forse non era ben
chiara all’interno del Movimento che ha capito soltanto
da poco l’importanza di un elettorato
differenziato dal punto
di vista numerico e si sono mossi di conseguenza”.
Infatti,
anche se i gruppi parlamentari cinquestelle sembrano spesso avere
posizioni più a sinistra, i vertici e alcuni elementi del direttorio
sembrano aver mostrato una posizione molto
più moderatasoprattutto
sui temi più divisivi come l’immigrazione e successivamente
la stepchild
adoption, leadozioni
da parte delle coppie gay e
ora la maternità
surrogata.
“Che
si tratti di ricerca
farmaceutica o
di utero
in affitto,
l’elettorato a cui il M5S si rivolge si pone questa visione del
mondo e queste resistenze; sono nel loro patrimonio genetico
politico”, spiega Massimiliano
Panarari,
saggista, docente universitario e consulente di comunicazione
pubblica e politica. E’ un elemento, questo, che “ha a che fare
con l’unica
componente ideologica forte di
questo partito post ideologico: Beppe Grillo tradizionalmente –
spiega Panarari – ha mostrato una forte diffidenza nei confronti
delle frontiere scientifiche e biotecnologiche (dai vaccini alla
medicina tradizionale)” contrapponendo a queste “un’attenzione
nei confronti della natura”.
Secondo
Panarari, quello dei grillini è anche un partito che presenta una
forte “dimensione
rabdomante“,
che cioè “va
a fiuto,
per usare un’espressione gergale. E a fiuto hanno percepito
che il tema delle unioni civili è un tema controverso, è un tema
che trova un pezzo della Chiesa cattolica fortemente contrario che
non ha più sponde politiche. E verosimilmente hanno deciso anche di
cercare di porsi come interlocutori
di una parte delle gerarchie cattoliche oltre
che di una parte degli elettori moderati, visto che ora in palio c’è
anche Roma”.
Per
il resto, prosegue Panarari, il M5S è in tutto e per tutto
“un partito
post ideologico con
unafortissima
adattabilità,
dal punto di vista strategico, al
mutamento delle circostanze.
Mi sembra difficile parlare di una strategia centralizzata in questo
partito-movimento soprattutto perché non esistono degli organigrammi
istituzionalizzati; la
strategia tende spesso a diventare una tattica molto collegata
alla percezione
degli umori dell’opinione
pubblica”.
E
un risultato di questa percezione degli umori è senza dubbio quello
di porsi come partito che si opponga a Matteo Renzi: “Dal momento
che la issue, il tema politico più forte è di nuovo un tema binario
– funziona perché molto semplice – cioè
‘renzismo-antirenzismo’, anche per la capacità di Renzi di
occupare lo spazio politico e di polarizzare, il M5S intende
presentarsi come il
vero soggetto politico alternativo a Renzi“.
La
posizione molto moderata di Grillo e Di Maio si spiega
chiaramente nel
rapporto con il Pd,
anche secondo Gualmini: “Di fatto nella scena politica italiana
oggi esistono due grandi competitori che sono il M5S e il Pd, quindi
anche la scelta di non votare il supercanguro è dovuta al fatto
dinon
voler regalare una vittoria piena al partito di Renzi. E’
un gioco strategico e di tattica politica – sottolinea Gualmini –
quello di dire all’elettorato: ‘Guardate, noi siamo diversi dal
Pd’. Questo non so quanto pagherà in termini di voti perché c’è
anche una parte di elettorato – fondamentalmente più di sinistra –
che capirà poco degli attacchi così forti”.
“L’altro
aspetto da notare è che la linea
è decisa dall’alto,
cioè da Grillo e Casaleggio. Il M5S continua a essere un partito
fondamentalmente leaderistico e
nelle mani di pochi e la
retorica dell’uno vale uno non funziona; è
sempre Grillo che con i suoi post, con un diktat dall’alto – che
può arrivare da lui o dai pochi del direttorio (pochi colonnelli
come Di Maio) – fermano tutto e scompaginano il quadro. L’idea di
una democrazia
interna è
ancora a mio parere piuttosto lontana”.
Ma
qual è l’elettorato del Movimento 5 Stelle? “Una serie di
sondaggi recenti – spiega Panarari – hanno evidenziato che questo
partito post ideologico in questa fase suscita le
simpatieprevalentemente
dell’elettorato del centrodestra.
Questi sondaggi sono mutevoli, ma sono molto mutevoli anche le
tattiche del M5S soprattutto in assenza di organismi politici
dirigenti istituzionalizzati. A parte la diarchia Grillo-Casaleggio
fortemente centralizzata, il resto è molto intermittente. Da un lato
c’è un posizionamento populista in sintonia con lo spirito dei
tempi”.
Ma
perché il Movimento 5 Stelle è così competitivo quando si sondano
le intenzioni di voto nei ballottaggi? Secondo D’Alimonte, “un
grande contributo lo sta dando l’instabilità
politica nel centrodestra che
ha trasformato i grillini in una seconda preferenza plausibile per il
suo elettorato di riferimento”.
Non
ci si deve sorprendere quindi che le politiche del Movimento stiano
virando in quella direzione, anche a costo di perdere qualche
elettore della base. “Di certo – continua D’Alimonte – si
trovano in una situazione difficile da gestire e molto del loro
consenso dipenderà da fattori contingenti e dall’agenda politica
che verrà imposta. Per mantenere il loro successo dovranno
insistere sui temi che piacciono sia a destra che a sinistra, come il
reddito di cittadinanza”.
Il
prossimo banco di prova sarà quello delle elezioni
amministrative.
Il Movimento, secondo Gualmini, sa perfettamente che “deve
guardare a destra e a sinistra”. “Puntano a raccogliere tutti gli
insoddisfatti dell’offerta politica tradizionale sia di destra che
di sinistra; per questo, su diversi temi, giocano strategicamente
senza mai connotarsi da una parte e dall’altra. Finora poi la
strategia è riuscita perché sono ancora molto alti nei
sondaggi. Questo è un loro elemento caratteristico, altrimenti
non avrebbero raccolto il 25% nel 2013. La grandissima trasversalità
sia di categorie
di persone –
dal giovane, al disoccupato, all’imprenditore, al ricercatore
universitario – sia diappartenenza
ideologica.
Altrimenti non sarebbero mai arrivati a risultati come quelli.
Infatti la Lega che è anche lui un partito antisistema con
caratteristiche populistiche che però guarda solo a destra non
arriverà mai al 25%, al massimo è arrivato al 15-16%. Oltre è
difficile che vada”.
“Guardando
alle due realtà metropolitane del Paese, in cui si gioca la
scommessa elettorale fondamentale, sembra difficile dire che a Milano
ci sia stata la volontà da parte dei vertici grillini di mettere in
campo una candidatura competitiva – afferma Panarari -. Mentre
quello a cui stiamo assistendo a Roma – lo dimostra anche la difesa
intransigente di Virginia Raggi da parte di due leader come Di Maio e
Di Battista – sembra una scelta di chi vuole giocare la partita,
anche rispetto alle aspettative”. La candidata sindaco del M5S
nella capitale, aggiunge Panarari, “può
piacere a una serie di elettori del centrodestra e
non è una candidatura che si colloca rispetto all’asse politico in
termini di sinistra e centrosinistra”.
Al
di là della prova delle amministrative, però, il M5S, al momento
non sembra guardare al futuro, a un’eventuale trasformazione del
partito stesso per sopravvivere. O comunque è difficile capire se il
partito si stia interrogando sul futuro. È difficile, afferma
Panarari, fare delle previsioni. Quelle che leggiamo come
contraddizioni hanno a che fare con il loro rifiuto di un processo di
istituzionalizzazione in forza politica e in forza parlamentare.
Laddove lo fanno, come a Parma e a Livorno, le due amministrazioni
locali-vetrine, il M5S non tiene: si sfalda, si creano liti,
scissioni e fuoriusciti”.
“Qui
c’è la tensione costitutiva. Ad oggi non esistono, all’interno
di sistemi politici occidentali, movimenti in una situazione gassosa,
non definita, che siano resistiti – spiega Panarari -. O le forze
politiche si istituzionalizzano, accettano in toto le dinamiche
istituzionali, parlamentari e una qualche forma di strutturazione
(che può essere anche la forma del comitato elettorale) oppure è
difficile che possano costituire una forza di governo o anche
resistere”.
Forse
La domanda giusta sarebbe stata :
Sono diventati Fascisti ?
Nessun commento:
Posta un commento