D’Alema, ultimo atto: un po’ dentro un po’ fuori
L’ex
premier sferra fendenti a Renzi, boccia le primarie ed è gelido su
Giachetti
Un
po’ dentro un po’ fuori. Senza tanta fiducia nella sinistra dem –
“non incide” – Massimo D’Alema si ritaglia una collocazione
inedita: non sposa la minoranza né esce dal Pd né pensa a “un
partitino di sinistra”, ostenta il suo profilo “culturale” ma
mena fendenti tutti politici all’indirizzo di Matteo Renzi.
Stamattina, intervistato da SkyTg24 davanti a Montecitorio, D’Alema
ha ulteriormente sferrato bordate al segretario-premier.
Ma
sul “che fare?” D’Alema non è chiaro. “Nel Pd non c’è
nessuna battaglia politica, non c’è un luogo dove si discute di
politica…”. E fuori? “Ci sono certamente personalità” in
grado di costruire qualcosa fuori dal Pd. “Non mi strapperà nomi –
dice alla giornalista di SkyTg24 – io dò un contributo
culturale…”. Pensa a una battaglia interna-esterna,
probabilmente. Una “Cosa” che saldi la battaglia della corrente
di Speranza e Cuperlo (che da stasera a domenica si vedono a Perugia
– diretta streaming su Unità.tv) a un’area esterna al Pd che
cerca ancora una collocazione e che secondo lui è destinata a
crescere. Un’associazione? Una Red del 2016? Ma intanto lui,
Massimo D’Alema, si considera ancora un esponente del Pd?
Al
Corriere della Sera l’ex premier aveva sferrato bordate pesanti:
“oggettivamente” Renzi somiglia a Berlusconi e la”cultura di
questo nuovo Pd è totalmente estranea a a quella originale”, dato
che lui vuole distruggere il centrosinistra “alleandosi con la
vecchia classe politica della destra”.
Analisi
che lo colloca “oggettivamente” fuori dalle dinamiche, per quanto
complesse, del Pd: “Il punto vero è che il Pd non ce la fa più a
tenere insieme il campo di forze del centrosinistra – prosegue –
E dubito che riuscirà a compensare le masse di voti perse a sinistra
alleandosi con il mondo berlusconiano: non solo Alfano,Verdini,
Bondi, ma anche Mediaset e uomini di Cl. A destra viene riconosciuto
a Renzi il merito di aver distrutto quel che restava della cultura
comunista e del cattolicesimo democratico. Ma così ha reciso una
parte fondamentale delle radici del Pd. Ha soffocato lo spirito
dell’Ulivo: del resto Renzi non ha mai nascosto il suo disprezzo
per l’esperienza di governo del centrosinistra, che anzi è
bersaglio costante della sua polemica”.
Un
D’Alema “ulivista” potrà anche sembrare una nemesi – lui con
l’Ulivo e Prodi ebbe un rapporto, diciamo così, non facile – ma
tant’è.
L’ex
leader leader del Pds prevede però che lungo questa strada Renzi
andrà a sbattere. “Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra
del Pd che si traduce in astensionismo, disaffezione, nuove liste,
nuovi gruppi. Si tratta di un problema politico e non di un complotto
di D’Alema, che è impegnato in altre attività di carattere
culturale e internazionale”.
Naturalmente
c’è anche una nota personale, come avevamo scritto ieri: “Il Pd
è finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e
autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd
non è passato per l’anticamera del cervello di consultarci una
volta, in un momento così difficile. Io cosa dovrei fare?
Cospargermi il capo di cenere e presentarmi al Nazareno in ginocchio
a chiedere udienza a Guerini?”. Se a Guerini riserva ironia, per
Matteo Orfini, lontano suo collaboratore, c’è di peggio: “”Nella
vita si può evolvere in tanti sensi…”.
L’ex
pupillo, sulla vicenda di Napoli, “ha risposto che il ricorso (di
Bassolino-ndr) è stato presentato in ritardo. Ma qui siamo oltre
l’arroganza. Siamo alla stupidità“.
Non
solo Bassolino ha tutte le ragioni, il punto è che le primarie “così
hanno perso ogni credibilità. Sono manipolate da gruppetti di
potere. Sono diventate un gioco per falsificare e gonfiare dati.
Bisogna scrivere nuove regole. E intanto rispettare quelle che già
ci sono”.
E
Giachetti, il candidato del Pd a Roma? “Non so ancora chi siano i
candidati. Li valuterò liberamente da cittadino romano. Non so cosa
farà Bray. Certo non ho il minimo dubbio che la sua candidatura
sarebbe quella di maggior prestigio per la Capitale; mentre qui pare
tutto un giochino interno al Pd”. Chiaro: Massimo D’Alema non ha
intenzione di votare per Roberto Giachetti. E anche questa è una
novità, per uno come lui.
Di
Mario Lavia per l' Unità.TV
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