11 mar 2016

D’Alema, ultimo atto: un po’ dentro un po’ fuori

D’Alema, ultimo atto: un po’ dentro un po’ fuori

L’ex premier sferra fendenti a Renzi, boccia le primarie ed è gelido su Giachetti

Un po’ dentro un po’ fuori. Senza tanta fiducia nella sinistra dem – “non incide” – Massimo D’Alema si ritaglia una collocazione inedita: non sposa la minoranza né esce dal Pd né pensa a “un partitino di sinistra”, ostenta il suo profilo “culturale” ma mena fendenti tutti politici all’indirizzo di Matteo Renzi. Stamattina, intervistato da SkyTg24 davanti a Montecitorio, D’Alema ha ulteriormente sferrato bordate al segretario-premier.


Ma sul “che fare?” D’Alema non è chiaro. “Nel Pd non c’è nessuna battaglia politica, non c’è un luogo dove si discute di politica…”. E fuori? “Ci sono certamente personalità” in grado di costruire qualcosa fuori dal Pd. “Non mi strapperà nomi – dice alla giornalista di SkyTg24 – io dò un contributo culturale…”. Pensa a una battaglia interna-esterna, probabilmente. Una “Cosa” che saldi la battaglia della corrente di Speranza e Cuperlo (che da stasera a domenica si vedono a Perugia – diretta streaming su Unità.tv) a un’area esterna al Pd che cerca ancora una collocazione e che secondo lui è destinata a crescere. Un’associazione? Una Red del 2016? Ma intanto lui, Massimo D’Alema, si considera ancora un esponente del Pd?


Al Corriere della Sera l’ex premier aveva sferrato bordate pesanti: “oggettivamente” Renzi somiglia a Berlusconi e la”cultura di questo nuovo Pd è totalmente estranea a a quella originale”, dato che lui vuole distruggere il centrosinistra “alleandosi con la vecchia classe politica della destra”.


Analisi che lo colloca “oggettivamente” fuori dalle dinamiche, per quanto complesse, del Pd: “Il punto vero è che il Pd non ce la fa più a tenere insieme il campo di forze del centrosinistra – prosegue – E dubito che riuscirà a compensare le masse di voti perse a sinistra alleandosi con il mondo berlusconiano: non solo Alfano,Verdini, Bondi, ma anche Mediaset e uomini di Cl. A destra viene riconosciuto a Renzi il merito di aver distrutto quel che restava della cultura comunista e del cattolicesimo democratico. Ma così ha reciso una parte fondamentale delle radici del Pd. Ha soffocato lo spirito dell’Ulivo: del resto Renzi non ha mai nascosto il suo disprezzo per l’esperienza di governo del centrosinistra, che anzi è bersaglio costante della sua polemica”.


Un D’Alema “ulivista” potrà anche sembrare una nemesi – lui con l’Ulivo e Prodi ebbe un rapporto, diciamo così, non facile – ma tant’è.


L’ex leader leader del Pds prevede però che lungo questa strada Renzi andrà a sbattere. “Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra del Pd che si traduce in astensionismo, disaffezione, nuove liste, nuovi gruppi. Si tratta di un problema politico e non di un complotto di D’Alema, che è impegnato in altre attività di carattere culturale e internazionale”.


Naturalmente c’è anche una nota personale, come avevamo scritto ieri: “Il Pd è finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è passato per l’anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento così difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e presentarmi al Nazareno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?”. Se a Guerini riserva ironia, per Matteo Orfini, lontano suo collaboratore, c’è di peggio: “”Nella vita si può evolvere in tanti sensi…”.


L’ex pupillo, sulla vicenda di Napoli, “ha risposto che il ricorso (di Bassolino-ndr) è stato presentato in ritardo. Ma qui siamo oltre l’arroganza. Siamo alla stupidità“.


Non solo Bassolino ha tutte le ragioni, il punto è che le primarie “così hanno perso ogni credibilità. Sono manipolate da gruppetti di potere. Sono diventate un gioco per falsificare e gonfiare dati. Bisogna scrivere nuove regole. E intanto rispettare quelle che già ci sono”.


E Giachetti, il candidato del Pd a Roma? “Non so ancora chi siano i candidati. Li valuterò liberamente da cittadino romano. Non so cosa farà Bray. Certo non ho il minimo dubbio che la sua candidatura sarebbe quella di maggior prestigio per la Capitale; mentre qui pare tutto un giochino interno al Pd”. Chiaro: Massimo D’Alema non ha intenzione di votare per Roberto Giachetti. E anche questa è una novità, per uno come lui.
Di Mario Lavia per l' Unità.TV

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