Bassolino, D’Alema, Bersani, la ragnatela per far perdere Renzi
L’ex
premier non intenzionato a votare Giachetti. “Conta” in Direzione
il 21 marzo
Per
motivi in parte simili, in parte diversi, alcuni “vecchi” leader
stanno muovendo all’attacco del segretario del Pd. C’è
anche una componente di casualità in questo simultaneo muoversi di
personaggi come Bassolino,
D’Alema, Bersani:
in fondo Bassolino non è certo un antirenziano come gli altri due; e
non si può nemmeno dire che D’Alema e Bersani la pensino allo
stesso modo. “Don Antonio” è furente per la specifica
vicenda napoletana e anche per come “Roma” la sta gestendo. Ma
fra lui e il Nazareno i canali restano aperti. Con D’Alema invece
l’incomunicabilità è totale. Con Bersani la tensione è alta.
E
tuttavia l’effetto di questo posizionamento multiplo potrebbe
essere la sconfitta del Pd a Napoli (abbondantemente nel conto), a
Roma e forse anche a Milano, dove i mal di pancia a sinistra, sebbene
non abbiano ancor portato ad una candidatura (dopo
il no di Gherardo Colombo) tuttavia
minano la campagna di Beppe Sala.
Parlano
i fatti. Antonio Bassolino prepara le truppe – sabato
l’iniziativa a Napoli “per
fare il punto” – probabile antipasto della scesa in campo vera e
propria che verrà formalizzata solo quando tutto il gioco
“giuridico” sarà finito. Sotto il Vesuvio si assisterà dunque
ad un singolare
derby piddino Valente-Bassolino,
con rischio non solo che nessuno dei due vada al ballottaggio ma che
l’ex sindaco superi la renziana Valente.
Singolare?
Mica poi tanto. C’è il precedente di Sergio
Cofferati in
Liguria: anche lui perse le primarie, anche lui ricorse, anche allora
ci furono polemiche sulla correttezza del voto: Cofferati non si
presentò in prima persona ma uscì dal Pd e ispirò la candidatura
di Luca Pastorino, ovviamente rivelatasi minoritaria ma sufficiente a
far perdere la piddina Raffaella Paita, con tanti ringraziamenti di
Giovanni Toti.
Bassolino
non farà “perdere il Pd” ma potrebbe far fare una pessima figura
al partito e alla candidata indicata da Renzi e vincitrice delle
primarie.
Poi
c’è Massimo D’Alema. Fra lui e il Pd i rapporti sono sottozero
da mesi. Col gruppo dirigente la comunicazione è inesistente.
Nessuno chiama nessuno. Il Nazareno non lo ha invitato neppure per
una lezione ai giovani (“Classe dem”) dove pure hanno partecipato
Walter Veltroni o Livia Turco e sabato parlerà Alfredo Reichlin:
sembra che ci sia rimasto male.
Ha
votato alle primarie per Morassut ma ha prevalso Giachetti. Ma
D’Alema non pare intenzionato a votare Giachetti,
il candidato voluto da Renzi.
La
questione è seria: può un esponente come D’Alema non votare il
candidato del Pd? Siamo cioè di fronte ad una svolta nel rapporto
fra lui e il partito, nel quale ormai non si ritrova più? O ci sono
margini per discuterne? Si vedrà.
Non
è chiarissimo il grado di impegno che l’ex premier vi abbia
profuso ma tutti sanno che dietro l’ipotesi di una candidatura
di Massimo
Bray c’è
lui. E con lo stesso Ignazio
Marino i
rapporti sono sempre stati ottimi. Difficilmente Bray scenderà in
campo, malgrado le pressioni. Ma se dovesse candidarsi Marino? Che
farebbe D’Alema? Voterebbe quest’ultimo?
Infine,
Bersani. L’ex segretario- se si passa la semplificazione – è un
po’ la sinistra della sinistra dem. Mentre Roberto Speranza e
Gianni Cuperlo, pur criticando anche con durezza certe scelte del Pd
o il doppio incarico di Renzi pure dicono e confermano l’appoggio
ai candidati usciti dalle primarie, a partire da Giachetti,
c’è chi ha notato proprio verso Giachetti una certa freddezza di
Bersani. Che ieri
è stato durissimo verso la vicenda napoletana.
E nei giorni precedenti aveva
attaccato sulla questione dell’intesa con Verdini.
Un allarme, o meglio, un grido di guerra.
Renzi
lo sa e vuole un chiarimento definitivo: la minoranza è diventata
opposizione? O intende a collaborare, pur nel rispetto della
dialettica interna? Il 21, in Direzione, la sfida finale. Con un
voto.
Di
Mario Lavia per L' Unità.TV
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