10 mar 2016

Bassolino, D’Alema, Bersani, la ragnatela per far perdere Renzi

Bassolino, D’Alema, Bersani, la ragnatela per far perdere Renzi

L’ex premier non intenzionato a votare Giachetti. “Conta” in Direzione il 21 marzo

Per motivi in parte simili, in parte diversi, alcuni “vecchi” leader stanno muovendo all’attacco del segretario del Pd. C’è anche una componente di casualità in questo simultaneo muoversi di personaggi come Bassolino, D’Alema, Bersani: in fondo Bassolino non è certo un antirenziano come gli altri due; e non si può nemmeno dire che D’Alema e Bersani la pensino allo stesso modo. “Don Antonio” è furente per la specifica vicenda napoletana e anche per come “Roma” la sta gestendo. Ma fra lui e il Nazareno i canali restano aperti. Con D’Alema invece l’incomunicabilità è totale. Con Bersani la tensione è alta.
E tuttavia l’effetto di questo posizionamento multiplo potrebbe essere la sconfitta del Pd a Napoli (abbondantemente nel conto), a Roma e forse anche a Milano, dove i mal di pancia a sinistra, sebbene non abbiano ancor portato ad una candidatura (dopo il no di Gherardo Colombo) tuttavia minano la campagna di Beppe Sala.
Parlano i fatti. Antonio Bassolino prepara le truppe – sabato l’iniziativa a Napoli “per fare il punto” – probabile antipasto della scesa in campo vera e propria che verrà formalizzata solo quando tutto il gioco “giuridico” sarà finito. Sotto il Vesuvio si assisterà dunque ad un singolare derby piddino Valente-Bassolino, con rischio non solo che nessuno dei due vada al ballottaggio ma che l’ex sindaco superi la renziana Valente.
Singolare? Mica poi tanto. C’è il precedente di Sergio Cofferati in Liguria: anche lui perse le primarie, anche lui ricorse, anche allora ci furono polemiche sulla correttezza del voto: Cofferati non si presentò in prima persona ma uscì dal Pd e ispirò la candidatura di Luca Pastorino, ovviamente rivelatasi minoritaria ma sufficiente a far perdere la piddina Raffaella Paita, con tanti ringraziamenti di Giovanni Toti.
Bassolino non farà “perdere il Pd” ma potrebbe far fare una pessima figura al partito e alla candidata indicata da Renzi e vincitrice delle primarie.
Poi c’è Massimo D’Alema. Fra lui e il Pd i rapporti sono sottozero da mesi. Col gruppo dirigente la comunicazione è inesistente. Nessuno chiama nessuno. Il Nazareno non lo ha invitato neppure per una lezione ai giovani (“Classe dem”) dove pure hanno partecipato Walter Veltroni o Livia Turco e sabato parlerà Alfredo Reichlin: sembra che ci sia rimasto male.
Ha votato alle primarie per Morassut ma ha prevalso Giachetti. Ma D’Alema non pare intenzionato a votare Giachetti, il candidato voluto da Renzi.
La questione è seria: può un esponente come D’Alema non votare il candidato del Pd? Siamo cioè di fronte ad una svolta nel rapporto fra lui e il partito, nel quale ormai non si ritrova più? O ci sono margini per discuterne? Si vedrà.
Non è chiarissimo il grado di impegno che l’ex premier vi abbia profuso ma tutti sanno che dietro l’ipotesi di una candidatura di Massimo Bray c’è lui. E con lo stesso Ignazio Marino i rapporti sono sempre stati ottimi. Difficilmente Bray scenderà in campo, malgrado le pressioni. Ma se dovesse candidarsi Marino? Che farebbe D’Alema? Voterebbe quest’ultimo?
Infine, Bersani. L’ex segretario- se si passa la semplificazione – è un po’ la sinistra della sinistra dem. Mentre Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, pur criticando anche con durezza certe scelte del Pd o il doppio incarico di Renzi pure dicono e confermano l’appoggio ai candidati usciti dalle primarie, a partire da Giachetti, c’è chi ha notato proprio verso Giachetti una certa freddezza di Bersani. Che ieri è stato durissimo verso la vicenda napoletana. E nei giorni precedenti aveva attaccato sulla questione dell’intesa con Verdini. Un allarme, o meglio, un grido di guerra.
Renzi lo sa e vuole un chiarimento definitivo: la minoranza è diventata opposizione? O intende a collaborare, pur nel rispetto della dialettica interna? Il 21, in Direzione, la sfida finale. Con un voto.
Di Mario Lavia per L' Unità.TV


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