Anche la casta piange: lavora un po’ di più e guadagna (poco) di meno
Ma ogni parlamentare intasca ancora 122 euro l’ora
Lavori?
Sì, ma quanto lavori… E soprattutto quanto guadagni? L’indennità
dei parlamentari è da sempre tra gli argomenti più controversi del
dibattito politica-cittadini. Non a caso, infatti molti ritengono che
lavorano poco e guadagnano troppo, altri che sono in una perenne
vacanza dorata, altri ancora che «ruberebbero» addirittura lo
stipendio.
E,
naturalmente, più forte soffia il vento dell’anti-casta e più le
accuse si gonfiano. Ora, però, nelle ultime legislature, ma
soprattutto a cominciare dalla scorsa, sia per le violente campagne
che si sono abbattute proprio contro la casta che per il clima di
austerity che ha fiaccato il Paese, anche i nostri deputati e
senatori qualche taglio allo stipendio lo hanno subito. Sia per quel
che concerne la parte fissa dell’indennità sia sul versante dei
rimborsi spese e dei benefit.
Ma
tante o poche, infatti, che siano (dipende dalle prospettive di
veduta) le sforbiciate alla busta paga, di certo sono andate di pari
passo ad un sensibile incremento dell’impegno professionale.
Insomma, ad uno stipendio ridotto si è aggiunto anche un incremento
dell’attività parlamentare. Solo per citare dei dati, nell’attuale
XVII legislatura (giunta a poco più delle metà) le sedute sono
state finora 563 con una media mensile di 16,1 riunioni.
Ogni
seduta ha avuto una durata mediamente di 5,4 ore. E, quindi, conti
alla mano e tenendo conto dell’indennità mensile di un
parlamentare (fissata dal 2012) di 10 mila 675 euro lordi (circa 5246
euro netti) possiamo indicare che per ogni ora «lavorata» un nostro
rappresentante nell’emiciclo della Repubblica ha percepito 122
euro. Una cifra non proprio modesta se non si tiene conto, però, che
il lavoro in aula per un parlamentare è solo una parte, forse, anche
la minore. Perché alle ore dell’emiciclo si devono aggiungere
anche quelle in commissione (certificate) e quelle dedicate al
territorio. Ma nonostante questo le differenze con altre categorie
restano elevate se si tiene conto delle 5,79 euro l’ora che
spettano per contratto ad un parrucchiere o alle 7,20 euro del
commesso. E lontanissime anche dalle prestazioni orarie di un
farmacista (8,61 euro) o di un operaio qualificato (7,90 euro). «Ma
anche - sottolineano dalla studio commerciale, Roberto Begliomini -
rispetto a quanto guadagna un impiegato amministrativo (7,27 euro
l’ora) o un dirigente di azienda che mediamente porta a casa 195
euro lorde giornaliere».
Cifre
ma anche ambiti e contesti molto diversi. E, forse, nemmeno
paragonabili, ma che se messi uno dopo l’altro rischiano di non
rendere giustizia nemmeno alla trasparenza. Anche perché alle cifre
di oggi si devono necessariamente accompagnare le notevoli differenze
con il passato della Prima, della Seconda e anche di questa “Terza”,
recente, Repubblica.
Nella
X legislatura (’87-’92), ad esempio, i parlamentari percepivano
un’indennità (rivalutata ad oggi) di 11.737 euro, quindi, 218 euro
l’ora, cioè 96 euro in più rispetto ad oggi. E la cifra cresce
ancora di più se si osservano i dati relativi alla XI (durata 722
giorni) e la XII legislatura, quella durata solo due anni con i
governi Berlusconi e Dini. Ebbene tra l’aprile del ’94 e il
maggio del ’96 le sedute d’aula sono state 13 al mese con una
durata di appena tre ore. Risultato: 902 euro a seduta per circa 250
euro l’ora.
«Il
tema dell’indennità - spiega il parlamentare Pino Pisicchio, che
più di ogni altri si è messo al tavolo per rendicontare l’impegno
degli onorevoli e le differenze con il passato - è uno degli
argomenti offerti al ludibrio della pubblica opinione». Ma è poi
vero che il Parlamento della Terza Repubblica lavora così poco? «Per
verificare in maniera omogenea i dati - riprende Pisicchio - è
indispensabile confrontare le sedute. Con la presidenza di
Napolitano, ad esempio - continua Pisicchio con i dati alla mano
forniti dal servizio della Camera - le sedute sono state 13,39 mentre
con la presidenza Boldrini sono state 16,1. Di più: le ore di lavoro
per seduta sono in questa legislatura 5,4 mentre nella XI erano 4,5».
Dunque,
conclude il capogruppo del Misto – «è improprio considerarci
sfaccendati in questa XVII legislatura…».
Anche
perché, aggiunge il politologo Gianfranco Pasquino, «il tema non è
solo quando lavorano – e comunque oggi i parlamentari lavorano
molto di più rispetto agli anni della prima Repubblica – ma perché
così spesso lavorano male. E questa non è colpa loro ma del fatto
che chi dovrebbe organizzare il loro lavoro talvolta è inesperto».
E quindi, in buona sostanza, al di là delle ore e della busta paga
il tema di fondo è la qualità e il merito di come l’emiciclo
parlamentare produce.
L’attività
legislativa, infatti, che nelle stagioni passate vedeva promotori
dell’iniziativa in modo quasi eguale Parlamento e governo, oggi
vede una netta prevalenza del governo, che è autore delle leggi
approvate in una misura che oscilla tra l’80% (scorsa legislatura)
e il 75% (attuale legislatura). Ciò che è sensibilmente aumentato
nelle ultime legislature è, semmai, il ricorso al voto di fiducia:
se nella XI legislatura se ne faceva uno solo una volta ogni 66
giorni (ma nella IX l’intervallo era di 69 giorni, nella XIII ogni
68, eccetera), oggi la media è di un voto di fiducia ogni ventotto
giorni, e nella passata legislatura, addirittura, uno ogni 26 cioè
quasi il doppio rispetto all’VIII.
Di
Paolo Festuccia per LA STAMPA.IT
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