A destra tutti pazzi per Virginia Raggi?
L’endorsement del Tempo. Santanché: “Voterei per lei”
“Niente
fango su Virginia” è il titolo dell’editoriale di prima pagina
di giovedì 25 febbraio. L’attacco, come il titolo, è
vibrante-indignato: “Nessuno tocchi Virginia Raggi. La brava e
bella candidata di Beppe Grillo per il Campidoglio è oggetto di
una violentissima aggressione politico-mediatica”.
No,
non state leggendo il Fatto, notoriamente vicino al partito
di Casaleggio, e neppure una qualche versione cartacea del Sacro
Blog. Lo sdegnato editoriale è apparso sul Tempo,
il quotidiano storico della destra romana, ed è firmato dal
direttore Gian Marco Chiocci.
Il
“fango” di cui parla il Tempo è un fatto, noto negli ambienti
cinquestelle romani, ma curiosamente omesso dal curriculum
ufficiale della candidata: Virginia Raggi dopo la laurea
in giurisprudenza ha svolto la pratica legale presso lo studio
Previti, dal 2003 al 2006. Dopodiché è passata a lavorare
nello studio di Pieremilio Sammarco, fratello del difensore
di Previti, Dell’Utri e Berlusconi, nonché figlio del giudice
che annullò il lodo Mondadori consegnando al Cavaliere le
chiavi di Segrate.
Certo,
aver lavorato per Previti è una medaglia agli occhi della
redazione e dei lettori del Tempo, ma è sufficiente a suscitare
tanto affetto, tanto trasporto?
Per
fugare ogni dubbio, è sufficiente prendere in mano una copia del
Tempo di lunedì 29 febbraio. La prima pagina è pressoché
interamente occupata da una foto della “brava e bella” Virginia,
con un titolo a caratteri cubitali che lascia poco spazio alla
fantasia: “Così cambierò la mia Roma”. A nessun candidato
del centrodestra – e sì che sono tanti, fra reali e virtuali –
è finora stato offerto un palcoscenico così prestigioso e
simpatizzante.
Con
meritata soddisfazione, l’indomani il direttore Chiocci può
così scrivere nel suo editoriale che“a
destra c’è chi sta pensando di votare quella ragazza lì,
la Raggi, la grillina acqua e sapone, avvocato di bella
presenza, che dopo l’intervista al Tempo ogni talk politico ora
vuole in studio per alzare finalmente lo share”.
Se
non è un endorsement esplicito, ci manca davvero poco. E sorge il
dubbio che non si tratti soltanto di un caso o di una felice
coincidenza. Guido Bertolaso è un candidato debole, per molti
addirittura impopolare, imposto da Berlusconi ma sgradito a quasi
tutte le anime della destra romana (inclusa Giorgia Meloni, che
per ora assiste in silenzio allo scontro fra il Cavaliere e
Salvini).
Mentre
la Raggi, scelta mesi fa da Casaleggio spaccando
a metà il M5s romano, appare come il possibile cavallo vincente
per sbarrare al centrosinistra il ritorno in Campidoglio.
Lei,
del resto, sembra perfetta per raccogliere i voti della destra.
Mentre il povero Bertolaso si è lasciato sfuggire che “i rom
sono una categoria che è stata vessata e penalizzata”, la “brava
e bella” Virginia ha detto senza mezzi termini che “non è
accettabile che continuiamo a spendere 24 milioni l’anno per
mantenere persone che possono lavorare”, e dunque “il superamento
dei campi rom non è più rinviabile” – anche se poi, su questo
come su ogni altro punto del programma, si è guardata bene
dallo spiegare come, quando e con quali mezzi.
Se Paolo
Liguori l’ha
incensata per una puntata intera di Fatti e misfatti con
l’aiuto dell’immancabile Chiocci – e certe cose non
accadono mai per caso, soprattutto a Mediaset – sul fronte
opposto, quello filogrillino del Fatto, l’imbarazzo è palpabile.
Il
non-organo del non- partito finora della Raggi non si è mai
occupato: né un commento, né un’intervista, neppure un
accenno al programma, niente.
Una
firma autorevole del giornale di Travaglio, Marco
Lillo,
ha preferito (o ha dovuto) scrivere sul suo blog online, anziché
sul quotidiano di carta, una dura requisitoria contro la candidata di
Casaleggio: “Il
punto è che Virginia Raggi, una 25enne che doveva farsi strada
nell’Italia del berlusconismo imperante, una donna giovane ma
non incapace di capire dove vive e come vanno le cose del mondo,
in quel momento storico sceglie di accettare la proposta di
fare pratica allo studio Previti. Erano gli anni in cui
Berlusconi e i suoi attaccavano i giudici, inventavano il lodo
Schifani, la legge Cirielli e altre schifezze simili. I giovani della
sua età il giorno della condanna del 2003 contro Previti, come
racconta l’Ansa, erano lì a suonare il clacson sotto le
finestre dello studio del simbolo vivente dell’ingiustizia e
dell’arroganza del potere. Lei invece in quello stesso studio
andava a prendere gli ordini per fare i giri di cancelleria”.
Ieri
il Fatto ha riportato una battuta sfuggita a Daniela
Santanché (“A
Roma voterei la grillina Raggi”) nonché la “convinzione
comune, a detta dello stesso Previti, che ‘la
famiglia Raggi sia storicamente di destra’, per non dire
fascista”,
ma curiosamente né nel titolo né nell’occhiello né nel
sommario del pezzo si cita la candidata del M5s.
La
spregiudicatezza di Casaleggio è nota: offrire ad una destra
lacerata e senza leadership riconosciute una ragazza “di bella
presenza” cresciuta nella galassia Previti, infischiandosene degli
effetti collaterali, è una mossa di indubbia abilità.
Qualcosa
del genere sta accadendo a Torino (dove la candidata
cinquestelle, Chiara Appendino, è una rassicurante
bocconiana figlia, secondo l’Espresso, del “mondo della
buona borghesia imprenditoriale torinese”), e qualcosa del
genere è accaduto nel posizionamento nazionale del Movimento,
prima sull’immigrazione e più di recente contro il ddl
Cirinnà.
Insomma,
dal punto di vista del M5s la posta in gioco è chiara: per vincere,
o almeno per competere con il Pd, bisogna rastrellare i voti
della destra. E la destra, o almeno la sua parte più radicale,
sta allegramente al gioco. Sarà una campagna elettorale
interessante, e molto istruttiva.
Di
Fabrizio Rondolino per L' Unità.TV
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