29 feb 2016

Bilancio Expo, i conti tornano. C'è il rebus dello smantellamento

Bilancio Expo, i conti tornano. C'è il rebus dello smantellamento

I numeri dell'Esposizione. Il 2015 chiuso con un patrimonio netto attivo di 14,2 milioni. Il nodo dei 48 milioni del 2016
di Giovanni Pons per Repubblica.it


MILANO - Per stabilire se l'Expo sia stata un successo non basta guardare il dato puntuale della vendita di biglietti da maggio a ottobre 2015, pari a 21,4 milioni. Occorre analizzare i dati di bilancio e a questi affiancare l'impatto dell'evento sull'economia italiana, assai difficile da quantificare (la Camera di Commercio di Milano ha commissionato uno studio alla Bocconi su questo tema). Dalla relazione che il consiglio di amministrazione di Expo ha presentato all'assemblea si possono trarre giudizi importanti sulla gestione affidata all'amministratore delegato Beppe Sala, ora candidato sindaco di Milano per il centrosinistra alle prossime Comunali.

Sala ha portato come elemento probante della sua buona gestione il fatto che la società prevede di chiudere l'esercizio 2015 con un patrimonio netto positivo di 14,2 milioni, dopo aver realizzato lo scopo per cui era stata costituita nel 2008 da Stato, Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia di Milano e Camera di Commercio. In parole povere Sala non ha speso tutti i 1.241 milioni di euro che gli sono arrivati dai soci per costruire il sito e realizzare l'Esposizione, ma ha avanzato 14,2 milioni. E ciò è stato possibile perché nel novembre 2011 ha rivisto il piano di investimenti tagliandolo di 300 milioni. "Qualitativamente hanno realizzato un progetto difficile, la mission era non spendere più di quanto gli è stato dato - conferma Marco Greco, analista indipendente con alle spalle 11 anni a capo dell'ufficio studi di Mediobanca - Nel periodo 2009-2015 la società ha realizzato investimenti per 968,2 milioni, accumulato perdite per 110,8 milioni a fronte di 1.093 milioni entrati sotto forma di contributi e capitale sociale. L'avanzo è di 14,2 anche se forse si poteva fare di più nella vendita dei biglietti avvenuta sotto prezzo".

Dunque al momento non ci sono buchi di bilancio anche se il conto economico del 2015 si chiuderà con una perdita di 32,6 milioni, contrariamente al budget approvato il 19 marzo 2015 che prevedeva "un utile d'esercizio significativo, derivante da ricavi stimati di vendita dei biglietti per il semestre espositivo che è atteso tale da consentire la copertura delle perdite di gestione dei precedenti esercizi". Come mai il budget 2015 è stato disatteso? Probabilmente perché, al fine di portare più visitatori a Milano, si sono venduti biglietti sotto prezzo, soprattutto nelle ore serali. L'incasso medio per biglietto è stato infatti di 17,4 euro, ben sotto il prezzo standard che era compreso tra 32 e 39 euro. Ma anche perché, come lo stesso Sala evidenzia nella sua relazione, sono emerse spese impreviste e contributi non versati. In totale sono mancati 102,2 milioni tra i 58,6 milioni che la Camera di Commercio di Milano non ritiene di dover versare, 7,4 milioni di mancato contributo dalla Provincia, 14,1 milioni di spese in più per la sicurezza imposta dopo gli attentati terroristici internazionali e 15 milioni per la costruzione dei parcheggi che Expo si è dovuta accollare. È chiaro che senza questi imprevisti il conto economico 2015 avrebbe chiuso in attivo e si sarebbero potuti coprire i costi del post Expo e anche distribuire dividendi ai soci. Ma proprio questa mancanza di fondi ha innescato una discussione, non ancora risolta, sulla gestione del dopo Expo.

È lo stesso cda che chiede ai soci di chiarire se l'oggetto sociale della Expo spa sia da considerarsi concluso con la fine dell'evento o, come sostiene il collegio sindacale con parere del magistrato della Corte dei Conti, quando terminerà l'attività del "dismantling" dei padiglioni dei Paesi partecipanti, cioè a giugno quando si dovrà consegnare il sito alla società Arexpo, proprietaria dei terreni. Per l'attività di questi sei mesi il budget di spesa preventivato è di 58 milioni e non è ancora chiaro chi se ne dovrà far carico. Sala, forte anche di un parere dell'Anac di Raffaele Cantone, tende a dire che la sua gestione si è chiusa il 31 dicembre 2015 (ha già dato le dimissioni), e che l'attività che Expo sta svolgendo rappresenta un anticipo ad Arexpo per il futuro del sito. Ma l'assemblea, in maniera pilatesca, non ha chiarito la controversia. Da una parte ha messo in liquidazione la società segnando quindi una discontinuità rispetto al 31 dicembre, ma allo stesso tempo "ha autorizzato l'esercizio provvisorio dell'impresa ivi compresa l'attività derivante dagli impegni già assunti o in fase di perfezionamento" con il fine della conservazione del valore dell'azienda. A ciò si è aggiunta l'iniziativa del Fast post Expo, fortemente voluta da Roberto Maroni, che prevede di riaprire alcune parti del sito di Rho a maggio per ospitare la Triennale del Design.

Questa confusione non può che riflettersi nella situazione finanziaria di Expo spa che a fine giugno si prevede abbia cassa negativa per 88,4 milioni, senza contare l'attività di smantellamento ma tenendo in conto la liquidazione di tutto il personale. Deve però incassare 86 milioni da Arexpo per il valore residuo delle opere e pagare
una serie di fornitori. Per chiudere il tutto in bonis i soci Expo saranno chiamati a breve a versare 48 milioni aggiuntivi. Se questi 48 milioni in più si devono accollare alla gestione Sala allora il bilancio finale dell'evento non potrà più essere considerato a patrimonio netto positivo. Se invece sono da considerarsi degli anticipi sull'attività futura, allora Sala potrà continuare a rivendicare l'esito economicamente positivo dell'evento.

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