12 set 2015

Gli oncologi: "Cambiare il modello di cura dei pazienti guariti da più di 5 anni"

Gli oncologi: "Cambiare il modello di cura dei pazienti guariti da più di 5 anni"


di MAURIZIO PAGANELLI per RepubblicaSalute.it

L'ipotesi di costituire una rete informativa tra paziente, medico di base e specialista. Anche per risparmiare decine di milioni di euro

ROMA - Prendersi cura dei tre milioni di pazienti che escono dalla fase acuta del tumore: una sfida che può avere un effetto virtuoso sul sistema sanitario. Ma come e chi deve seguire i pazienti dopo i trattamenti, quelli con sopravvivenza a 5 anni, i "lungosopravviventi", i "cronicizzati" e, ora si può dire, i guariti? Oggi i pazienti restano "in carico" all'oncologo per un tempo indefinito.
E' logico e utile per il paziente? Una proposta e una risposta arriva dall'appuntamento romano organizzato da Aiom (associazione oncologia medica), sponsor Novartis oncology, e dal lavoro avviato da anni insieme a medici di medicina generale (Simg) e varie società scientifiche e associazioni di pazienti: un percorso comune tra territorio e ospedale per la cura della persona guarita, quello che negli Usa si chiama "survivorship care". 
 
Percorso di cura. Il modello contenuto in un documento di consenso firmato da 10 sigle che operano nell'oncologia, parla di una rete informatica (il fascicolo sanitario elettronico è condizione sine qua non) per la sorveglianza clinica dopo il tumore, differenziata e mirata alla persona e alle sue specifiche caratteristiche, che vede il medico di famiglia riorganizzarsi insieme all'oncologo per reciproci invii e controlli. Paziente informato (dice il presidente Aiom, Carmine Pinto, "su tipo e durata dei controlli"), medico di famiglia avvertito ("un file o una lettera con informazioni precise sul programma di follow up e con l'indicazione dello specialista di riferimento in caso di dubbi"), oncologo "disponibile" ("una via preferenziale nel caso vi sia sospetto di recidiva").
Un percorso virtuoso, attento anche alle problematiche psicologiche, riabilitative e socio-lavorative, in modo da ottimizzare l'assistenza e diminuire i tassi di ospedalizzazione durante la sorveglianza clinica. E soprattutto individuare prima possibile le ricadute e gli effetti anche a lungo termine della tossicità dei trattamenti farmacologici.
 
La spesa. In un quadro di risparmi e di attenzione alla appropriatezza delle cure, si è visto che i costi reali delle visite di controllo in oncologia, pari a 400 milioni di euro l'anno, superano di 10 volte quelli previsti (40 milioni). Perchè? Vengono prescritti troppo spesso esami inutili e la comunicazione tra specialista e medico di famiglia risulta scarsa.
Silvia Francisci dell'Istituto Superiore di Sanità ha presentato alcuni dati ( un lavoro compiuto insieme a Stefano Guzzinati del Registro tumori Veneto e Antonio Russo , Registro tumori provicia di Milano) riportando i dati sui costi reali nei primi due anni dalla diagnosi di tumore alla mammella, assai maggiori a quelli attesi in base alle linea guida. E questo a causa "soprattutto di esami inappropriati": a fronte di 200 euro previsti, i costi oscillano tra i 1600 e i 2000 euro. E non è solo sul tumore alla mammella: tutti i tumori principali (polmone, colon-retto, prostata) hanno spese sovradimensionate senza una contropartita in maggior salute.

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