L’ondata d’afa eccezionale di questi giorni? È l’effetto del riscaldamento globale
Di
LUCA
MERCALLI per http://www.lastampa.it
Mi
potrebbe spiegare la relazione fra meteorologia e climatologia? In
particolare, che relazione c’è fra l’attuale anticiclone
africano e il cosiddetto “global warming”?
Gianni
Garrone
La
meteorologia si occupa di fenomeni a breve-medio termine, diciamo una
decina di giorni. È la scienza della previsione del tempo: domani
farà caldo, tra una settimana tireremo il fiato.
La
climatologia è una scienza sorella della meteorologia che amplia lo
sguardo sul passato e sul futuro in tempi molto più lunghi, decenni,
secoli, centinaia di migliaia d’anni, e mette insieme le dinamiche
di tutti i sistemi terrestri che sul lungo termine determinano il
clima: composizione dell’atmosfera, correnti oceaniche, ghiacci
polari, radiazione solare, eruzioni vulcaniche, attività della
biosfera e ovviamente anche dell’uomo. Un solo evento meteorologico
anche estremo ma isolato non può essere considerato un sintomo di
cambiamento climatico, ma quando la frequenza e l’intensità
aumentano, allora diviene un indicatore affidabile. Dopo il 2003 le
ondate di caldo eccezionale di matrice africana, quasi inedite per
oltre 200 anni di osservazioni italiane ed europee, sono andate
infittendosi e ora possono essere ritenute un inequivocabile effetto
del riscaldamento globale.
Caro
Professore, amando in modo assoluto più il freddo del caldo, con
interesse ho letto l’articolo sulla Stampa di qualche giorno fa a
proposito della nuova mini glaciazione prevista per il 2030. Ho 67
anni, ma mi vedo già a 82 volteggiare lieve con i pattini sul Po e
sciare al Valentino ed al Monte dei Cappuccini come quando ero
bambina! Non è la prima volta che gli scienziati annunciano un
fenomeno di questo genere, se non erro un piccolo periodo glaciale
era stato previsto per gli anni attuali! Incomincerebbe tutto d’un
tratto o avremmo prima delle avvisaglie, non vorrei farmi cogliere
impreparata, devo fare le lamine agli sci e le lame ai pattini.
Tiziana
Nasi
Ho
letto, di recente, che dal 2030, a causa di una riduzione della
radiazione solare, ci sarà una mini era glaciale con diminuzione
della temperatura media anche di 10 gradi. È una notizia attendibile
o è allarmistica?
R.
Modena
Ecco
come una notizia farlocca è in grado di rovinare anni di
comunicazione climatica rigorosa e documentata! Come sempre ci vuole
un minuto a spararla grossa e un giorno per spiegare come stanno
veramente le cose.
Tutto
nasce da uno studio di Valentina Zharkova della Northumbria
University presentato al National Astronomy Meeting di Llandudno,
Galles, secondo il quale verso il 2030 l’attività solare potrebbe
diminuire del 60%.
Primo
punto: è un modello di previsione del comportamento del sole, su cui
sappiamo pochissimo. Gli stessi astrofisici si limitano a dire:
vedremo, per ora nessun modello predittivo della dinamica solare ha
dato risultati affidabili (al contrario i modelli di simulazione
climatica sulla nostra Terra, che conosciamo molto più da vicino,
stanno fornendo risultati molto attendibili).
Secondo
punto: la confusione tra “attività solare” (numero di macchie
solari) e “radiazione solare” (watt al metro quadro). Se la
radiazione del sole diminuisse del 60%, altro che mini glaciazione,
la Terra diventerebbe una palla di ghiaccio. Infatti l’articolo
originale precisa che a tale imponente diminuzione dell’attività
corrisponderebbe una molto più piccola diminuzione della radiazione,
simile a quella rilevata durante la Piccola Età Glaciale, periodo
fresco tra il 1300 e il 1850, nel quale la temperatura media di
alcune zone del pianeta tra cui l’Europa scese di meno di un
grado.
Dunque
per analogia ecco i voli pindarici verso la previsione di possibile
mini glaciazione.
Terzo
punto: oggi sappiamo che la Piccola Età Glaciale è stata solo in
parte causata dalla diminuzione di attività/radiazione solare, e in
massima parte amplificata da una straordinaria frequenza di eruzioni
vulcaniche che hanno opacizzato l’atmosfera (si sono ritrovati i
livelli di ceneri nei carotaggi di ghiaccio polare). Quindi ammesso
che tra 15 anni ci sia questa riduzione comunque modesta dell’energia
in arrivo dal sole, sappiamo che, in assenza di concomitanti eruzioni
vulcaniche, causerebbe un raffreddamento ancora inferiore di quello
osservato in passato.
Quarto
punto: stiamo correndo in direzione opposta, la temperatura globale
sta infatti aumentando in seguito alle emissioni di gas serra che
hanno raggiunto concentrazioni mai viste in un milione di anni,
infatti - sempre i carotaggi di ghiaccio polare - ci dicono che la
concentrazione di CO2 del passato non ha mai superato le 300 parti
per milione, mentre oggi siamo a 400. Un lavoro di Sarah Ineson del
Servizio Meteo Britannico pubblicato un mese fa su Nature (Regional
climate impacts of a possible future grand solar minimum), conclude
che “ogni riduzione della temperatura globale dovuta a un futuro
declino dell’attività solare sarà verosimilmente una piccola
frazione del previsto riscaldamento antropogenico”.
Insomma,
concludo questa lunga (ma ancora superficiale) risposta con una
metafora: avete la febbre a 40, andate dal medico, vi dice che avete
gli esami del sangue sballati e dovete smettere di bere e fumare, ma
voi confidando sul fatto che tra 15 anni inventeranno una sigaretta
benefica e un alcol che non fa male al fegato, continuate
imperterriti a far festa! Nessun minimo solare ci salverà dalle
nostre emissioni, ma solo la nostra responsabilità. Quindi - da
grande amante del freddo, della neve e del ghiaccio quale sono pure
io - mi tocca purtroppo realisticamente lasciar perdere le nuove
lamine agli sci.
Luca
Mercalli, climatologo e docente di sostenibilità e comunicazione
ambientale, presiede la Società meteorologica italiana e dirige la
rivista «Nimbus», occupandosi di divulgazione per «La Stampa» e
«RAI3», dove conduce «ScalaMercalli». Tra i suoi libri: «Che
tempo che farà» (Rizzoli) e «Prepariamoci» (Chiarelettere)
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