Frutta e verdura dall’acqua di mare La serra galleggiante a impatto zero
di Massimiliano
Del Barba per http://corriereinnovazione.corriere.it
Jellyfish
Barge grazie ai pannelli solari dissala l’acqua per la coltivazione
idroponica
Marco Gualtieri, ceo di Seeds&Chips: il sindaco di
New York le vuole sul fiume Hudson
Non
cancellerà la fame del mondo. Ma la direzione è quella. Soprattutto
perché sfrutta l’elemento forse oggi culturalmente più distante
da ciò che l’immaginario collettivo associa al concetto di risorsa
alimentare. E cioè l’acqua salata del mare.
La
struttura
Un
tronco di piramide retto da un’intelaiatura di legno e vetro delle
dimensioni di 70 metri quadrati appoggiato su otto fustini di
plastica riciclata che gli permettono di galleggiare. A prima vista
la Jellyfish Barge della toscana Pnat ricorda quelle architetture
post-apocalittiche alla Mad Max o Waterworld: praticamente il
monolocale ideale per un’eredità distopica dove la decrescita
(infelice) ha spinto via l’ecumene da una terra ormai arida e
inospitale verso l’incerto orizzonte oceanico. In realtà ciò che
fra Pisa e Firenze un pugno di biologi e architetti s’è inventato
è qualcosa di molto meno fantascientifico e molto più concreto:
coltivare frutta e verdura in mare.
L’autonomia
Una
serra, quindi. Ma a impatto zero: capace cioè di vivere e di
vegetare senza nemmeno un granello di terra. La chiave di volta è il
sistema di dissalazione dell’acqua che, azionato dai pannelli
solari, è in grado di produrre 150 litri di acqua dolce al giorno e
di nutrire le piante, le quali vengono coltivate con la tecnica
idroponica. Il che permette di sostituire nei vasi la (preziosa)
terra con un sostrato inerte di argilla.
Il
modello
Jellyfish,
cioè medusa. Il nome risale al primo prototipo della serra,
presentato nel 2012 alla Biennale di Architettura di Venezia. «Da
allora — raccontano gli architetti Cristiana Favretto e Antonio
Girardi — il progetto ha subìto evidenti cambiamenti, ma il
concetto alla base è rimasto: realizzare un ecosistema seguendo le
indicazioni di sostenibilità e adattabilità al cambiamento che la
natura stessa ci suggerisce».
Il
team
Progetto
multidisciplinare fin dall’inizio, dato che Pnat è uno spin-off
dell’Università di Firenze e molta della tecnologia di bordo è
stata implementata da Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio
internazionale di Neurobiologia vegetale, il vero cambio di marcia,
per la Jellyfish Barge, è però avvenuto dopo l’incontro con Marco
Gualtieri, ceo di Seeds&Chips, il salone dedicato alle startup
della filiera agroalimentare. Un colpo di fulmine, tanto che il guru
ha immediatamente voluto in squadra gli startupper toscani. «L’idea
— spiega Gualtieri — ci è piaciuta alla prima occhiata, in
particolare per il suo potenziale. Le dimensioni ridotte e la
struttura modulare della zattera — l’assunto di fondo è proprio
quello di affiancare diversi moduli per creare una piccola comunità
galleggiante, ndr — rendono la serra adatta a canali, darsene e
luoghi acquatici poco proficui come le coste su cui si affacciano le
grandi città».
Il
futuro
Non
a caso la Jellyfish Barge, il prossimo settembre, dopo la sua
presentazione ufficiale alla Darsena di Milano nelle prossime
settimane (si attende solo il via libera di Palazzo Marino), entrerà
nella lista delle startup curate dall’incubatore del Padiglione
americano di Expo. «Abbiamo presentato il prodotto a Bill de Blasio,
il sindaco di New York, il quale sta pensando di inserire le serre
nel progetto di riqualificazione del tratto metropolitano
dell’Hudson» conclude Gualtieri. Delle venti città più grandi
del mondo, 18 si affacciano sul mare: la vita è da sempre giunta dal
lì e il mayor della Grande Mela pare abbia intuito quanto futuro sia
in grado di assicurare una medusa di legno e vetro ormeggiata poco
distante dal bagnasciuga.
mdelbarba@corriere.it
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