29 apr 2015

Expo, il racconto multimediale dei contadini d'Israele che coltivano il deserto

Expo, il racconto multimediale dei contadini d'Israele che coltivano il deserto

Lo spazio è un laboratorio aperto. Campi virtuali e video in una stanza buia mostrano la rinascita del grano della Bibbia. A fine percorso il ristorante propone hummus, falafel e insalate in formula pic-nic
di ALESSIA GALLIONE per Repubblica.it

ilot: in capanne di fango seccato costruite con l'aggiunta di sacchetti di plastica e fibre che proteggono dal calore e che potrebbero sorgere in un paesaggio africano, grazie al sole si è immaginato come cucinare con poche risorse o produrre biogas dai rifiuti della cucina. Esperienze da condividere. In Israele, in una scuola dove ogni anno arrivano a imparare ragazzi dall'Indonesia, dall'Etiopia o dal Sudan. E lungo il decumano, tra i padiglioni di Expo.

Vuole presentarsi come un laboratorio aperto, lo spazio israeliano. Dove mostrare le conoscenze acquisite. I visitatori che varcheranno le porte dell'edificio incontreranno subito attori e performer, ma soprattutto saranno immersi in una prima stanza con le pareti ricoperte di schermi. La multimedialità è la chiave. Sarà la prima mostra che racconterà l'esperienza, appunto, di tre generazioni di contadini riusciti a coltivare il deserto.

Una sezione dell'esposizione è dedicata alla foresta che il Keren Kayemeth Lelsrael - il fondo nazionale per lo sviluppo che si occupa di ambiente e riforestazione - ha creato piantando in 70 anni 240 milioni di alberi. Qualche passo ancora e si entrerà in un'altra stanza, immergendosi nel buio. Sul soffitto apparirà un campo virtuale e filmati per raccontare quattro diversi progetti ad alto contenuto tecnologico: il grano della Bibbia - il Super wheat, lo chiamano - fatto tornare dal passato senza utilizzare Ogm, le tecniche di agricoltura 3.0, un sistema di irrigazione in Africa e un centro di mungitura sperimentale creato in Asia.

Alla fine del tour, si uscirà all'aperto dove si troverà il ristorante del padiglione, che servirà menù con i più classici hummus, falafel e insalate. La formula, messa a punto dagli chef dei ristoranti di Gerusalemme e Tel Aviv, è quella del pic-nic. I turisti potranno prendere il cestino e mangiare seduti ai tavoli, o spostarsi nel giardino vicino tra alberi e panchine. Al primo piano: una terrazza affacciata su Palazzo Italia e sull'Albero della vita, lo spazio dove durante i sei mesi saranno organizzati incontri, mostre, conferenze e 'feste'. Ancora una volta, un mix di storia e futuro.




Come il messaggio racchiuso nel logo del padiglione sviluppato dal ministero degli Affari Esteri e dalla web company israeliana IsayWeb. Ruota attorno a una reinterpretazione della parola 'Verità', eimet in ebraico. Il segno 'aleph' ha le tonalità del blu e rimanda all'acqua, il primo ingrediente dell'agricoltura. 'Mem', lettera centrale dell'alfabeto, è rappresentata in verde come 'un cespuglio rigoglioso' che ricorda la riforestazione di Israele. 'Tav' - l'ultimo carattere - è in giallo, il colore del sole e del deserto. L'ispirazione è arrivata dal Commissario generale del padiglione Elazar Cohen e da un verso della preghiera per la pace e la Giustizia nei canti di Re David nella Bibbia (Salmi 85-12): "La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo".

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