L’inganno
dei Cinquestelle
nei confronti dei giovani
Il
bene comune evocato nei programmi cinquestelle manca in realtà di un
progetto ampio
Dialogare
con i romani oggi, significa avere a che fare con pochi entusiasti e
tantissimi disillusi, che a loro volta si dividono in rassegnati,
indifferenti, o semplicemente animati da una strana passione
negativa. I dati del primo turno sono qui a confermarcelo, tra i
tristemente appassionati, vi sono i giovani e la loro profonda
estraneità alla politica (chi scrive ha vent’anni), presa com’è
da una crisi di conformismo inedita.
Proviamo
però a ragionare sulla realtà. Stando all’analisi del voto resa
da Swg, le tendenze anagrafiche sono chiare: i giovani evitano il Pd
e votano M5S. Secondo IPR Marketing, la tendenza sarebbe addirittura
progressiva fino ai 55 anni, per poi invertirsi di colpo: Virginia
Raggi pescherebbe l’11% del suo consenso tra i 18-24, il 16% tra i
24-35, il 23 tra i 35-44 e il 26 tra i 44-54. Segue il crollo al 15%
nella fascia dai 55 anni in su.
Cosa
dedurne? Anzitutto un diverso ethos generazionale, qualcosa di più
di una semplice tendenza giovanile alla radicalità. Ripulito del
messaggio distruttivo, il programma della Raggi, e in generale dei
Cinquestelle, attribuisce una fortissima centralità alle idee di
servizio pubblico e tutela dell’ambiente. Nientemeno che le
risposte a disuguaglianza, consumo feroce del mondo (in questo caso
delle città), polverizzazione dei tempi di vita, in ultima analisi
alla precarizzazione delle cose.
Esiste
nel messaggio Raggi un radicale richiamo a quel che a sinistra
abbiamo sempre chiamato bene comune, un’idea che abbiamo affinato
nel tempo dotandola di un’organizzazione (il partito) e di un
metodo improntati alla libertà. Cose che mancano all’interno dei
Cinquestelle, come del resto emerge dalla cronaca.
Secondo
aspetto su cui aprire una riflessione, magari più in là, è la
piega tutta particolare che prende la personalizzazione politica nel
M5S, altra faccia della difficoltà che viviamo noi democratici a
farci percepire come autentici (quindi affidabili) tra le fasce più
“esposte” al futuro.
Fin
qui tutto bene, ma dov’è il trucco cinquestelle? Perché un trucco
c’è ed è nel come. Un segreto che impariamo ogni giorno nella
difficoltà della militanza politica territoriale. La politica
infatti non vive di soli istanti, come ci si vorrebbe far credere, ma
di impegno a lungo termine, vive della garanzia di un progetto ampio.
Un voto arrabbiato e “istantaneo” infatti non potrà che
esaurirsi in un rappresentante lontano, probabilmente incapace di
gestire le contraddizioni del governo territoriale.
Non
è un caso che ricorra l’espressione di rappresentante “a tempo”
; è cugina della formula “a uso e consumo”. E vien da chiedersi:
a consumo di chi? In altri termini, c’è qualcosa di profondamente
immorale nel costruire una proposta di governo sul fatalismo e
sull’indifferenza, senza aspirare a sublimarle.
Che
fare dunque? Quel che abbiamo provato e che continueremo a fare. Fare
e farsi carico di chi non ci crede mettendolo al centro del nostro
progetto politico. Comprendendo necessità e bisogni di chi non ci
vuole. In questo caso i nostri coetanei.
Potrà
sembrare ingenuo, ma la chiave è spesso nelle cose essenziali. È
ragionando sui margini veri (sociali, politici, culturali), è stando
tra le persone, che la politica può tornare a perseguire le sue più
nobili aspirazioni. Solo una riflessione e un’azione improntate
alla solidarietà possono allontanare le passioni tristi che in
questo periodo prevalgono dentro e fuori di noi.
di
Giacomo Perini e Benedetta Rinaldi Ferri per L' Unità.TV
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