Ecco come funziona il parte-time per i lavoratori vicini alla pensione
Firmato
il decreto. Poletti: “Emendamento per escludere interventi su
reversibilità”
Lavorare
meno negli anni che precedono immediatamente la pensione è
un’esigenza avvertita da molti. Ma adesso diventa anche
un’opportunità più concreta dopo quanto accaduto ieri al
ministero del Lavoro, con la firma da parte di Giuliano
Poletti sul
decreto che disciplina le modalità di una norma introdotta dalla
legge di Stabilità 2016, quella che prevede l’introduzione di un
contratto di part-time agevolato per i lavoratori che raggiungeranno
i requisiti per la pensione di vecchiaia nel 2018.
La
possibilità, appunto, di un’uscita “soft” dal lavoro. 63 anni
e 7 mesi In pratica, secondo quanto previsto dal decreto attuativo,
chi nel 2015 ha compiuto 63 anni e 7 mesi di età (è nato quindi
prima del maggio 1952) e ha almeno 20 anni di contributi versati
potrà accordarsi con il datore di lavoro per un contratto di
part-time agevolato sia sul fronte del contributi che della
retribuzione. Un’opzione che per le donne appare però esclusa dato
che le lavoratrici del settore privato nate nel 1951 sono già andate
in pensione nel 2012 grazie alla “finestra mobile”, mentre quelle
nate nel 1952 faranno lo stesso entro quest’anno in virtù di
quanto previsto dalla riforma Fornero, con lo scopo di evitare per
questa classe “una rincorsa” della pensione fino al 2018.
Le
nate nel 1953, invece, non potranno comunque utilizzare l’opzione
dato che raggiungeranno i requisiti per la vecchiaia dopo la fine del
2018. In particolare, il decreto appena firmato sul part-time prevede
la possibilità di stipulare un contratto conveniente per il
lavoratore vicino alla pensione che voglia ridurre la sua presenza in
azienda. È infatti possibile diminuire l’orario tra il 40% e il
60% ricevendo però ogni mese in busta paga, in aggiunta alla
retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai
contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla
retribuzione per l’orario non lavorato.
Inoltre,
per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato
riconosce al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente
alla prestazione non effettuata. In questo modo il lavoratore
percepirà l’intero importo della pensione, senza alcuna
penalizzazione.
Trattandosi
di una nuova modalità contrattuale, e non essendo ancora chiare le
dimensioni della platea che deciderà di utilizzarla, la
contribuzione figurativa, commisurata alla retribuzione
corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata, viene
riconosciuta nel limite massimo di 60 milioni di euro per il 2016
(120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018). Raggiunta questa
cifra non saranno prese in considerazione nuove istanze. Sempre ieri,
il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha assicurato la
presentazione di un emendamento per escludere dal riordino degli
interventi di contrasto alla povertà le prestazioni di natura
previdenziale in generale, non solo le pensioni di reversibilità ma
anche le integrazioni al minimo. «Ciò che è previdenza è fuori –
ha detto il ministro – ciò che è assistenza è dentro». Una
precisazione in seguito ad un passaggio ambiguo nel testo del Def:
«C’è stato un “errore tecnico” che sarà corretto»
di
Marco Ventimiglia per L' Unità.TV
Nessun commento:
Posta un commento