21 apr 2016

Con l’indecente accusa a Napolitano Travaglio supera i limiti

Con l’indecente accusa a Napolitano
 Travaglio supera i limiti
Il direttore del Fatto Quotidiano accusa l’ex Presidente di essere il responsabile della tragica morte di Loris D’Ambrosio
Si può dire e scrivere tutto, e infatti si scrive e si dice tutto: ma a volte, non per autocensura ma per dignità, non si dovrebbero oltrepassare certi confini. Oggi Marco Travaglio l’ha fatto, accusando in sostanza Giorgio Napolitano di essere il responsabile della tragica morte di Loris D’Ambrosio, suo consigliere giuridico al Quirinale. E’ un’accusa terribile, dolorosa prima che infamante, e non possiamo che stringerci intorno al presidente emerito, che sappiamo aver sofferto molto per quella terribile vicenda e al quale va tutta la nostra solidarietà umana prima che politica.


D’Ambrosio morì il 26 luglio 2012 per un attacco cardiaco, all’indomani della pubblicazione di un frammento d’intercettazione in cui parlava con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, a sua volta indagato nell’inchiesta, poi dimostratasi largamente fantasiosa, sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il mese prima aveva rassegnato le dimissioni, ma Napolitano le aveva subito respinte.


La brutale tesi di Travaglio – ci limitiamo a riportare quanto ha scritto oggi, perché non riusciamo a trovare le parole adatte per un commento – è questa: Napolitano “preferiva non sapere” o “già sapeva tutto” degli “indicibili accordi” [tra Stato e mafia] di cui aveva parlato D’Ambrosio nella sua lettera di dimissioni; “la sola certezza è che Napolitano intimò alla Consulta di ordinare il falò delle sue telefonate con Mancino e fu prontamente accontentato.


E ora, mentre invoca la legge bavaglio, piagnucola perché uscirono solo ‘pezzi’ di intercettazioni”; “che ne dice l’emerito – prosegue Travaglio – di pubblicare lui stesso le sue telefonate con Mancino? Forse, se fossero uscite subito, D’Ambrosio avrebbe potuto dimostrare che aveva solo obbedito agli ordini: quindi la colpa non era sua, ma del presidente. E, ammesso e non concesso che sia morto per le sue intercettazioni, con quelle di Napolitano magari sarebbe ancora vivo”.


Fine dell’articolo, e fine della decenza.
di Fabrizio Rondolino per L' Unità.TV


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