Le 10 bugie del Fatto sugli aiuti del governo alle banche
Il quotidiano di Travaglio continua a raccontare falsità, questa volta sull’anatocismo bancarioIl Fatto Quotidiano, ieri con un secondo articolo, continua a parlare dell’emendamento sull’anatocismo bancario, come al solito riportando diverse inesattezze, se non proprio falsità. L’approvazione dell’emendamento Pd è un passo avanti rispetto alla situazione attuale che ha comportato il costante ricorso al contenzioso. Proprio in questo senso l’incipit “presto arriverà una risposta nel merito” al primo articolo del Fatto, era riferito al concreto vantaggio che imprese e consumatori potranno toccare con mano rispetto ad una situazione ancora non risolta e che li obbliga ad andare in tribunale. Un emendamento che contiene solo vantaggi per i consumatori e specularmente solo svantaggi per le banche.
Il
Fatto, invece, continua a raccontare falsità e a perseverare
volutamente in errori, col solo scopo di screditare il Pd accusandolo
di agevolare le banche. Ma andiamo con ordine.
1
– Do
uno scoop al Fatto: l’emendamento è stato preparato con gli uffici
del Gruppo parlamentare Pd, la riformulazione del relatore è stata
oggetto di più “riformulazioni” fino ad arrivare ad un testo
condivisibile dai consumatori. Il tutto nei tempi normali previsti
dall’iter parlamentare. Le fonti anonime del Fatto, che riferiscono
che l’emendamento sia stato scritto dalle grandi banche sono fonti
bugiarde. Conosco la considerazione che ha il Fatto dei politici, ma
è sempre utile al buon giornalismo confrontarsi con l’estensore di
una proposta che si intende raccontare, invece di raccogliere fango
in giro.
2
– Il
Fatto dovrebbe spiegare come i “due miliardi l’anno” riportati
in un primo momento come frutto del calcolo trimestrale degli
interessi diventano poi, per via di un emendamento Pd che stabilisce
definitivamente il calcolo annuale, un regalo alle banche. Insomma i
conti non tornano o al Fatto non li sanno fare.
3
– Purtroppo,
e ripeto purtroppo, a differenza di quel che dice il Fatto, che
racconta di sentenze tutte a favore dei clienti, i tribunali si sono
divisi su due letture dell’attuale secondo comma dell’art. 120
del TUB, per alcune immediatamente produttivo di effetti dal 1
gennaio 2014 (vedi Trib. Milano, 5.8.2015 Trib. Biella, 7.7.15 Trib.
Cuneo, 29.6.15) per altre no perché sarebbe necessaria la famosa
delibera Cicr, quella mai arrivata (vedi Trib. Torino, 12.6.15 Trib.
Parma, 30.7.15 Trib. Cosenza, 27.5.15). Anzi è proprio con
l’emendamento approvato che si fa definitiva chiarezza sul fatto
che gli interessi devono essere annuali e non solo per l’attività
bancaria, ma anche per i finanziamenti a valere sulle carte di
credito.
4
– Infatti
è solo grazie al Pd che rispetto alle ipotesi circolate nei mesi
scorsi sono state aggiunte anche le cosiddette “carte revolving”
(quelle che hanno un plafond prefissato e che dopo un grosso
acquisto, consentono una restituzione rateale nel tempo) nel
conteggio annuale degli interessi. Si è evitato così che le banche
potessero ottenere comunque interessi trimestrali spostando su questi
strumenti il credito al consumo, come accade in alcuni paesi dove si
arriva ad essere titolari anche di 10 carte di questo tipo, con
gravissime conseguenze sulle finanze personali. Ed ecco così
sbugiardata ancora la favoletta del favore alle banche.
5
– Va
svelato al Fatto il segreto di pulcinella: gli interessi di mora
esistono in ogni tipo di obbligazione, anche per il ritardato
pagamento della bolletta elettrica o della fattura del carrozziere. A
questi si applica il codice civile non il testo unico bancario. 6) Le
sentenze della Corte costituzionale non si citano a casaccio, e al
Fatto che si occupa prevalentemente di questioni giudiziarie
dovrebbero saperlo. La sentenza cui si riferisce probabilmente il
Fatto è la n. 78 del 2012 relativa alla cancellazione di una norma
inserita in un milleproroghe del 2010 che di fatto annullava gli
effetti della sentenza n. 24418, emessa dalle Sezioni Unite di
Cassazione il 2 dicembre 2010, che riconosceva al correntista
debitore il diritto di recupero, dalla data di inizio del rapporto e
sino alla chiusura, di tutti gli indebiti pagamenti ricevuti dalla
banca con gli addebiti trimestrali di illecite competenze. Una
sentenza che quindi riguarda termini e prescrizioni in ambito di
rapporti bancari e solo incidentalmente l’anatocismo. Del resto se
la Consulta avesse dichiarato illegittimo nel 2012 l’anatocismo
come sostiene il Fatto, oggi non saremmo qui a scriverne.
7
– L’anatocismo
aldilà del suo significato letterale, come anche confermato da
diversi comunicati dell’Adusbef, che vedo essere tra le
associazioni più agguerrite contro una norma a vantaggio dei
consumatori, è la pratica della “capitalizzazione trimestrale
dell’interesse” (cito il comunicato
http://www3.adusbef.it/consultazione.asp?Id=8520&C=B ), pratica
ben radicata nelle banche italiane che l’emendamento ha cancellato
stabilendo che gli interessi devono essere annuali. Quindi non
capisco in cosa il PD l’avrebbe ripristinato, piuttosto qualcuno
deve mettersi d’accordo con se stesso o comprendere bene le
conseguenze di ciò che afferma.
8
– L’emendamento
ha infatti stabilito che il cliente avrà tempo per pagare gli
interessi debitori fino al 1 marzo dell’anno successivo a quello in
cui sono maturati, cioè l’impresa potrà prima far fronte con la
propria liquidità ad altre emergenze poi pagare gli interessi, e
solo e soltanto se non pagati e proprio per continuare ad avere una
operatività il cliente può autorizzare l’addebito in sorte
capitale, proprio come si trattasse di un nuovo affidamento. Chi
sostiene che questo non sia un vantaggio deve anche spiegare quale
sarebbero le conseguenze: la mancata concessione del credito se non a
fronte di enormi garanzie collaterali, il blocco dell’operatività
con segnalazioni alla centrale rischi fino al ripianamento di tutti
gli interessi non pagati, o peggio la richiesta di rientro immediato
dello scoperto con conseguente eventuale pignoramento, con
l’impossibilità di aprire altre linee di credito con altre banche.
9
– Inoltre
l’emendamento ha stabilito che gli interessi creditori, quelli a
favore del cliente, sono disponibili sul conto immediatamente, cioè
il 1 gennaio di ogni anno, non due mesi dopo. E se il cliente non
preleverà le somme frutto di interessi queste inizieranno a produrre
nuovi interessi creditori a suo favore.
10
– La
maggior parte delle associazioni dei consumatori ha valutato
positivamente la nuova norma, soffermandosi sui complessivi vantaggi
che avrà per i cittadini. Approfitto di questo spazio per rispondere
ad una questione che è emersa: se l’emendamento troverà
applicazione anche nel caso del nuovo istituto del prestito vitalizio
ipotecario. La risposta è affermativa ed eventuali norme attuative
dovranno adeguarsi al nuovo regime. Concludendo, dunque, le banche
rispetto ad oggi avranno un vantaggio dalla norma? No. Invece imprese
e consumatori avranno un vantaggio? SI. Continuo a pensare che tutto
sia migliorabile, e che quello dei sostenitori del “meglio niente
che poco” sia un pessimo atteggiamento, che ha contribuito a tenere
bloccato il Paese.
Di
Sergio Boccadutri per L' Unità.TV
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