22 mar 2016

Le 10 bugie del Fatto sugli aiuti del governo alle banche

Le 10 bugie del Fatto sugli aiuti del governo alle banche

Il quotidiano di Travaglio continua a raccontare falsità, questa volta sull’anatocismo bancario

Il Fatto Quotidiano, ieri con un secondo articolo, continua a parlare dell’emendamento sull’anatocismo bancario, come al solito riportando diverse inesattezze, se non proprio falsità. L’approvazione dell’emendamento Pd è un passo avanti rispetto alla situazione attuale che ha comportato il costante ricorso al contenzioso. Proprio in questo senso l’incipit “presto arriverà una risposta nel merito” al primo articolo del Fatto, era riferito al concreto vantaggio che imprese e consumatori potranno toccare con mano rispetto ad una situazione ancora non risolta e che li obbliga ad andare in tribunale. Un emendamento che contiene solo vantaggi per i consumatori e specularmente solo svantaggi per le banche.
Il Fatto, invece, continua a raccontare falsità e a perseverare volutamente in errori, col solo scopo di screditare il Pd accusandolo di agevolare le banche. Ma andiamo con ordine.
1 – Do uno scoop al Fatto: l’emendamento è stato preparato con gli uffici del Gruppo parlamentare Pd, la riformulazione del relatore è stata oggetto di più “riformulazioni” fino ad arrivare ad un testo condivisibile dai consumatori. Il tutto nei tempi normali previsti dall’iter parlamentare. Le fonti anonime del Fatto, che riferiscono che l’emendamento sia stato scritto dalle grandi banche sono fonti bugiarde. Conosco la considerazione che ha il Fatto dei politici, ma è sempre utile al buon giornalismo confrontarsi con l’estensore di una proposta che si intende raccontare, invece di raccogliere fango in giro.
2 – Il Fatto dovrebbe spiegare come i “due miliardi l’anno” riportati in un primo momento come frutto del calcolo trimestrale degli interessi diventano poi, per via di un emendamento Pd che stabilisce definitivamente il calcolo annuale, un regalo alle banche. Insomma i conti non tornano o al Fatto non li sanno fare.
3 – Purtroppo, e ripeto purtroppo, a differenza di quel che dice il Fatto, che racconta di sentenze tutte a favore dei clienti, i tribunali si sono divisi su due letture dell’attuale secondo comma dell’art. 120 del TUB, per alcune immediatamente produttivo di effetti dal 1 gennaio 2014 (vedi Trib. Milano, 5.8.2015 Trib. Biella, 7.7.15 Trib. Cuneo, 29.6.15) per altre no perché sarebbe necessaria la famosa delibera Cicr, quella mai arrivata (vedi Trib. Torino, 12.6.15 Trib. Parma, 30.7.15 Trib. Cosenza, 27.5.15). Anzi è proprio con l’emendamento approvato che si fa definitiva chiarezza sul fatto che gli interessi devono essere annuali e non solo per l’attività bancaria, ma anche per i finanziamenti a valere sulle carte di credito.
4 – Infatti è solo grazie al Pd che rispetto alle ipotesi circolate nei mesi scorsi sono state aggiunte anche le cosiddette “carte revolving” (quelle che hanno un plafond prefissato e che dopo un grosso acquisto, consentono una restituzione rateale nel tempo) nel conteggio annuale degli interessi. Si è evitato così che le banche potessero ottenere comunque interessi trimestrali spostando su questi strumenti il credito al consumo, come accade in alcuni paesi dove si arriva ad essere titolari anche di 10 carte di questo tipo, con gravissime conseguenze sulle finanze personali. Ed ecco così sbugiardata ancora la favoletta del favore alle banche.
5 – Va svelato al Fatto il segreto di pulcinella: gli interessi di mora esistono in ogni tipo di obbligazione, anche per il ritardato pagamento della bolletta elettrica o della fattura del carrozziere. A questi si applica il codice civile non il testo unico bancario. 6) Le sentenze della Corte costituzionale non si citano a casaccio, e al Fatto che si occupa prevalentemente di questioni giudiziarie dovrebbero saperlo. La sentenza cui si riferisce probabilmente il Fatto è la n. 78 del 2012 relativa alla cancellazione di una norma inserita in un milleproroghe del 2010 che di fatto annullava gli effetti della sentenza n. 24418, emessa dalle Sezioni Unite di Cassazione il 2 dicembre 2010, che riconosceva al correntista debitore il diritto di recupero, dalla data di inizio del rapporto e sino alla chiusura, di tutti gli indebiti pagamenti ricevuti dalla banca con gli addebiti trimestrali di illecite competenze. Una sentenza che quindi riguarda termini e prescrizioni in ambito di rapporti bancari e solo incidentalmente l’anatocismo. Del resto se la Consulta avesse dichiarato illegittimo nel 2012 l’anatocismo come sostiene il Fatto, oggi non saremmo qui a scriverne.
7 – L’anatocismo aldilà del suo significato letterale, come anche confermato da diversi comunicati dell’Adusbef, che vedo essere tra le associazioni più agguerrite contro una norma a vantaggio dei consumatori, è la pratica della “capitalizzazione trimestrale dell’interesse” (cito il comunicato http://www3.adusbef.it/consultazione.asp?Id=8520&C=B ), pratica ben radicata nelle banche italiane che l’emendamento ha cancellato stabilendo che gli interessi devono essere annuali. Quindi non capisco in cosa il PD l’avrebbe ripristinato, piuttosto qualcuno deve mettersi d’accordo con se stesso o comprendere bene le conseguenze di ciò che afferma.
8 – L’emendamento ha infatti stabilito che il cliente avrà tempo per pagare gli interessi debitori fino al 1 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati, cioè l’impresa potrà prima far fronte con la propria liquidità ad altre emergenze poi pagare gli interessi, e solo e soltanto se non pagati e proprio per continuare ad avere una operatività il cliente può autorizzare l’addebito in sorte capitale, proprio come si trattasse di un nuovo affidamento. Chi sostiene che questo non sia un vantaggio deve anche spiegare quale sarebbero le conseguenze: la mancata concessione del credito se non a fronte di enormi garanzie collaterali, il blocco dell’operatività con segnalazioni alla centrale rischi fino al ripianamento di tutti gli interessi non pagati, o peggio la richiesta di rientro immediato dello scoperto con conseguente eventuale pignoramento, con l’impossibilità di aprire altre linee di credito con altre banche.
9 – Inoltre l’emendamento ha stabilito che gli interessi creditori, quelli a favore del cliente, sono disponibili sul conto immediatamente, cioè il 1 gennaio di ogni anno, non due mesi dopo. E se il cliente non preleverà le somme frutto di interessi queste inizieranno a produrre nuovi interessi creditori a suo favore.
10 – La maggior parte delle associazioni dei consumatori ha valutato positivamente la nuova norma, soffermandosi sui complessivi vantaggi che avrà per i cittadini. Approfitto di questo spazio per rispondere ad una questione che è emersa: se l’emendamento troverà applicazione anche nel caso del nuovo istituto del prestito vitalizio ipotecario. La risposta è affermativa ed eventuali norme attuative dovranno adeguarsi al nuovo regime. Concludendo, dunque, le banche rispetto ad oggi avranno un vantaggio dalla norma? No. Invece imprese e consumatori avranno un vantaggio? SI. Continuo a pensare che tutto sia migliorabile, e che quello dei sostenitori del “meglio niente che poco” sia un pessimo atteggiamento, che ha contribuito a tenere bloccato il Paese.
Di Sergio Boccadutri per L' Unità.TV


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