1 gen 2016

Il più amato e odiato, l'Italia del 2016 è il paese di Matteo

Il più amato e odiato, l'Italia del 2016 è il paese di Matteo

Di ILVO DIAMANTI
Una timida ripresa di fiducia nelle istituzioni e nel futuro. E per la prima volta, dopo dieci anni di lenta erosione, il sentimento democratico che torna a stabilizzarsi, nonostante i partiti e i politici continuino a suscitare "risentimento". Così il rapporto Demos fotografa la difficile relazione tra cittadini e servizi pubblici. Con una speranza: andrà meglio l'anno prossimo

Il 2015 , secondo gli italiani, è stato un anno grigio. Senza traumi e senza entusiasmi. Senza grandi cambiamenti e senza grandi novità. Nel rapporto con le istituzioni, ma anche nella vita quotidiana, tutto sembra essere avvenuto in modo tollerabile - e tollerato. Anche se non proprio "sereno". Così, il Rapporto 2015 di Demos per Repubblica - il XVIII - sulle relazioni fra gli Italiani e lo Stato rileva una timida ripresa di confidenza nelle istituzioni e, ancor più, nel futuro. Anzitutto, nel 2016. Gli italiani, dunque, si sono abituati a vivere al tempo della crisi. Hanno rafforzato la loro capacità di adattamento, di fronte alle difficoltà. Molte indagini, d'altronde, segnalano, da anni, che la principale specificità del carattere nazionale è l'arte di arrangiarsi. Un'arte appunto. Perché non è da tutti reagire alle emergenze, trasformandole in occasioni per ripartire e riprendere il cammino.

RAPPORTO DEMOS - LE TABELLE
È già avvenuto altre volte, in passato. D'altronde, noi italiani siamo specialisti della "ri-costruzione". E oggi ne vediamo qualche segno, anche se ancora incerto. Dopo quasi dieci anni di crisi economica e di declino della fiducia verso il sistema pubblico, i servizi, le autorità. Unica eccezione: le Forze dell'ordine, per reazione alla domanda di sicurezza. E, nell'ultimo periodo,Papa Francesco. Il faro nella lunga notte della crisi. Nel 2015, invece, il sondaggio di Demos fa osservare una risalita -  per quanto lieve - degli indici di fiducia nelle istituzioni pubbliche. E del livello di soddisfazione nei confronti dei servizi. Lo stesso "sentimento" democratico, dopo 10 anni di lenta erosione, si consolida. Meglio: si stabilizza. Nonostante i partiti e i "politici" continuino a suscitare "ri-sentimento".
Certo, la fine della crisi sembra ancora lontana. La maggioranza dei cittadini (oltre i due terzi) la sposta avanti nel tempo. Oltre due anni. Perché più in là è difficile vedere, prevedere. Perfino immaginare. Eppure le attese nell'anno che verrà migliorano. Di poco, ma migliorano. Dopo una lunga penombra, gli italiani intravedono, dunque, un po' di luce. Anche perché, lo ripeto, si sono abituati all'oscurità e riescono a cogliere ogni bagliore. Ogni riflesso.
Naturalmente, non si tratta solo di abitudine. Qualcosa, effettivamente, è cambiato - secondo gli italiani. In meglio. Magari: in "meno peggio". Nell'economia, nella lotta all'evasione fiscale, nella credibilità internazionale dell'Italia. Insomma, nella politica. E questa tendenza dovrebbe essere confermata nel 2016, l'anno che verrà. Secondo gli italiani. Si tratta, certo, di un auspicio. Una speranza. Non di una previsione argomentata. Ma, comunque, riflette - e sottolinea - un cambiamento del clima d'opinione. Nel bene e nel male, vi ha contribuito, sicuramente, la figura del premier. Perché l'Italia, oggi, appare il "Paese di Matteo". Visto che Renzi, secondo il sondaggio di Demos, è il personaggio "migliore", ma anche il "peggiore" del 2015. In ogni caso: è il "personaggio dell'anno". Insidiato, da lontano, da un altro Matteo: Salvini. Mentre la principale "opposizione", il M5s, non ha leader che suscitino emozioni. Positive o negative, non importa. È un non-partito, dove coabitano e confliggono molti non-leader. Intorno a Grillo, megafono sempre meno ascoltato. Nel 2015, invece, dopo tanti anni da "protagonista",Silvio Berlusconi si scopre "comprimario". Lo troviamo nella classifica dei "peggiori", indicato da un modesto 7% del campione. Poco, quasi nulla, per chi, fino a ieri, aveva diviso gli italiani. Erigendo un nuovo muro intorno a sé. Ora non è più così. E, insieme a lui, è declinato anche il suo partito. Personale. Eppure la sua eredità resiste.
Dopo vent'anni, trascorsi a dividerci e a catalogarci in base al "berlusconismo", ci ritroviamo ancora lì. A dividerci e a contarci intorno a un (nuovo) Capo. Tra renziani e anti - renziani. Tra gufi e tifosi. Senza appartenenze né ideologie. Nostalgie inaccettabili, per chi coltiva l'immagine e viaggia veloce nella rete. È il segno di questi anni. Del 2015 e, sicuramente, del 2016. Tempi aridi. Speriamo (io, almeno, spero) di sopravvivere.
Da Repubblica.it


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