Se l’inganno è sconfitto dalla realtà
Si
chiude la rassegna milanese, adesso si possono fare i veri
consuntivi, e smascherare i profeti di sventura, guidati dal Fatto
Cala
il sipario sull’Expo, teatro dello scontro politico-simbolico più
emblematico e radicale degli ultimi anni. Uno scontro assoluto,
perché non fondato su chiacchiere, ma sulla realtà di un grande
evento internazionale chiamato alle continue verifiche dei fatti.
Ed esposto alla luce permanente dei media, i cui riflettori –
peraltro – sono diventati roventi ben prima che l’avvenimento si
materializzasse. È infatti a partire dagli scandali della primavera
2014 che emergono con chiarezza due visioni contrapposte
dell’appuntamento, e si incrociano le lame dei protagonisti
politici. «L’Expo è una rapina in corso, meglio chiuderlo», dice
lapidariamente Grillo il 13 maggio. Passano pochi mesi e il 13 agosto
arriva la risposta di Renzi: «L’apertura dell’Expo sarà un no
gufi day». Tra i due squilli di tromba e successivamente, fino ai
giorni scorsi, sull’Expo si riversa un oceano di previsioni,
giudizi, proiezioni, congetture, allarmi e accuse. Di cui in
particolare si fa veicolo il Fatto Quotidiano: più o meno 230 pezzi
tra maggio 2014 e ottobre 2015 (74 volte in prima pagina), come
testimonia la tabella.
I
TITOLI DEL FATTO
Eccone
una limitata selezione. 10 maggio 2014: «Ritardi, mazzette e Pm: per
Expo 2015 l’incubo del fallimento»; 10/5: «Expo, panico
elettorale»; 13/5: «Expo, la città della salute sui terreni
avvelenati»; 18/6: «Così Expo cancella il diritto del lavoro»;
9/7: «Bufala Expo: 3mila posti di lavoro su 200mila promessi»;
10/9: «Solo 800 posti, altro che 200mila»; 29/10: «Lavori Expo,
politici e affari: Lombardia terra di ‘ndrine»; 7/11: «Chi compra
i terreni di Expo 2015? Nessuno»; 6/12: «Si sgonfia la bufala Expo:
solo 4mila le assunzioni»; 21/12: «Expo, l’albero della vita tra
sospetti e ritardi»; 7/2/2015: «Expo ad un passo dal crac»; 6/3:
«Il flop Expo: impossibile finire i lavori in tempo»; 19/3: «Expo,
mancano 43 giorni: ecco le foto del disastro»; 7/4: «Expo, dalla
Cina senza furore: la balla del milione di ticket»; 10/4: «Lo chef
Sassone: Expo è un magna magna»; 12/4: «Altro che blindato, l’Expo
è una groviera»; 18/4: «Expo, 3 opere su 4 ancora incomplete
e senza collaudi»; 29/4: «Expo al via, ma l’Italia non è
pronta»; 5/5: «Come è inutile l’Expo nel secolo di Internet”;
9/5: «Expo, un milione di metri quadri che nessuno vuole»; 10/5:
«Sulla via Crucis di Expo, cercando un po’ d’acqua»; 20/5:
«Expo, la stroncatura delle archistar: sembra Disneyland»; 24/5:
«Expo, la verità nascosta del flop dei visitatori»; 24/5: «Expo,
una piccola fiera di periferia a Milano»; 26/5: «Flop Expo, Sala
non riesce a smentire»; 27/5: «Expo, chiudetelo prima: il
fallimento è totale»; 30/5: «Esposizione, Sala ammette il flop:
solo 1,9 milioni di visite a maggio»; 6/6: «Expo,le cifresegrete
che provano il flop»; 13/6: «Expo,gara fatta con i piedi. In
ritardo tutti i gadget»; 18/6: «Cantone boccia Oscar: gli stand
Eataly di Expo finiscono in Procura»; 7/7: «Ingressi Expo, il mezzo
flop arriva in Comune»; 10/7: «La balla di Expo: 2 milioni e
600mila ingressi. In meno»; 16/7: «Expo e le balle sui visitatori:
ecco i numeri degli ingressi»; 17/7: «Expo, non mi stupisce
l’insuccesso di visite»; 23/7: «Miraggio di Sala: visitatori di
Expo? Il numero non si conosce per il caldo»; 4/8: «Expo continua a
dare i numeri: mancano 500mila visitatori»; 5/8: «L’Expo dei
record: il miliardo e mezzo che manca nei conti». Solo il generale
agosto spegne l’ardore antiExpo del Fatto. A settembre, poi, la
campagna si affloscia definitivamente per concludersi, lo scorso 16
ottobre, con un titolo emblematico e mesto: «Dicono: Expo è un
successo. Ma è proprio vero?». Ora, è noto che cosa rappresentino
i titoli in un giornale. Sono i «codici per accedere al resto
dell’articolo» (Eco), esaltano le parole-chiave giuste, quelle che
restano nella memoria diventando uno schema interpretativo del
messaggio. Costituiscono insomma i famosi framing – l’equivalente
mediatico delle scorciatoie cognitive (euristiche) – che orientano
il lettore in una realtà sovraccarica di informazioni. Per questo –
al di là delle ragioni politico-editoriali dell’accanimento
antiExpo – la campagna del Fatto ci serve per capire quali
euristiche vengono attivate in circostanze del genere. E quali bias
mettono in moto.
IL
PRINCIPIO DI FAMILIARITA’
«Ripetete
una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità»
è una frase attribuita a Goebbels, ministro della propaganda
nazista. Che l’abbia o no pronunciata, è certo che il cosiddetto
mere-exposure effect, (effetto della mera esposizione) o principio
della familiarità, è sempre stato utilizzato nelle comunicazioni e
nelle pubblicità della società di massa. Ha una sua brutalità:
basta la banale, ossessiva ripetizione di un messaggio a lasciare una
‘traccia di memoria’ nella mente del consumatore e influenzarne
il comportamento o il giudizio. In questo senso, i 230 pezzi e le 74
prime pagine avranno convinto i lettori del Fatto che l’Expo è
stato una sorta di crimine contro l’umanità. Poniamoci però un
problema: se il Fatto avesse prodotto – per esempio – ogni 10
pezzi un articolo più oggettivo o addirittura favorevole all’Expo,
probabilmente il lettore avrebbe mantenuto una generale posizione
critica sull’evento, ma con argomenti più razionali e ragionati.
La critica all’Expo, o ad alcuni suoi aspetti, sarebbe stata meglio
strutturata. Perché anche i lettori del Fatto non vivono più in
epoca Goebbels, per fortuna, ed è finita la società di massa che
viveva di bombardamenti pubblicitari a tappeto. I cittadini pensano –
e vogliono pensare – sempre più con la loro testa.
I
DUE SISTEMI
Anche
se – come ci dice Daniel Kahneman – la nostra testa funziona in
modo un po’ bizzarro. Soprattutto è piuttosto pigra, cerca di
risparmiare energie cognitive. Sintetizzando: noi tutti siamo dotati
– secondo lo psicologo cognitivo vincitore del Nobel per l’economia
– di due sistemi di ragionamento diversi (sistema 1 e sistema 2),
che raccolgono informazioni e rispondono in maniera differente a
seconda delle circostanze. Il sistema 1 – che viene messo in moto
in automatico, oppure in condizioni di stanchezza o di mancanza di
interesse – ragiona in maniera istantanea; mentre il sistema 2 è
il sistema del calcolo e dell’approfondimento. Il sistema 1 si
lascia trascinare dalle informazioni immediatamente
disponibili, dall’impatto emotivo e, nel caso che ci
interessa, dai trucchi del framing giornalistico: è responsabile
dell’associazione mentale “più articoli vedo sul tema, più
quella campagna è vera”. L’informazione vive sostanzialmente di
questi inganni, e usa il sistema 1 “avviato in default” dai
lettori che hanno sempre meno tempo e voglia di approfondire una
notizia e di confrontarla con la realtà. Per cui accade che il dato
numerico – che in condizioni sane è bollino di qualità di ogni
inchiesta o indagine giornalistica – può diventare invece il
passepartout della disinformazione: siamo talmente convinti della
forza oggettiva dei numeri, da associarli immediatamente alla verità.
Un qualunque dato sparato in un titolo, ci convince che l’articolo
sia oro colato (e quindi possiamo risparmiarcene la lettura). Non è
così. Quantomeno non sempre: il dato va sempre verificato,
analizzato e comparato, e per questo c’è bisogno del sistema 2,
che capisce e interpreta i numeri, ed è in grado di collegarli agli
eventi. Solo il sistema 2 comprende le statistiche e smaschera gli
inganni. Solo quando lo mettiamo in moto, riusciamo a distinguere il
dato buono da quello cattivo.
L’ANCORAGGIO
Prendiamo
l’euristica dei numeri per eccellenza, l’anchoring effect. Quando
proviamo a stimare una quantità numerica su cui non abbiamo
precedenti informazioni, siamo portati a farlo partendo dalle prime
immediatamente disponibili. Il primo dato che riusciamo a ricavare
diventa il punto fermo a partire dal quale completeremo la nostra
ricerca (da qui, la metafora dell’ancora). Avete presente la
polemica sul numero degli ingressi e dei biglietti venduti per
l’Expo? Il Fatto ha montato il “caso” il 24 maggio, tre
settimane dopo l’apertura di Expo, annunciando il disastro delle
presenze, usando come parametri di giudizio i biglietti dei tram
venduti e la spazzatura raccolta (leggere per credere). Neppure stime
o proiezioni, piuttosto congetture, accostamenti parziali, ipotesi e
niente di più: su queste basi il Fatto ha costruito il suo
ancoraggio e ha sviluppato una campagna durata fino agli inizi di
agosto, quando si è dissolta nel nulla. Perché non ci vuole un
matematico per capire che i ricavi dei biglietti di una
manifestazione che dura 6 mesi vanno calcolati a evento concluso. Un
po’ come i sondaggi e le elezioni, diciamo. Il punto è che,
proprio come quando si vota, anche in questo caso il bias
dell’ancoraggio resta impunito. Nessuno chiede conto ai sondaggisti
delle fregnacce che ci propinano. Nessun lettore chiede conto al
Fatto di articoli privi di ogni fondamento.
IL
PIO DESIDERIO E IL SENNO DEL POI
Spesso
si desidera a tal punto un evento da mobilitare tutte le proprie
risorse cognitive ed emotive in preparazione dello scenario
immaginato. Il fenomeno è noto, si definisce wishful thinking. Nel
mondo dell’informazione, il wishful thinking assume quasi sempre la
forma della previsione catastrofica. Serve a giornalisti che furono
d’assalto, illuminati commentatori, editorialisti e notisti
politici per poter dire, a catastrofe avvenuta, «noi ve l’avevamo
detto» (hindsight bias). È per questi motivi che la buona cronaca e
il giornalismo d’inchiesta lasciano il posto all’irrazionalità e
all’aria fritta. Intere paginate, invece di dedicarsi al racconto
del presente in quanto tale, vengono riempite per descrivere un
futuro presunto, apocalittico e angoscioso. L’informazione cede il
passo alla faziosità, inocula inutili stress, e perde ogni
credibilità. Poi – non temete – ad un certo punto arriva la
realtà, che finisce sempre per prendersi le sue rivincite. E la vita
continua.
Da
http://www.unita.tv
Messaggio per Travaglio e Scanzi :
Hei ! ragazzi credo che dobbiate cambiare
passo e strategia, ormai non siete altro che due
zitelle incavolate, con il mondo intero , non ne
indovinate più nemmeno una , ossia le vostre
previsioni sono sempre l' esatto
contrario....fatevi coraggio che poi passa !!!
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