30 nov 2015

L’offensiva su Raqqa rischia di “trasferire” il Califfato in Libia

L’offensiva su Raqqa rischia di “trasferire” il Califfato in Libia

MAURIZIO MOLINARI per LA STAMPA.it
CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME
Sbarcato a Sirte un gruppo di colonnelli fedelissimi di al-Baghdadi

Duecentoquaranta km di costa, oltre duemila uomini armati, i colonnelli del Califfo arrivati via mare, tribunali islamici, decapitazioni pubbliche, pane gratis e lo slogan «non saremo meno di Raqqa»: lo Stato Islamico rafforza il controllo di Sirte, in Libia, facendo temere all’Egitto che Abu Bakr al-Baghdadi abbia deciso di trasferire qui il proprio quartier generale se dovesse trovarsi obbligato a lasciare la propria «capitale» in Siria. 
L’allarme egiziano
È stato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ad esprimere questi timori in conversazioni telefoniche con più leader europei avvenute negli ultimi giorni, illustrando gli elementi raccolti dalla propria intelligence. Il campanello d’allarme è stato l’arrivo a Sirte di Abu Nabil al-Anbari, l’ex colonnello delle forze irachene di Saddam Hussein divenuto uno dei leader di «Al Qaeda in Iraq», veterano delle battaglia di Falluja e Ramadi contro gli americani, a cui il Califfo ha affidato il potenziamento dell’enclave di Sirte. Il Pentagono assicura di averlo ucciso con un blitz dei droni lo scorso 13 novembre ma Isis non ne ha confermato la morte, Il Cairo non esclude che sia ancora in circolazione e comunque assieme a lui sono arrivati - sempre via nave - altri colonnelli di Isis.  
L’insediamento a Sirte di questo gruppo di iracheni ha coinciso con una maggiore efficacia delle unità di Isis nel Golfo della Sirte, riuscendo a estendere il controllo dalla città di Abugrein a quella di Nawfaliya con il conseguente ritiro delle tribù di Misurata che finora avevano ostacolato i jihadisti, fino a tentare di cacciarli da Sirte. Il Pentagono ritiene che Isis abbia come obiettivo Ajdabiya, più a Est, per controllare un crocevia strategico per l’export di petrolio dai pozzi a Sud della città.  
 
Le informazioni raccolte dagli egiziani descrivono inoltre un consolidamento di Isis dentro Sirte con tribunali islamici, curriculum scolastici scelti dal Califfato, pattugliamenti religiosi, distribuzione del cibo, imposizione del chador alle donne, del divieto del fumo e della musica come dell’obbligo di chiudere i negozi durante le preghiere. Vi sarebbero state almeno quattro crocefissioni e due decapitazioni - in ottobre - di uomini accusati di stregoneria. Senza contare l’insediamento di un Emiro, espressione del Califfo, e di un Wali, amministratore di origine saudita.  
 
«La determinazione con cui Isis controlla Sirte ricorda quanto fatto a Tikrit in Iraq - spiega Aymenn Jawad Al-Tamimi, l’arabista dell’Università di Oxford che segue da vicino il Califfato - perché impossessandosi delle ex aree natali dei dittatori, Gheddafi come Saddam, punta a legittimarsi come erede naturale nell’esercizio del potere». Da Tikrit i jihadisti hanno dovuto fuggire in maggio a causa di un’offensiva irachena sostenuta dai raid Usa e poiché ora la pressione della coalizione occidentale si concentra su Raqqa si apre lo scenario di un possibile trasferimento della sede del Califfato a Sirte.  
L’intelligence americana
Patrick Prior, capo analista del contro-terrorismo della «Defense Intelligence Agency» americana, spiega al «New York Times» che «le cellule di Isis in Libia sono quelle che ci preoccupano di più perché sono il loro hub nel Nord Africa». «Isis vuole insediarsi a Sirte - aggiunge Ismail Shukry, capo dell’intelligence libica al “Wall Street Journal” - perché l’intento è attaccare Roma». Washington e Londra hanno inviato truppe speciali per raccogliere informazioni e selezionare obiettivi, preparandosi a una possibile campagna aerea, assieme ad Egitto ed Emirati. D’altra parte nella Storia dell’Islam a cui al-Baghdadi fa riferimento il trasferimento del Califfato è già avvenuto in passato: basta guardare la carta geografica delle operazioni di Isis per accorgersi del cambiamento di equilibrio i atto.  
 
Nel teatro siriano-iracheno gli ultimi successi risalgono alla primavera con la cattura di Ramadi e Palmira, mentre di recente hanno perso Tal Abyad e Sinjar, a fronte di rafforzamento in Egitto, soprattutto nel Sinai, a Sirte e nel triangolo a Sud della Tunisia. È proprio il timore della genesi di un Califfato maghrebino che ha spinto la Tunisia a reagire all’attacco al bus di guardie presidenziali ordinando la chiusura delle frontiere con la Libia per 15 giorni. Sono tutte carte che Al-Sisi ha giocato, in privato, con i leader europei per far percepire alla Nato la necessità di procedere contro Isis considerando il rischio che una massiccia offensiva su Raqqa anziché sconfiggere il Califfato si limiti a causarne il trasloco. 

Domanda di rito : Chissà chi ha regalato tutti i Toyota ai terroristi ? Proviamo a rispondere ?


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