L’autoassoluzione di Marino è ridicola
Il Pd è un partito serio, ha pensato alla città prima che alla convenienza di parte. E non abbiamo paura del voto
Roma
aveva e ha miliardi di problemi. Quando quasi un anno fa sono
diventato commissario del Pd era stata travolta dallo tsunami Mafia
Capitale. I problemi erano sotto gli occhi di tutti:
un’amministrazione colpita dall’inchiesta, i romani infuriati per
una città che non funzionava, un sistema dei partiti inadeguato. Il
Pd romano che non si era accorto di niente e in cui pochi erano
disponibili a riconoscere l’esistenza di un problema. Anzi, la
reazione più diffusa era alzare le sopracciglia e minimizzare la
portata dell’inchiesta. Con questa lettura e questi atteggiamenti
ho fatto a capocciate da subito, perché erano la dimostrazione che
il Pd era parte del problema e non la soluzione. E ho dato a quel
partito alcuni obiettivi nuovi, primo tra tutti aiutare Marino. Ho
detto che era un baluardo della legalità e che chiederne le
dimissioni era la linea della mafia. Vedo che oggi qualche
buontempone mi chiede conto di questa dichiarazione. La differenza
tra oggi ed allora sta nel lavoro di quest’anno che ci ha
consentito di costruire regole e strumenti che hanno messo in
sicurezza Roma. Che oggi, come certificato dalla scelta del governo
di non sciogliere il Comune, proprio grazie a quegli interventi non è
una città mafiosa. Fermarsi prima di averli messi in campo era
esattamente quello che i delinquenti speravano avvenisse. E che noi
abbiamo impedito. Ma vinta quella partita si è chiusa una fase e
serviva un salto di qualità nella capacità di risolvere i problemi
quotidiani della città. Gli appassionati ricercatori di vecchi tweet
e dichiarazioni non faticheranno a trovarne in cui spiego queste
cose.
Aiutare
Marino è stato il mio principale obiettivo. Gli ho fatto da scudo
umano; ho convinto persone di spessore a venire a dargli una mano, ne
ho giustificato inadeguatezze ed errori. Molti di quelli che oggi mi
accusano di averlo scaricato, fino a qualche settimana fa mi
accusavano di difendere l’indifendibile. Sono convinto di aver
fatto bene allora e di aver fatto bene ora. Perché prima di
interrompere l’esperienza di una amministrazione scelta dai
cittadini, un partito le deve provare tutte. E io le ho provate
tutte. Ma c’è un punto oltre il quale non si deve mai andare: se
continuare significa danneggiare la città occorre fermarsi. Ed è
quello che abbiamo fatto. Perché la perdita di credibilità e
autorevolezza del sindaco –di cui solo lui è responsabile- non la
possono pagare i cittadini.
Era
tutto sbagliato dunque? No, Marino ha fatto cose buone e importanti
che gli vanno riconosciute. Ma il racconto autoassolutorio che nel
momento dell’addio ha offerto rabbiosamente alla città è
semplicemente ridicolo. Perché la vera discontinuità c’è stata
dopo mafia capitale, quando in giunta è arrivato Sabella e quando il
Pd è stato commissariato. E se a volte siamo arrivati tardi non è
stato per responsabilità del Pd. Perché ci sono voluti mesi a
cambiare quei dirigenti che dal primo giorno avevo suggerito di
cambiare? Perché è dovuto arrivare uno da Torino per accorgersi che
per 5 anni in Atac si facevano solo appalti senza gara? Perché oggi
siamo costretti a segnalare alla corte dei conti decine di milioni di
euro di discutibili somme urgenze fatte nei primi anni di questa
consiliatura? Sono solo alcuni esempi. E poi sono arrivati gli ultimi
mesi, segnati da una interminabile serie di errori, sottovalutazioni.
E bugie.
Avremmo
dovuto continuare nonostante tutto? In questi mesi ho provato a
dimostrare che un partito può essere qualcosa di diverso da quello
che questa città ha conosciuto. Non è necessario chiudere gli occhi
di fronte a errori e comportamenti discutibili solo perché il
protagonista è un tuo compagno di partito. In questi mesi non ci
siamo fermati mai per “opportunità politica”. Questo ci ha
consentito di arrivare prima della magistratura. E’ successo ad
Ostia dove la lotta ai clan comincia quando arriviamo io e Esposito,
non quando si insedia Marino (anzi è sconcertante che per due anni
nessuno si fosse accorto di nulla).
Un
partito serio fa così, perché prima pensa all’interesse generale
e poi alla convenienza di parte. Questo è il principale insegnamento
che viene dalla storia della sinistra italiana e che mai dobbiamo
dimenticare.
Ieri
questo abbiamo fatto. Non dal notaio, ma in Campidoglio. Si sarebbe
potuto discuterne in aula, come avevamo proposto al sindaco. Bastava
non ritirare le dimissioni prima e riunire subito il consiglio.
Marino non lo ha voluto e non può scaricare altrove anche questa
responsabilità. La sua era una esperienza finita e stava a lui
prenderne atto e chiuderla responsabilmente. Ha scelto un’altra
strada e quella responsabilità se la sono assunta al posto suo i
consiglieri del Pd. Che hanno dimostrato coraggio, serietà e amore
per la città. Rinunciando al loro seggio hanno consentito di voltare
pagina e ripartire. E hanno mostrato che il Pd era unito e
consapevole del proprio ruolo, con buona pace dei retroscena creativi
di questi giorni.
Qualcuno
si lamenta perché ho assunto questa scelta autonomamente, senza
discuterne. Mi fecero le stesse critiche quando sciogliemmo Ostia. Se
allora avessi messo ai voti quella decisione, non l’avremmo mai
assunta. Probabilmente è proprio grazie a quella scelta che Roma ha
evitato l’onta dello scioglimento per mafia (lo riconosceva anche
Marino, prima di immergersi nella narrazione fantasy di queste ore).
Un
commissario serve per questo: assumere quelle decisioni che un
partito non è in grado di prendere autonomamente perché ostaggio
dei propri problemi. La scelta è stata mia e la rivendico perché
l’ho fatta nell’interesse esclusivo della città. Che ora grazie
all’impegno del governo e al lavoro del commissario e di chi lo
affiancherò potrà ripartire. Ai romani non prometto niente, perché
è tempo di fatti. E siamo già al lavoro per realizzarli.
Al
mio partito, ai circoli e ai tanti militanti che sono
comprensibilmente colpiti da una situazione come questa dico che il
lavoro di questi mesi non si fermerà. E che non ho alcuna intenzione
di cominciare oggi a fare il commissario come qualche capocorrente
vorrebbe, ripristinando caminetti e vecchi riti. Quando ho
commissionato a Barca il rapporto, nessuno si aspettava che sarebbe
stata una cosa seria. E invece lo era. Quando ne ha presentato i
risultati, nessuno si aspettava che ne avrei tenuto conto. E invece i
circoli finti oggi sono chiusi. Se qualcuno ha nostalgia del partito
di prima, di quello che non si accorgeva di Mafia capitale, che
sapeva solo chiudersi nei circoli a litigare, che vincolava le
proprie scelte al mantenimento degli equilibri tra le correnti, si
rassegni: non tornerà.
Ieri
il Pd ha fatto una scelta difficile, ma coraggiosa. Dolorosa, ma
indispensabile. Dicevano che saremmo andati avanti in eterno per
paura del voto. Non è andata così. Perché un partito che si chiama
democratico non ha e mai avrà paura del giudizio degli elettori. A
noi sta costruire un progetto vincente intorno a un’idea di
cambiamento della città.
E
un partito che di questa sfida si faccia interprete.
http://www.unita.tv
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