Quagliariello, le ragioni di un addio ininfluente
Gaetano Quagliariello
di Dario Borriello per Lettera43.it
Quagliariello si dimette da coordinatore Ncd. Il motivo? La mancata nomina a ministro degli Affari regionali. Per cui Renzi ha già scelto Dorina Bianchi.
Quagliariello si dimette da coordinatore Ncd. Il motivo? La mancata nomina a ministro degli Affari regionali. Per cui Renzi ha già scelto Dorina Bianchi.
Gaetano
Quagliariello si dimette da coordinatore di Nuovo centrodestra.
Molla
la maggioranza e torna in Forza Italia? No.
Esce
dal partito e crea un gruppo autonomo al Senato? Nemmeno. E allora,
che succede?
L'unica
certezza è che tra Quagliariello e Angelino Alfano si è rotto
l'idillio. Almeno quello politico. E la ragione, suggeriscono a
Lettera43.it fonti parlamentari, è sempre – come al solito – una
“cadrega”.
DORINA
BIANCHI SCALZA QUAGLIARIELLO. Il senatore Ncd ha provato fino
all'ultimo a rientrare al governo, ma una volta portata a casa la
riforma del Senato, Matteo Renzi gli ha fatto recapitare un messaggio
ben preciso: ha scelto Dorina Bianchi (ribattezzata “lady trasloco”
da alcuni media per aver cambiato sette partiti nella sua carriera)
per la carica di ministro degli Affari regionali.
Così
l'ex berlusconiano ha deciso che era tempo di prendere il pallone e
tornare a casa. Anche se, stando alle parole di Fabrizio Cicchitto,
si tratta più di una pallina: «C'è il rischio di una scissione
dell'atomo...».
NESSUN
RITORNO AL PASSATO. Nella lettera di dimissioni inviata al ministro
dell'Interno ha addotto come motivazione «le differenze sul piano
dell'analisi e della linea politica, a noi due note da tempo ma
manifestatesi in questi giorni in forma pubblica per via di
significative scadenze parlamentari».
Ma
ci ha tenuto a sottolineare la speranza che «la mia decisione possa
anche contribuire a dissipare pettegolezzi e retroscena di varia
natura privi di qualsiasi fondamento», visto che «mi batto perché
si trovi il coraggio di costruire il futuro, figuriamoci se ho
intenzione di tornare al passato».
Una
nomina che l'ex ministro credeva acquisita di diritto
Dorina
Bianchi.
In
realtà, dicono ancora le fonti, Quagliariello si è trovato di
fronte all'ennesimo tentativo, fallito, di buttare giù un muro
insormontabile, eretto dal premier e puntellato dal suo principale
alleato, che gli impedisce una nomina che credeva automatica, quasi
acquisita di diritto.
Tanto
che la protesta avrebbe dovuto essere ancora più roboante, magari
con la creazione di un gruppo autonomo al Senato (bastano 10
parlamentari a Palazzo Madama) col quale avrebbe avuto mani più
libere a seconda dei provvedimenti da votare.
I
FEDELISSIMI NON LO SEGUONO. Ad esempio: le unioni civili il Pd se le
scorda, ma alla di Legge di stabilità non farà mancare il suo “sì”.
L'ex
ministro ha capito, però, che i suoi “fedelissimi” non lo
avrebbero seguito in questa nuova avventura. Il senatore a lui più
vicino, ad esempio, è quel Nico D'Ascola in corsa per la poltrona di
presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, ora che
saranno rinnovate le cariche (probabilmente novembre).
E
anche Antonio Gentile, che pure ne avrebbe di conti in sospeso con
Renzi (praticamente lo costrinse alle dimissioni poche ore dopo
averlo nominato sottosegretario nel febbraio 2014), non sarebbe
disponibile. Meglio, dunque, aspettare tempi migliori.
UN
ADDIO CHE NON FA LA DIFFERENZA. Per ora, comunque, un po' di rumore
lo ha fatto lasciando la carica di coordinatore nazionale; un domani,
chissà, potrebbe anche tornare alla corte di Silvio Berlusconi.
Ma
a quell'epoca potrebbe già essere tempo di elezioni.
Perché
Renzi ha sempre detto di voler arrivare alla scadenza naturale della
legislatura, nel 2018, non che ci sarebbe arrivato.
Tra
volere e potere c'è una bella differenza. Quella che (per ora) non
sembrano fare le dimissioni di Quagliariello.
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