Migranti, la Cei ai parroci: ospitate profughi in locali a norma e in regola con l'Imu
di
Franca Giansoldati per IL Messaggero.it
CITTA'
DEL VATICANO - Ospitalità agli immigrati nei locali di proprietà
della diocesi, di enti religiosi, delle parrocchie ma solo se sono a
norma e se sono in regola con le tasse. Imu compresa. A due anni dal
primo appello di Francesco a tutte le strutture religiose italiane ad
ospitare profughi e immigrati, viene diffuso dalla Cei un vademecum
con le regole pratiche che i parroci dovranno seguire per accogliere
chi fugge dalla guerra e dalla miseria. Al momento solo una minima
parte delle 25 mila parrocchie italiane si è già mobilitata anche
se la macchina organizzativa sta mettendosi in moto. Le regole sono
essenziali, dall'informazione ai fedeli fino alla preparazione e alla
formazione per gli operatori e i volontari. Ecco i contenuti del
vademecum.
Tempi.
I vescovi hanno stabilito un tetto che «mediamente varia da sei mesi
a un anno per i richiedenti asilo o una forma di protezione
internazionale», anche se «i tempi possono abbreviarsi, per chi
desidera continuare il proprio viaggio o raggiungere i familiari o le
comunità di riferimento in altri Paesi europei».
Responsabilità.
Viene ritenuto «sconsigliabile il semplice affidamento alle
Prefetture di immobili di proprietà di un ente ecclesiastico per
l'accoglienza data la problematicità dell'affidamento a terzi di
una
struttura ecclesiale senza l'impegno diretto della comunità
cristiana».
Cara.
La Cei chiarisce che «le diocesi non si impegnano a gestire i luoghi
di prima accoglienza 'Cara’ e 'Hub' né si pongono come soggetto
diretto nella gestione di esperienze di accoglienza dei migranti»
Dove.
L'accoglienza dovrà avvenire «in alcuni locali della parrocchia o
in un appartamento in affitto o in
uso
gratuito, presso alcune famiglie, in una casa religiosa o monastero,
negli spazi legati a un santuario o luogo di accoglienza dei
pellegrini».
Assistenza
legale e medica. L’ente cattolico o la parrocchia dovrà «seguire
con una equipe di operatori le pratiche per i documenti, i problemi
amministrativi e l'eventuale esito negativo della richiesta d'asilo
con il ricorso».
Fedeli.
La Cei raccomanda ai parroci di «curare la preparazione della
comunità, articolandola in alcune
tappe:
informazione finalizzata a conoscere chi è in cammino e arriva da
noi; formazione volta a preparare chi accoglie, parrocchie e
famiglie, con strumenti adeguati: costruzione di una piccola equipe
di operatori a livello diocesano e di volontari a livello
parrocchiale provvedendo alla loro preparazione non solo sul piano
sociale, legale e amministrativo ma anche culturale e pastorale con
attenzione anche alle cause dell'immigrazione forzata».
Imu
e assicurazioni. “Le strutture o i locali di ospitalità in
parrocchia devono essere a norma e la parrocchia deve prevedere
l’assicurazione per la responsabilità civile. Se l’attività di
accoglienza si svolge con caratteristiche che ai sensi della
normativa vigente sono considerate commerciali, si applica il regime
generale previsto per tali forme di attività”.
Soldi.
«L'ospitalità in parrocchia è un gesto gratuito ma entra nella
convenzione e nel capitolato che un ente gestore di un 'Cas' o di uno
'Sprar' legato alla diocesi concorda con la Prefettura: la parrocchia
sarà una delle strutture di ospitalità». Oppure, altro caso, «la
parrocchia che ospita un richiedente asilo riceverà un rimborso per
l'accoglienza dall'ente gestore capofila, che entra come specifica
voce nel bilancio parrocchiale». O, ancora, «la parrocchia ospita
gratuitamente, senza accedere ai fondi pubblici, chi esce dal 'Cas' o
dallo 'Sprar': in tal caso, non è necessario richiamare il ruolo
delle prefetture né le relative convenzioni né prevedere un ente
gestore. Infatti, si tratterebbe di attivare un sistema di
accoglienza successivo. Le strutture o i locali di ospitalità in
parrocchia devono essere a norma e la parrocchia deve prevedere
l'assicurazione per la responsabilità civile. Se l'attività di
accoglienza si svolge con caratteristiche che ai sensi della
normativa vigente sono considerate commerciali, si applica il regime
generale previsto».
Controlli.
Infine, «l'accoglienza richiede un monitoraggio in ogni diocesi»,
per cui «a livello nazionale è istituito presso la segreteria
generale della Cei un 'tavolo di monitoraggio dell'accoglienza», che
annualmente si incontrerà con la Commissione Episcopale per le
migrazioni della Cei.
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