1 set 2015

Disoccupazione in netto calo a luglio: senza lavoro al 12%

Disoccupazione in netto calo a luglio: senza lavoro al 12%


Da Repubblica Economia & Finanza.it
Inversione di tendenza dopo la crescita a sorpresa di giugno, i cui dati sono stati rivisti in meglio: si tratta del livello più basso da due anni (luglio 2013). Salgono gli occupati, 44mila in più rispetto al mese precedente e 235mila nell'anno. Il tasso di occupazione (56,3%) ai livelli del 2012. Incide anche la crescita degli inattivi. Forte riduzione tra i giovani: senza lavoro al 40,5%

MILANO - Il tasso di disoccupazione a luglio è sceso al 12%, 0,5 punti percentuali in meno rispetto al mese di giugno e 0,9 punti su anno. Si tratta del livello più basso da due anni (luglio 2013). Netta riduzione anche per i senza lavoro nella fascia dei più giovani: tra gli under 25 il tasso di disoccupazione scende infatti al 40,5%, 2,5 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente.
"Dopo il calo di maggio (-0,2%) e la lieve crescita di giugno (+0,1% rivisto), a luglio 2015 la stima degli occupati cresce ancora dello 0,2% (+44 mila). Il tasso di occupazione aumenta nel mese di 0,1 punti percentuali, arrivando al 56,3% ai livelli di novembre 2012. Nell'anno l'occupazione cresce dell'1,1% (+235 mila persone occupate) e il tasso di occupazione di 0,7 punti", dice l'Istat nel suo comunicato. La stima dei disoccupati diminuisce invece del 4,4% su base mensile, con un calo di 143mila unità. "Nei dodici mesi la disoccupazione diminuisce del 6,6% (-217 mila persone in cerca di lavoro) e il tasso di disoccupazione di 0,9 punti".
Il netto calo della disoccupazione di luglio si spiega anche con l'assottigliarsi della forza lavoro: "Dopo la lieve crescita di maggio (+0,1%) e il calo di giugno (-0,3%), la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta nell'ultimo mese dello 0,7% (+99 mila persone inattive, prevalentemente donne). Il tasso di inattività è pari al 35,9% in aumento di 0,3 punti percentuali. Su base annua l'inattività è in calo dello 0,6% (-87 mila persone inattive) e il tasso di inattività di 0,1 punti", dice ancora l'Istat. La dinamica si rivede tra i giovani. Da una parte, aumenta l'occupazione: +2,6% rispetto a giugno (+22mila) per un tasso di occupazione giovanile, pari al 15,2%, in aumento di 0,4 punti percentuali. Dall'altra, la stima del numero di giovani inattivi è in aumento dello 0,6% nel confronto mensile (+27 mila). La stima del numero di giovani disoccupati diminuisce sensibilmente rispetto a giugno (-51 mila, pari a -7,6%).
Gli analisti di Intesa Sanpaolo avevano pronosticato un calo "marginale al 12,6%, dopo l'aumento a sorpresa a 12,7% del mese precedente (dato oggi rivisto al ribasso, ndr), spiegato da un calo degli occupati ma anche degli inattivi": più persone in cerca di lavoro hanno l'effetto di far salire il tasso di coloro che non lo trovano (ragionando per estremo, in un Paese dove nessuno cerca lavoro non ci sono disoccupati). "La discesa della disoccupazione sarà lenta e irregolare", avevano aggiunto gli analisti, "visto che la ripresa resta debole e che non è escluso che nei prossimi mesi possa riprendere la tendenza al calo inattivi. Riteniamo che il tasso dei senza-lavoro possa rimanere superiore al 12% anche nel resto dell'anno". A giugno, il ministro Giuliano Poletti aveva parlato di "dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi".
Altri dati, quelli sul lavoro comunicati dal Ministero e riguardanti l'attivazione e la cessazione di nuovi contratti, sono stati al centro di un caso nei giorni scorsi visti gli "errori tecnici" con i quali sono stati diffusi e le successive modifiche. Il mix di numeri, pur nella precarietà del quadro informativo e nella sovrabbondanza di fonti che finisce per intorbidire le acque (ai dati Istat sull'occupazione si sommano quelli del ministero sui contratti e quelli analoghi dell'Inps), permette di tracciare un giudizio sull'effetto del Jobs Act (in vigore dal 7 marzo) e delle decontribuzioni (scattate a gennaio) per i nuovi assunti.
Si tratta di un giudizio a luci e ombre, anche in attesa della piena attuazione degli ultimi decreti sospesi. I dati del Ministero hanno mostrato l'effettivo spostamento dei nuovi contratti verso il tempo indeterminato, agevolato dallo sgravio dei contributi fino a 8,060 euro e poi dalla maggiore flessibilità introdotta con le tutele crescenti: mentre nel 2014 tra gennaio e luglio si erano chiusi 137mila contratti indeterminati in più di quanti non se ne fossero aperti, il saldo dei primi sette mesi del 2015 è positivo per 117mila unità. A ciò si aggiunge il balzo del 40% delle trasformazioni da tempo determinato a indeterminato. Ma questi dati tracciano 'solo' la registrazione dei contratti, cioè la loro apertura e chiusura: non è necessariamente una persona in più o in meno sul lavoro, visto che a una stessa persona possono far capo diversi contratti nel corso del mese.
Dalle serie storiche Istat aggiornate oggi emerge che effettivamente nel corso dell'anno c'è stata una ripresa dell'occupazione, ma i numeri non sono certo tali da stappare le migliori bottiglie: da gennaio a luglio si è ampliata la forza lavoro (chi lavora e chi cerca) e il numero degli occupati è salito di 119mila unità, mentre i disoccupati sono 47mila in meno. Più sensibile il richiamo che anche l'Istat, aggiornando i dati trimestrali del secondo periodo dell'anno (aprile-giugno, quindi in pieno Jobs Act), fa sulla tipologia di lavoro. Nel trimestre, l'aumento di occupazione "interessa soltanto i dipendenti, cresciuti nel secondo trimestre del 2015 dell'1,1% (183 mila unità), mentre gli indipendenti rimangono sostanzialmente invariati. Continua, a ritmo più

sostenuto, l'aumento del numero di dipendenti a tempo indeterminato (+0,7%, 106 mila su base annua), associato all'aumento dei dipendenti a termine (+3,3%, 77 mila unità). Si riduce il numero di indipendenti con contratti di collaborazione (-11,4%, -45 mila unità)".

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