5 lug 2015

Il referendum greco? Praticamente irrilevante

Il referendum greco? Praticamente irrilevante

di Davide Fumagalli per Milano Finanza

L'attesa spasmodica per i risultati del referendum indetto dal primo ministro greco, Alexis Tsipras? eccessiva, dal momento che la vittoria dei sì o dei no non cambierà sostanzialmente lo scenario delle prossime settimane. Questo il pensiero di Erik Nielsen, chief economist di Unicredit , che in un report riporta alla realtà lo scenario economico e politico europeo, elencando con una logica inoppugnabile le prossime mosse.

"L'euro zona è entrata nella sua terza crisi degli ultimi 7-8 anni, e le solite cassandre sono tornate predire la fine imminente del progetto europeo. Si sbagliano (di nuovo)", afferma Nielsen. La prima crisi è stata quella finanziaria importatò dagli Stati Uniti, ed è stata affrontata nel breve con le ricapitalizzazioni delle banche e la pulizia costante di bilancio. Strutturalmente con l'introduzione della unione bancaria: anche se non ancora pienamente in atto, l'unione bancaria è un balzo in avanti nel processo di integrazione europea, e la soluzione del problema chiave dei legami tra debiti sovrani e delle banche, al di là di quello che molte persone sembrano rendersi conto.

La seconda crisi, spiega Nielsen, è stata quella dei debiti sovrani, che in fondo è stata causata dai limit statutari della BCE (che non poteva essere il prestatore di ultima istanza, rendendoi  Paesi soggetti ad attacchi speculativi). E' stata però risolta in primo luogo dagli interventi sul mercato del debito sovrano (SMP), e strutturalmente dalla creazione della OMT presso la BCE, così comecon la creazione del SESF e MES. In questo modo, un attacco a uno Stato sovrano che si sta impegnando in politiche macroeconomiche e strutturali decenti, sarà accolto dalla frase di Draghi, "qualsiasi cosa sia necessaria per salvare l'euro", e dalla potenza di fuoco teoricamente illimitata della BCE.

La terza crisi, quella attuale, è politica ed è causata dalla elezione del governo guidato da Syriza in Grecia e dalla sua agenda politica "alternativa", per usare un eufemismo, accoppiata con la sua strategia politica tanto ingenua quanto arrogante costruita attorno alla falsa convinzione che il suo mandato democratico sia più valida di quello degli altri governi europei. Secondo Nielsen, anche questa crisi si concluderà come le precedenti, e non sarà appunto influenzata dall'esito del referendum greco.

"La mia impressione è che il governo greco cadrà in breve tempo semplicemente perché la storia dice che i governi di coalizione fragili non durano a lungo nelle economie in rapida contrazione. E non c'è scenario plausibile che possa stabilizzare l'economia greca nel breve termine", spiega Nielsen, "la probabilità di un super pacchetto di salvataggi" dal resto d'Europa e dal Fondo monetario internazionale sembra inconcepibile, di certo fino a quando l'attuale governo (e in effetti il ​​parlamento) è al potere".

Nielsen analizza poi gli scenari in entrambi i casi. Se vincerà il sì, ci sono tre possibilità: 
1. Il governo, dopo aver fatto una campagna per il no, fa la cosa onorevole e si dimette, lasciando il campo a un nuovo governo di grande coalizione sulla base del parlamento esistente o di elezioni anticipate. Per Nielsen, però, sino a che non si formerà un governo con una visione meno ideologizzata e più realista della tragica situazione greca, molto probabilmente dopo elezioni politiche anticipate, non vede "alcuna possibilità di qualsiasi aiuti finanziari. Sarà niente meno di un mese di orrore, eppure offre le migliori prospettive per la Grecia perché offre alla popolazione la possibilità di eleggere un parlamento impegnato a mettere la Grecia su un percorso verso la modernità".

2. Tsipras, pur deluso per il risultato, sostiene di rispettarlo e si dirige a Bruxelles per trovare qualcuno con il quale può firmare un accordo. Naturalmente i creditori hanno ritirato la proposta ora approvata dal popolo greco, ma con voto una vittoria del sì non avranno alternative che spolverarlo e firmarlo. Tuttavia, aggiunge Nielsen, "con un governo greco fresco di una campagna contro il documento che è ora pronto a firmare, lo scetticismo per quanto riguarda l'attuazione - giustamente - sarà altissimo, quindi gli europei chiederanno un serio gruppo di azioni precedenti. Dubito fortemente che l'attuale parlamento greco (qualunque sia il governo) passerà queste azioni (a meno che la popolazione abbia voto "sì" alle riforme con una maggioranza schiacciante), e, se lo facessero, Syriza non rimarrà insieme - e il governo non sopravviverà".

3. Se il risultato fosse invece un "sì" con una maggioranza di due terzi o più dei votanti, e Tsipras rimanesse ancorato alla poltrona senza dimettersi, è possibile che il presidente Pavlopoulos decida di far scattare elezioni anticipate, che egli può fare dimettendosi e poi sperando (con un'alta probabilità) che il parlamento non riesca a eleggere un nuovo presidente. Questo sarebbe un percorso che richiede tempo e quindi molto doloroso vista la situazione della Grecia.
Se invece vincerà il no, Tsipras ha già annunciato che che andrà a Bruxelles per negoziare e firmare un accordo rivisto (con un minor numero di riforme) entro 24 ore. Tuttavia, egli non ha spiegato perché pensa che i creditori dovrebbero accettare di consegnargli il denaro dei propri contribuenti contro un minor numero di riforme, solo perché la maggioranza dei debitori greci pensa che questa sia una buona idea. 
"In questo scenario, credo che vedremo un tentativo di introdurre una moneta greca parallelo (forse prima sotto forma di pagherò), ma sono scarse probabilità di successo", conclude Nielsen, "ho difficoltà a vedere questo governo (in difficoltà anche con i più elementari problemi logistici) essere in grado di gestire il processo di produzione di nuove banconote e monete  in un breve periodo di tempo, e ho ancora maggiori difficoltà ad attribuirgli la credibilità politica necessaria per sottoscrivere la propria moneta". Il risultato? "Nessuno vorraà essere pagato (per il suo lavoro, per servizi o prodotti venduti al settore pubblico, o per la sua pensione) in questa nuovo moneta, e nessuno nel settore privato l'accetterà come pagamento per i propri prodotti", conclude Nielsen, " ma anche questo tentativo sarà relativamente breve. Come ricorderete lo Zimbabwe - un altro Paese che non ha onorato i propri debito con  il'FMI - ha tentato questa strada, ma ha rinunciato nel 2009, quando ha abbandonato la moneta nazionale. Non vedo come l'attuale governo greco possa sopravvivere in questo scenario".

La risoluzione strutturale dei problemi greci richiederà invece almeno dieci anni, durante i quali occorrerà ricostruire su basi sostenibili tutti gli economics, a partire dalla riscossione delle tasse che ora in Grecia non paga più nessuno, senza che il governo abbia la forza politica - o la volontà- di far rispettare la legge. Per Nielsen, però, la crisi greca non farà che accelerare e rafforzare il processo di integrazione europea, esattamente come le due precedenti crisi. Con buona pace di chi grida all'inizio della fine dell'euro.


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