16 giu 2015

Renzi non è in declino, ma deve governare

Renzi non è in declino, ma deve governare

Editorial Director, L'Huffington Post
Volano sicuramente stormi di uccelli intorno a Matteo Renzi. Ma stavolta si tratta di avvoltoi. Nei commenti postelettorali già si avverte nelle corde delle élite del Paese una sorta di ridimensionamento del potere del "giovane premier". L'Italia è così - eccessiva nelle lodi e precipitosa negli abbandoni.

Ma la verità è un'altra: Matteo Renzi non era così forte quando un coro gli ripeteva che sarebbe durato vent'anni, e oggi non è così debole come lo vogliono i critici e molti ex ammiratori. Gli ultimi appuntamenti elettorali sono sono stati un voto di mid-term, una verifica dell'azione del leader: e la realtà ha fatto prepotente irruzione nel mondo di Palazzo Chigi. Per Renzi è arrivato il momento di dimostrare di che pasta è fatto.
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Vediamo intanto con precisione di cosa parliamo. Dalle urne esce un altro ridimensionamento del Pd, parte però di un vero e proprio trend: tra astensione, spaccature interne e sconfitte vere e proprie, dal voto in Emilia Romagna in poi nelle urne si sono fatte visibili l'ampiezza e l'irreversibilità della crisi del Pd.
Che il partito non funzionasse d'altra parte si sapeva: se non fosse stato così, Matteo Renzi non lo avrebbe scalato con la facilità e lo slancio con cui ha vinto. Ma ora si può aggiungere che nemmeno l'arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi è bastato a tamponare questa crisi.
Di chi è la colpa? La reazione in queste prime ore è purtroppo ancora una volta la stessa: renziani che accusano la sinistra dem (in questo caso a Venezia) e antirenziani che puntano il dito sui candidati del premier (ad Arezzo). Ma lo scaricabarile è un modo classico per non capire nulla, e non cambiare nulla. Da queste elezioni non esce nessun vincitore, dentro il Pd. È il partito tutto, nella versione governativa o di sinistra, che perde colpi. Ed è il partito tutto che condivide la responsabilità di non aver preso davvero atto della sua crisi.
Un po' di mesi fa ho scritto di una falla nel governo di Renzi, della sua mancata "connessione sentimentale" con il Paese: fu in occasione dell'alluvione di Genova, dove il premier, sempre così presente in tanti eventi, non andò. Palazzo Chigi rispose che il presidente del Consiglio sarebbe andato solo per "portare soluzioni". Genova non ha evidentemente atteso. È un esempio tra molti: il rapporto di distanza con l'Italia non ha mai davvero fatto progressi nel cuore del nuovo Pd. Questo non è mai stato un governo che mostrasse "pietas" - ha messo avanti la polemica riformista con i sindacati al gesto di schierarsi con i disoccupati, ha preferito fare rischiosi giochi di equilibrio giuridico-verbali invece di affrontare di petto la disgregazione dei governi e delle varie classi dirigenti locali. Né è stato aiutato Renzi dalla sua stessa minoranza, che a sua volta ne ha condiviso il difetto: tanto ferma sulle questioni interne del partito, tanto assente nel rapporto con la realtà. Ricordate voi una parola della minoranza sui migranti, sulle giunte in difficoltà, sull'Europa stessa?
E se il premier ha pensato di risolvere il suo rapporto con il Paese con un rito di seduzione continua e subliminale - la dannatissima, ridicola, cosiddetta "narrativa" costruita come un videogame, in senso letterale - i dissidenti dem hanno finito con il difendere del Pd solo un passato sui cui era evidente che fossero già' caduti.
Difficile oggi non vedere (e lo si è anche scritto) che il Pd tutto si è rinchiuso nel quadrilatero del potere romano. La politica si è sussunta nell'estenuante gioco di maggioranze che cambiavano in aula, battaglie feroci su emendamenti, condotte a botte di trucchi parlamentari e personali. Mai governo è stato più' politicista del primo governo Renzi.
Fino a che la realtà espulsa si è presentata insalutata ospite alla porta del meraviglioso futuro che si aspettava. Si è presentata sotto forma di crisi dei profughi. Sotto forma di egoismo dell'Europa. Sotto forma di inchieste giudiziarie. Sotto forma di crisi delle gestioni delle città e del territorio. Ma ancora non è stata vista. Con il risultato di aver lasciato spazio a una nuova destra, e aver provocato altra disaffezione tra gli iscritti del Pd che, evidentemente, non sono più sicuri che il partito stia dando loro una guida, e ancor meno soluzioni.
Ieri una giovane donna, Cecilia Strada, figlia di Gino Strada, fortemente impegnata nel sociale, ha raccolto questo spirito dei tempi, con una lucidità che lascia senza replica. Nel suo blog ha scritto:
"Risposta collettiva per tutti quelli che "perché non ospiti i profughi a casa tua, eh?": e perché dovrei? Vivo in una società e pago le tasse. Pago le tasse così non devo allestire una sala operatoria in cucina quando mia madre sta male. Pago le tasse e non devo costruire una scuola in ripostiglio per dare un'istruzione ai miei figli. Pago le tasse e non mi compro un'autobotte per spegnere gli incendi. E pago le tasse per aiutare chi ha bisogno. Ospitare un profugo in casa è gentilezza, carità. Creare - con le mie tasse - un sistema di accoglienza dignitoso è giustizia. Mi piace la gentilezza, ma preferisco la giustizia".
Vogliono in fondo poche cose i cittadini d'Italia: vorrebbero città senza spazzatura e senza pericoli, vorrebbero scuole di qualità, una idea chiara di cosa ci succede nella vasta crisi che ci sta cambiando tutti, una qualche verità sulla nostra economia, la certezza di essere trattati tutti allo stesso modo, senza favoritismi. E la sicurezza infine che il proprio denaro conferito al pubblico non sia il bancomat di squadre di imprenditori e politici che si sentono autorizzati a usarlo proprio in quanto pubblico.
Non c'è questione morale in tutto questo. C'è questione di regole, che è molto di più. Le regole sono il fluido che muove il mondo concreto in cui viviamo. Stabilire queste regole e farle rispettare significa governare. Purtroppo alla fine non si può' che concludere che il decisionista Renzi oggi è in difficoltà per troppo poco governo delle cose.
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Ma è questo l'inizio del suo declino? Ovviamente no. E non perché è giovane ed energico come si ama dire - queste virtù si usano per I cavalli.
Renzi non ha concluso perché suo è il tema dell'Italia di oggi: il cambiamento. L'ha imposto lui, ed è ancora nelle sue mani, perché la destra non ha cambiamento da proporre ma i soliti vecchi schemi di nazionalismo e localismo. La destra è malata di nostalgia, e Renzi ancora no.
Questo è il suo vantaggio strategico.
Ma ora è il momento per lui di capire come interpretarlo. Se nel modo verticista e politicista quale è stato finora, o affondando le mani nei problemi.
Non è un caso che solo il jobs act per quanto discussa da molti, abbia avuto risultati, perché azione concretissima. Altre cose si possono fare, e subito.
Sugli immigranti - che definiranno il nostro futuro - è ora di decidere come affrontare questa crisi. Se questo ci costerà uno scontro con l'Europa, un'azione di rottura, va bene. Non si può obbedire all'egoismo politico di questa istituzione comunitaria.
C'è poi il nodo del governo dei territori. Che faranno i nuovi governatori eletti con questo voti dimezzati? Che progetti hanno? Renzi dovrebbe ottenere da loro una sorta di carta programmatica che ne unifichi l'azione invece di lasciarli alle loro sparse autonomie - a partire dallo scioglimento del nodo De Luca.
Infine le città. Prima fra tutte Roma. A mio modesto parere questa melina di parole che avvolge il futuro del Comune, queste inchieste sul ricambio del Pd, appaiono solo un fumogeno agli occhi dell'elettore. La verità su Roma è che la Capitale non funziona non tanto perché c'è Mafia Capitale, ma perché è piena di spazzatura e violenza. Marino si dovrebbe dimettere per le condizioni in cui si presenta al mondo la Città Eterna, per lo stato dei suoi parchi, delle sue stazioni e dei suoi mezzi pubblici. Buzzi lo lascerei ai magistrati. Uguale la storia di Milano, o Napoli. Tutte città in uno stato di crisi non dichiarata. Napoli muore da tempo, a volte senza benzina per gli autobus, a volte per un traghetto che si incendia, spesso per chiusura di negozi o per disoccupazione crescente. Altro che Gomorra. E a Milano un sindaco gentile che non vuole cavalcare il suo disagio sta andando via e solo i gonzi credono che lo faccia perché è stanco.
È tempo insomma che Renzi cominci a governare.


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