31 gen 2016
Vino a solfiti zero prodotto all'Università di Pisa
Vino a solfiti zero prodotto all'Università di Pisa
Da ricercatori metodo vinificazione senza chimica aggiunta
- ROMA - Un vino che esclude in maniera inequivocabile il ricorso all'aggiunta di additivi chimici, particolarmente di solfiti. E' questo il progetto 'Onlywine', frutto della ricerca dei tecnologi alimentari del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e agroambientali dell'Università di Pisa, che si è tradotto in realtà con la produzione delle prime bottiglie presso la tenuta Fattoria dei Barbi a Montalcino guidata da Stefano Cinelli Colombini. Ora il protocollo di produzione 'Onlywine' prepara lo sbarco sul mercato, con l'intenzione dei ricercatori universitari di tradurlo in una linea di vinificazione da proporre al consumatore che vuole vino naturale al 100%. Dal momento che il protocollo 'Onlywine' non prevede l'aggiunta di additivi chimici (sostanze chimiche, conservanti, proteine di origine animale, e così via), il vino ottenuto può essere consumato anche da soggetti allergici, intolleranti e con regimi dietetici particolari, per esempio i vegani)- sottolinea Angela Zinnai, professore presso il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali dell'Università di Pisa e docente del corso di Enologia e analisi enologiche del corso di laurea in Viticoltura e Enologia alla stessa università. "La prima vinificazione 'Onlywine' è stata condotta nel 2013 con uve bianche presso la cantina sperimentale dell'Università di Pisa - racconta Zinnai - I risultati sono stati molto interessanti. In particolare Stefano Cinelli Colombini si è offerto di permetterci di proseguire la sperimentazione, impiegando uve rosse da lui fornite. Così si è ottenuto il primo rosso "Only wine", nel 2014. Inoltre, si è dichiarato disponibile ad adottare il protocollo che gli avessimo fornito per produrre a livello aziendale".
- Da ANSA.it
Omaggio tricolore: luci sui monumenti per i 60 anni di gemellaggio Roma-Parigi ( Foto )
Omaggio tricolore: luci sui
monumenti per i 60 anni di
gemellaggio Roma-Parigi
Il
tricolore italiano e quello francese risplendono nella notte per
celebrare i 60 anni del gemellaggio tra Roma e Parigi: illuminazioni
artistiche con i colori delle due bandiere hanno brillato su tutti i
palazzi del Campidoglio (Palazzo Senatorio, Palazzo dei Conservatori
e Palazzo Nuovo) e su Ponte Sant'Angelo. Luci in progressione, poi,
con i nuovi impianti a led su tutti gli altri 15 ponti sul Tevere,
grazie al progetto di illuminazione promosso dall'Acea che si
inaugura proprio stasera. E ancora, dalla Terrazza del Pincio fasci
di luce hanno illuminato il cielo di Roma e la Fontana di Piazza del
Popolo si è accesa con i colori delle due nazioni
da Repubblica.it
30 gen 2016
Scoperta enorme nube di gas in collisione con la Via Lattea
Scoperta enorme nube di gas in collisione con la Via Lattea
L’impatto
avverrà tra 30 milioni di anni
Una
gigantesca nube di gas sta sfrecciando a oltre 1.000.000 di
chilometri orari in rotta di collisione con la nostra galassia: fu
espulsa dalla Via Lattea 70 milioni di anni fa e adesso sta tornando
come un boomerang. Si chiama «Nube di Smith», dal nome della
studentessa di astronomia che la scoprì negli anni ’60, e lo
studio guidato da Andrew Fox, del Space Telescope Science Institute
(StscI) di Baltimora, pubblicato su Astrophysical Journal
Letters, dimostra che l’impatto avverrà tra 30 milioni di
anni. Di nubi vaganti che sfrecciano ai bordi della Via Lattea, come
quella di Smith, se ne conoscono migliaia e di nessuna di queste se
ne conosceva finora traiettoria e composizione.
Per
scoprire i dettagli della Nube di Smith i ricercatori hanno usato il
telescopio spaziale Hubble, realizzato grazie alla collaborazione di
Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa). Per capirne la composizione
hanno analizzato la luce proveniente da lontane galassie che si
trovano dietro alla nube, usandola come una sorta di filtro. Questo
ha permesso di capire che la Nube di Smith, contrariamente a quanto
ipotizzato da molti studi, è costituita da materiale proveniente
dalla stessa Via Lattea. Le cause di questa “espulsione” restano
ancora un mistero ma ciò che è emerso con certezza è che la nube
sta ora ricadendo verso la nostra galassia alla velocità di oltre
1milione di chilometri orari. L’impatto avverrà tra circa 30
milioni di anni e stravolgerà l’intera regione colpita: l’arrivo
di questa grande quantità di gas alimenterà infatti la produzione
di un gran numero di nuove stelle.
«È
un esempio di come la galassia cambi nel tempo - ha spiegato Fox - ci
dice che la Via Lattea è in `ebollizione´, un luogo molto attivo
dove i gas possono essere sparati via da una parte del disco
galattico e poi ricadere in un’altra regione».
Da
LA STAMPA.IT
Il futuro dell’Europa è in mano alla Generazione Erasmus
Il futuro dell’Europa è in mano alla Generazione Erasmus
Abbiamo
viaggiato e vissuto il Vecchio Continente più di tutti gli altri,
ora dobbiamo impegnarci perché questo sogno non scompaia
Mai
come in questo momento l’Europa vacilla vistosamente davanti alla
sfida dei migranti e viene
messa in discussione la libera circolazione delle persone (oltre alle
merci, servizi e capitali introdotte grazie al trattato di Schengen),
pensando al ripristino delle frontiere interne. Così non è solo un
accordo fra Stati a volatilizzarsi ma il senso stesso del progetto
europeo.
Schengen
è l’ultima trincea, l’ultimo baluardo in cui l’europeismo può
ancora sperare di resistere all’avanzare del sovranismo nazionale.
Le
frontiere però si stanno ripristinando,
questo è un fatto, c’è il rischio che chiusure sempre più
incomprensibili (muri e chilometri di filo spinato) e un’ossessiva
ristrettezza delle libertà vengano giustificate dalla ricerca di
sicurezza. Una strada della paura che porterà, in
primis,
alla negazione della libertà dei cittadini europei.
Sono
convinto che le frontiere debbano essere sempre più pensate, e
vissute, da luogo di scontro e divisione ad aree d’incontro e
cooperazione. Per farlo non si può mettere in discussione una delle
più grandi conquiste della nostra civiltà europea: la libertà di
circolazione.
Come
fare coesistere libertà di circolazione e le nuove minacce che
stanno alimentando il vento del nazionalismo e del populismo?
L’alternativa c’è: dotare l’Europa di frontiere esterne e
controllarle. Per farlo serve che l’Ue si dia un governo federale,
un bilancio e una politica estera condivise e un esercito comune.
Perché di fronte alla sfide che ci troviamo di fronte il federalismo
europeo di Spinelli è l’unico progetto politico credibile. È ogni
giorno più evidente che a livello nazionale non è possibile
affrontare le crisi dell’economia e della sicurezza.
Se
gli attuali dirigenti, la classe politica, abbandoneranno la strada
geli Stati Uniti d’Europa cedendo ai colpi dei vari nazionalismi a
pagarne le conseguenze saranno le ragazze e i ragazzi. La fila alle
frontiere è una prigione per il futuro, una gabbia nella quale ci
sta rinchiudendo la scarsa visione di una classe dirigente europea,
ma non europeista.
Abbiamo
viaggiato e vissuto l’Europa più di tutti gli altri, ne abbiamo
assaporato i vantaggi e siamo cresciuti in questa meravigliosa culla
di civiltà e cultura. Ora dobbiamo impegnarci affinché l’Europa
che abbiamo conosciuto non scompaia. Tocca
adesso alla Generazione Erasmus,
quella di internet e dei voli low-cost, realizzare il sogno degli
Stati Uniti d’Europa raccogliere idealmente il testimone da quella
generazione che nelle macerie del dopoguerra iniziò il cammino
europeista e la creazione del nuovo soggetto. Il futuro del Vecchio
Continente dipenderà da come la nostra generazione, noi non qualcun
altro, riuscirà a cambiare l’Europa di oggi
Travaglio furioso con i critici di Renzi: l’opposizione sono io e solo io
Travaglio furioso con i critici di Renzi: l’opposizione sono io e solo io
Il
direttore del Fatto fa sua la linea del socialfascismo del Comintern
1928
Meglio
pochi che bene accompagnati: l’opposizione al mostruoso regime
renziano è monopolio esclusivo del Fatto, e chi osa alzare la
voce contro le malefatte del governo deve starsene zitto,
chiedere scusa e sperare che Travaglio non infierisca.
La
sorprendente dichiarazione programmatica – paragonabile alla
svolta del VI congresso del Komintern, che nel 1928 coniò il
termine “socialfascismo” per bollare come irriducibile nemico del
popolo chiunque, socialisti inclusi, non fosse comunista – è
contenuta in un editoriale stancamente dedicato alle
“epurazioni” in Rai (di cui a dire il vero non si vede traccia,
un po’ come nella storia di Pierino e del lupo, ma pazienza).
“Troviamo
curiosa e stucchevole l’aria stupefatta di chi insorge contro gli
uzzoli censorii dei giannizzeri governativi”, scrive un
ispiratissimo Travaglio. Sul banco degli imputati nientepopodimenoché
“Roberto Saviano, Ezio Mauro, sinistra Pd e opposizioni
varie”, colpevoli di aver criticato ieri l’intemerata di
Michele Anzaldi contro Ballarò.
“Proteste
che condividiamo in pieno”, precisa il direttore del Fatto: e
tuttavia indelebilmente segnate da un vizio di origine che non
può essere perdonato. “Ma queste anime belle – s’infervora
Travaglio – ci sono o ci fanno?”.
Perché,
questo è il ragionamento del giovane erede del Komintern, il regime
c’è già da un pezzo e nessuno di loro ha imbracciato le armi
quando avrebbe dovuto, cioè quando il Fatto era “il solo
giornale che osava denunciarlo”.
Le
“animucce candide” che hanno diretto Repubblica, scritto Gomorra,
militato contro Renzi nel Pd e contro il suo governo in
Parlamento devono dunque tacere, e per sempre: l’opposizione è
mia e me la gestisco io.
Renzi e Franceschini a Ventotene, luogo simbolo dell'Europa
Renzi e Franceschini a Ventotene, luogo simbolo dell'Europa
Matteo Renzi durante l'incontro con AngelaMerkel (afp)
I
fiori sulla tomba di Altiero Spinelli, confinato sull'isola durante
il fascismo. Contribuì al manifesto europeo
VENTOTENE
- A ventotene, all'indomani dell'incontro con Angela Merkel, per
rilanciare l'idea di Europa. Matteo Renzi, insieme al ministro per i
Beni culturali, Dario Franceschini, è in visita nell'isola dove, dal
confino, tra il 1941 e il 1944, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e
Ursula Hirschmann scrissero il manifesto "Per un'Europa libera e
unita", poi conosciuto appunto come "Manifesto di
Ventotene".
Il
presidente del Consiglio Renzi, arrivato nell'isola in elicottero e
ha portato un mazzo di fiori sulla tomba di Spinelli, del quale
quest'anno ricorrono i trent'anni dalla morte. "Abbiamo deciso
con Franceschini di andare a Ventotene. Per dire che il grande ideale
dell'Europa ha bisogno di essere rilanciato e serbato per un nuovo
avvenire", ha spiegato Renzi. Nel suo intervento il premier
ribadirà gli ideali che sono stati alla base del progetto di unità
europea, ideali da recuperare e rilanciare in una fase
particolarmente critica dell'Ue, che, con il dibattito sulla
sospensione del trattato di Schengen, sta mettendo in discussione se
stessa.
Renzi,
Franceschini e il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti,
presenteranno le idee per la valorizzazione e il recupero del carcere
di Santo Stefano, la piccola isola a due chilometri di distanza. Nel
penitenziario, costruito nel 1795, fu imprigionato nel 1930, per un
anno, Sandro Pertini che poi sarebbe diventato presidente della
Repubblica.
Da
Repubblica.it
29 gen 2016
Il nuovo Erasmus dei laureati Gli italiani sono i più bravi d’Europa
Il
nuovo Erasmus dei laureati
Gli italiani sono i più bravi d’Europa
di Antonella De Gregorio per IL Cvorriere Della Sera.it
La metà di chi fa il tirocinio all’estero viene assunto. Il presidente di Almalaurea: «Abbiamo dei licei che li preparano benissimo»
Esplora
il significato del termine: Né choosy, né in fuga. I ragazzi
italiani che si sistemano all’estero sono semplicemente bravi. I 70
mila laureati che ogni anno partono in cerca di condizioni migliori,
di paga o di vita, sanno farsi valere e con poco sforzo si
conquistano la stima dei datori di lavoro (e una carriera). La
conferma in un’analisi della Commissione europea sull’impatto di
«Erasmus+», ultimo nato e molto amato tra i programmi per la
mobilità che, erede dello storico Erasmus (nato per agevolare
esperienze di studio all’estero durante gli anni dell’università),
consente scambi ed esperienze di lavoro, generalmente della durata di
sei mesi, a giovani lavoratori, volontari, insegnanti
l’Erasmus»Mogherini
e la tesi sull’Islam
Le
offerte delle imprese
Un
programma che sembra far bene soprattutto agli italiani: 6 mila
quelli impegnati in attività di tirocinio, secondi solo ai turchi
per numero di candidature presentate. Il focus della Ue sottolinea
che per i giovani del Sud dell’Europa si riducono i tempi di
disoccupazione e che gli italiani sono quelli con gli esiti migliori:
dopo il tirocinio, il 51% riceve un’offerta di lavoro dall’impresa
che l’ha ospitato. La media europea è del 30%. Dati che il
direttore dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire, Flaminio Galli,
commenta in chiave politica: «Viviamo un momento storico in cui
torna la tentazione di alzare frontiere e steccati, mentre la
mobilità degli studenti e dei docenti rafforza l’identità comune
europea, migliora la preparazione individuale e favorisce
l’occupazione».
Curiosi
e determinati
Ivano
Dionigi, ex rettore dell’Alma Mater di Bologna e da ottobre
presidente di Almalaurea, li legge come conferma di un fenomeno tutto
italiano: un flusso netto di capitale umano altamente qualificato,
fortemente sbilanciato in una sola direzione. Lo scambio non è più
scambio, insomma, ma drenaggio. «Una perdita secca di risorse umane
per il Paese», dice. Fuga, appunto, non interazione, come invece
sarebbe nelle intenzioni della Ue. «Che i nostri ragazzi siano
apprezzati e si facciano valere mi allieta, non mi sorprende e mi fa
arrabbiare — dice — perché il Paese è maledettamente noncurante
di loro». Sul perché vengano premiati non ha dubbi: «Sono più
bravi». E lo sono perché «in Italia abbiamo i licei migliori del
mondo, e i nostri studenti sono più flessibili». Abbiamo meno
laboratori e risorse, ma più linguaggi, «combiniamo meglio le due
culture, le humanities e le scienze». L’analisi della Ue mette in
luce anche alcune caratteristiche psicologiche: i candidati dell’area
Europa del Sud, più dei coetanei di altre aree geografiche e più di
quelli che non hanno intenzione di partire, mostrano più marcati
tratti di personalità in aree ritenute importanti dai datori di
lavoro: fiducia in se stessi, serenità, determinazione, energia,
curiosità.
Emigrazione
di cervelli
Ma
se è consolatorio riconoscere le peculiarità del nostro sistema
formativo, che fa sì che — riassume Dionigi — «la soluzione
tecnica a un problema un imprenditore magari la chiede a un tedesco,
ma per stendere la relazione preferisce un italiano», resta il fatto
che l’emigrazione dei nostri giovani professionisti è un buco
nero. E se lo studio e il lavoro all’estero diventano il destino
finale del percorso formativo, anziché rappresentarne una tappa, è
perché fuori dai confini si trovano servizi migliori e aiuti allo
studio: «I ragazzi imparano le lingue, non pagano le tasse e trovano
lavoro», sintetizza Dionigi. Che una soluzione ce l’ha: «Iniziamo
con il garantire il primo triennio di studi universitari gratuito per
tutti». Con l’obbligo di frequentare e di sostenere gli esami nei
tempi previsti. Poi, certo, serve un mercato del lavoro più equo,
dove tutti abbiano le giuste tutele, serve debellare nepotismo e
baronie. Poi si potrà andare all’estero «per completare gli studi
e perfezionarsi, trovare un primo o magari un secondo lavoro e, alla
fine, tornare in patria, per mettere a frutto le esperienze
accumulate e occupare posizioni di maggiore vantaggio e
responsabilità».Né choosy, né in fuga. I ragazzi italiani che si
sistemano all’estero sono semplicemente bravi. I 70 mila laureati
che ogni anno partono in cerca di condizioni migliori, di paga o di
vita, sanno farsi valere e con poco sforzo si conquistano la stima
dei datori di lavoro (e una carriera). La conferma in un’analisi
della Commissione europea sull’impatto di «Erasmus+», ultimo nato
e molto amato tra i programmi per la mobilità che, erede dello
storico Erasmus (nato per agevolare esperienze di studio all’estero
durante gli anni dell’università), consente scambi ed esperienze
di lavoro, generalmente della durata di sei mesi, a giovani
lavoratori, volontari, insegnanti.
«Noi abbiamo fatto l’Erasmus»Mogherini e la tesi sull’Islam
Le
offerte delle imprese
Un
programma che sembra far bene soprattutto agli italiani: 6 mila
quelli impegnati in attività di tirocinio, secondi solo ai turchi
per numero di candidature presentate. Il focus della Ue sottolinea
che per i giovani del Sud dell’Europa si riducono i tempi di
disoccupazione e che gli italiani sono quelli con gli esiti migliori:
dopo il tirocinio, il 51% riceve un’offerta di lavoro dall’impresa
che l’ha ospitato. La media europea è del 30%. Dati che il
direttore dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire, Flaminio Galli,
commenta in chiave politica: «Viviamo un momento storico in cui
torna la tentazione di alzare frontiere e steccati, mentre la
mobilità degli studenti e dei docenti rafforza l’identità comune
europea, migliora la preparazione individuale e favorisce
l’occupazione».
Curiosi
e determinati
Ivano
Dionigi, ex rettore dell’Alma Mater di Bologna e da ottobre
presidente di Almalaurea, li legge come conferma di un fenomeno tutto
italiano: un flusso netto di capitale umano altamente qualificato,
fortemente sbilanciato in una sola direzione. Lo scambio non è più
scambio, insomma, ma drenaggio. «Una perdita secca di risorse umane
per il Paese», dice. Fuga, appunto, non interazione, come invece
sarebbe nelle intenzioni della Ue. «Che i nostri ragazzi siano
apprezzati e si facciano valere mi allieta, non mi sorprende e mi fa
arrabbiare — dice — perché il Paese è maledettamente noncurante
di loro». Sul perché vengano premiati non ha dubbi: «Sono più
bravi». E lo sono perché «in Italia abbiamo i licei migliori del
mondo, e i nostri studenti sono più flessibili». Abbiamo meno
laboratori e risorse, ma più linguaggi, «combiniamo meglio le due
culture, le humanities e le scienze». L’analisi della Ue mette in
luce anche alcune caratteristiche psicologiche: i candidati dell’area
Europa del Sud, più dei coetanei di altre aree geografiche e più di
quelli che non hanno intenzione di partire, mostrano più marcati
tratti di personalità in aree ritenute importanti dai datori di
lavoro: fiducia in se stessi, serenità, determinazione, energia,
curiosità.
Emigrazione
di cervelli
Ma
se è consolatorio riconoscere le peculiarità del nostro sistema
formativo, che fa sì che — riassume Dionigi — «la soluzione
tecnica a un problema un imprenditore magari la chiede a un tedesco,
ma per stendere la relazione preferisce un italiano», resta il fatto
che l’emigrazione dei nostri giovani professionisti è un buco
nero. E se lo studio e il lavoro all’estero diventano il destino
finale del percorso formativo, anziché rappresentarne una tappa, è
perché fuori dai confini si trovano servizi migliori e aiuti allo
studio: «I ragazzi imparano le lingue, non pagano le tasse e trovano
lavoro», sintetizza Dionigi. Che una soluzione ce l’ha: «Iniziamo
con il garantire il primo triennio di studi universitari gratuito per
tutti». Con l’obbligo di frequentare e di sostenere gli esami nei
tempi previsti. Poi, certo, serve un mercato del lavoro più equo,
dove tutti abbiano le giuste tutele, serve debellare nepotismo e
baronie. Poi si potrà andare all’estero «per completare gli studi
e perfezionarsi, trovare un primo o magari un secondo lavoro e, alla
fine, tornare in patria, per mettere a frutto le esperienze
accumulate e occupare posizioni di maggiore vantaggio e
responsabilità».
Vicini sull’immigrazione, meno sulla flessibilità. Cosa hanno detto Renzi e Merkel
Vicini sull’immigrazione, meno sulla flessibilità. Cosa hanno detto Renzi e Merkel
In
sintesi, le parole pronunciate dal premier italiano e dalla
cancelliera tedesca nella conferenza stampa dopo il pranzo di lavoro
Angela
Merkel: Abbiamo
parlato del fatto che abbiamo bisogno di più Europa. Abbiamo
parlato di come poter sviluppare la nostra cooperazione, che è già
buona ma vogliamo potenziarla.
La
creazione di nuovi posti di lavoro è un’altra sfida importante.
Renzi ha iniziato un’agenda di riforme molto ambiziosa e la sta
portando avanti passo dopo passo. Sta andando nella giusta direzione
e gli auguro che la riforma del lavoro possa avere buoni risultati
per il futuro dell’Italia e dell’Europa.
Organizzeremo
prima in Germania e poi in Italia una conferenza economica che si
occupi della digitalizzazione delle infrastrutture industriali, ci
saranno sinergie italo-tedesche che saranno sviluppate.
Per
quanto riguarda l’genda dell’Ue e della Turchia sui profughi,
abbiamo bisogno di progressi e dobbiamo concentrarci sulla rotta dei
Balcani e combattere l’immigrazione clandestina. Stiamo lottando
contro i responsabili di questa tratta di esseri umani, soprattutto
via mare.
Giovedì
prossimo saremo insieme a una conferenza per sostenere i profughi che
provengono da Libano e Giordania e vogliamo intraprendere misure
di stabilizzazione in vista della conferenza sulla Siria. Italia e
Germania possono fare di più insieme in questo senso, ad esempio
sull’addestramento delle forze libiche in Tunisia. Abbiamo tutto
l’interesse che i Paesi del Mediterraneo che si trovano più vicini
possano contribuire a fermare l’immigrazione clandestina. Nel 2017,
l’Italia ospiterà una conferenza su Balcani.
Sul
rischio di Brexit, abbiamo detto che faremo tutto ciò che è in
nostro potere perché la GB resti nell’Ue.
Matteo
Renzi: È
la quarta volta che ho il piacere di visitare questo bellissimo
palazzo, la terza da premier. Grazie agli sforzi del governo italiano
e la collaborazione dell’Ue e degli amici tedeschi sono qui non più
con un elenco di impegni, ma di riforme realizzate. Siamo in un
momento delicato della storia dell’Europa, personalmente ne avverto
tutta la responsabilità. L’Italia è unita alla Germania dal
desiderio che noi vogliamo un’Europa più forte.
Il
fatto che in Italia ci sia un inizio di ripresa è positivo. Nei
primi mesi del 2015 l’import di prodotti tedeschi in Italia è
aumentato del 7%, non è buono per il Pil ma è il segno che la
nostra ripresa adesso è toccabile anche per le imprese tedesche.
La
scommessa sui rifugiati vede Italia e Germania dalla stessa parte:
pensiamo che ci sia bisogno di regole certe, che vengano rispettate.
Sono persone che schiavizzano gli altri, siamo pronti a fare di tutto
e a superare le incomprensioni che ci sono state.
Non
su tutto siamo d’accordo, anche per le opinioni che derivano
dall’appartenenza a diverse famiglie europee.
Il
nostro avversario è lo stesso, è il populismo che cerca di minare
l’idea stessa dell’Europa. Per me è necessaria una crescita
economica che combatta la disoccupazione e quindi il populismo.
Nel
rispetto dei diversi consessi vogliamo che si possa fare un’agenda
comune tra G7 (che quest’anno ha la presidenza italiana) e G20 (con
la presidenza tedesca), a partire dai Balcani.
Non
su tutto potremo pensarla allo stesso modo, ma rispetto alle sfide
che abbiamo davanti c’è la consapevolezza di due grandi Paesi che
oggi hanno il desiderio di esprimere parole forti per un’Europa che
viaggi in maniera molto diversa da come ha fatto finora. Domani da
europeista convinto sarò a Ventotene: oggi gli Stati Uniti d’Europa
non sono all’ordine del giorno, ma l’ideale europeo sì e Ita e
Ger saranno insieme a difenderlo.
Merkel: Abbiamo
parlato della Libia e del Mediterraneo e della rotta verso Turchia e
Grecia. All’ordine del giorno adesso c’è per prima cosa un
controllo dei confini per porre fine all’immigrazione illegale.
Dobbiamo prima parlare di come attuare un processo di pace in Siria e
poi controllare anche i confini di mare e lavorare in questo caso con
la Turchia. Siamo d’accordo sul fatto che il finanziamento alla
Turchia di tre miliardi debba essere sbloccato, anche perché il
contributo della Turchia è migliorato. Giovedì ci occuperemo di
nuovo di questo. Coloro che vengono qui solo per motivi economici
devono essere rimandati nel loro Paese.
Renzi: Siamo
disponibili e volenterosi a fare la nostra parte. Non abbiamo nessun
problema né con la Turchia né con la Germania per il finanziamento
dei tre miliardi. L’Italia è disponibile, stiamo aspettando che le
istituzioni europee ci diano delle risposte sul modo di intendere e
concepire questo contributo e gli altri. Per mesi il problema
dell’immigrazione sembrava essere solo italiano, adesso sappiamo
che è un problema europeo. Speriamo che le risposte che abbiamo
chiesto a Bruxelles sulla computazione di questi denari possano
arrivare prima possibile. Se l’Europa perde Schengen, a mio
giudizio perde se stessa. Lo sforzo che possiamo fare per salvarlo
deve essere fatto insieme, vale per rimpatri, per i confini, per le
procedure di identificazione. L’Italia ormai è al 100% non solo
sulle impronte digitali, ma anche per il riconoscimento ufficiale,
che sarà molto importante per la sicurezza.
Renzi: Noi
facciamo parte di una coalizione di volenterosi (o di obbligati,
visto il problema) da quando ancora l’immigrazione non era sui
giornali europei. Voglio ringraziare Angela perché nel Consiglio
europeo di giugno fu decisiva per affermare il principio che fosse un
problema europeo, lo ha fatto prima che ci fosse il problema in
Germania. Adesso vogliamo far parte di un lavoro comune sull’area
balcanica, a condizione che non dimentichiamo mai qual è l’ideale
che ci muove, cioè che l’Europa è nata abbattendo i muri, non
costruendo i muri.
Merkel: Italia
sin dall’inizio è stata in prima linea sulla crisi migratoria.
Abbiamo bisogno di un sistema nuovo, di una migliore supervisione dei
confini e con la missione nel Mediterraneo stiamo lavorando insieme
per salvare le vite e combattere gli scafisti, soprattutto dalla
rotta libica.
Renzi: La
Commissione europea ha adottato il 13 gennaio 2015 una comunicazione
sulla flessibilità, per noi è il punto di riferimento. L’Italia
non sta chiedendo di cambiare le regole, ma che siano applicate. Non
ci sono equivoci sul fatto che per noi la flessibilità è stata
una condizione per l’elezione di Juncker. Io non ho cambiato idea,
spero non l’abbia fatto anche Juncker. Ci sono idee diverse tra di
noi, su alcune dinamiche di gestione delle politiche economiche non
la pensiamo allo stesso modo, non è una novità. Ma l’Italia ha
messo mano a riforme, senza sforare i parametri di Maastricht. Questo
permette all’Italia di tornare ad avere il segno più. Nessuno ha
dubbi sul fatto che il debito italiano, che pure è sostenibile,
debba scendere. Non lo dico per fare un piacere ad Angela, ma per
fare un piacere ai miei figli, ai miei nipoti. Per me le politiche di
austerity da sole non funzionano, portano alla sconfitta dei governi,
portano l’Europa a fallire. Non so se su questo la pensiamo allo
stesso modo su tutto, ma ciò non toglie che possiamo dirci le cose
con il sorriso.
Merkel: Una
comunicazione sulla flessibilità può essere interpretata sempre in
modo diverso. Ogni Paese può aprire un confronto con la Commissione
e noi ne prendiamo atto.
Renzi: L’Italia
ha detto sì al contributo in Turchia il 29 novembre e non abbiamo
cambiato idea, stiamo aspettando che la Commissione ci dia alcune
risposte, che per me sono dettagli. Alla Commissione sono molto
impegnati, ma trovano spesso il tempo per fare conferenze stampa,
quindi mi auguro che possano anche affrontare questo punto.
Da
L' Unità.TV
Migranti, il piano del Viminale: un charter alla settimana per i rimpatri
Migranti,
il piano del Viminale: un charter alla settimana per i rimpatri
Ma non ci sono gli accordi bilaterali. Sono 5.902 i minori stranieri soli scomparsi dai centri di accoglienza. Il rischio di arrivi via mare anche dal Montenegro
Di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it
ROMA
È il problema più difficile da risolvere, l’ostacolo che non si
riesce a superare. Perché oltre il 53 per cento dei migranti
irregolari rimangono in Italia, nonostante i provvedimenti di
espulsione e questo vanifica ogni tentativo di rimpatrio. I dati
relativi al 2015 forniscono un quadro confermato anche in questo
primo mese del 2016. E dicono che lo scorso anno su 34.107 stranieri
ben 18.128 sono rimasti nonostante non avessero i requisiti per
ottenere il permesso di soggiorno. E meno della metà, esattamente
15.979, risultano andati fuori dal nostro Paese, anche se pure su
questo numeri non c’è certezza visto che molti di loro riescono a
sottrarsi alla cattura dopo l’ordine emesso dal questore o dal
giudice. Una situazione di caos che riguarda pure i minori. Secondo
quanto denunciato dalla deputata di Alternativa Libera, Eleonora
Bechis, «esaminando le cifre aggiornate al 30 novembre scorso 2015
si scopre che sono 5.902 i minori stranieri non accompagnati
scomparsi dai centri di accoglienza italiani (in prevalenza Sicilia,
Calabria, Puglia e Marche)». Le autorità li definiscono
“irreperibili”. «Tuttavia - sottolinea la parlamentare - non c’è
un dato che certifichi se abbiano o meno varcato nuovamente la
frontiera italiana e non sono stati registrati ricongiungimenti
familiari. Inoltre, dei 63 mila migranti non identificati, secondo la
Commissione europea, 5 mila erano minori non accompagnati. In totale,
dunque, mancano all’appello circa 11 mila minori migranti non
accompagnati, giunti in Italia nel corso dell’anno 2015».
La
missione in Albania
Ieri
una delegazione della polizia è volata in Albania per prendere
contatti con le autorità di Tirana. Dopo la scelta di numerosi Paesi
Ue di sospendere il trattato di Schengen ripristinando i controlli
alle frontiere, il rischio forte è che si apra la rotta balcanica
con arrivi via mare anche dal Montenegro. Qualche passaggio è già
stato registrato, anche dalla Libia si sono intensificate le partenze
e il dipartimento guidato dal prefetto Mario Morcone ricomincia a
fare i conti con le difficoltà legate all’accoglienza, a cercare
strutture dove sistemare chi ha richiesta di ottenere lo status di
rifugiato. Il piano messo a punto dal Viminale per far tornare negli
Stati d’origine i migranti che non hanno diritto all’asilo
prevede la partenza di un charter a settimana con 50 persone a bordo.
Ma è una tabella di marcia difficile da rispettare. Anche perché
gli accordi bilaterali che consentono il rimpatrio sono stati siglati
soltanto con quattro governi: Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco. I
partner europei stanno facendo tornare a casa gli afghani, l’Italia
al momento non ha alcun patto con Kabul e in ogni caso si era deciso
di attendere che la situazione tornasse meno critica ritenendo che in
alcuni casi sia possibile concedere l’asilo agli stranieri
provenienti da un’area tuttora di massimo rischio.
L’Europa
e i rifugiati: i nodi
I
respingimenti
Nelle
prossime settimane si cercherà di siglare nuovi patti, soprattutto
si è deciso di intensificare le partenze verso i quattro Paesi che
già collaborano. Perché le previsioni dicono che l’Italia rischia
di dover affrontare un flusso ben superiore a quello dello scorso
anno e dunque bisogna privilegiare i richiedenti asilo rispetto a chi
non ha titolo per rimanere qui. Secondo i numeri relativi al 2015 dei
15.979 rimpatriati, in realtà 8.736 sono stati respinti alla
frontiera e soltanto 1.738 risultano riammessi nei Paesi di
provenienza. Una tendenza confermata nel gennaio del 2016 stando
almeno agli ultimi dati secondo cui nei primi tre giorni sono stati
rintracciati 925 stranieri irregolari, 325 sono stati rimpatriati
alla frontiera mentre 543 sono ancora in Italia. Anche per questo si
sta valutando se ampliare il numero dei posti nei Centri di
espulsione che sono meno di mille. ROMA È il problema più difficile
da risolvere, l’ostacolo che non si riesce a superare. Perché
oltre il 53 per cento dei migranti irregolari rimangono in Italia,
nonostante i provvedimenti di espulsione e questo vanifica ogni
tentativo di rimpatrio. I dati relativi al 2015 forniscono un quadro
confermato anche in questo primo mese del 2016. E dicono che lo
scorso anno su 34.107 stranieri ben 18.128 sono rimasti nonostante
non avessero i requisiti per ottenere il permesso di soggiorno. E
meno della metà, esattamente 15.979, risultano andati fuori dal
nostro Paese, anche se pure su questo numeri non c’è certezza
visto che molti di loro riescono a sottrarsi alla cattura dopo
l’ordine emesso dal questore o dal giudice. Una situazione di caos
che riguarda pure i minori. Secondo quanto denunciato dalla deputata
di Alternativa Libera, Eleonora Bechis, «esaminando le cifre
aggiornate al 30 novembre scorso 2015 si scopre che sono 5.902 i
minori stranieri non accompagnati scomparsi dai centri di accoglienza
italiani (in prevalenza Sicilia, Calabria, Puglia e Marche)». Le
autorità li definiscono “irreperibili”. «Tuttavia - sottolinea
la parlamentare - non c’è un dato che certifichi se abbiano o meno
varcato nuovamente la frontiera italiana e non sono stati registrati
ricongiungimenti familiari. Inoltre, dei 63 mila migranti non
identificati, secondo la Commissione europea, 5 mila erano minori non
accompagnati. In totale, dunque, mancano all’appello circa 11 mila
minori migranti non accompagnati, giunti in Italia nel corso
dell’anno 2015».
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