Il futuro dell’Europa è in mano alla Generazione Erasmus
Abbiamo
viaggiato e vissuto il Vecchio Continente più di tutti gli altri,
ora dobbiamo impegnarci perché questo sogno non scompaia
Mai
come in questo momento l’Europa vacilla vistosamente davanti alla
sfida dei migranti e viene
messa in discussione la libera circolazione delle persone (oltre alle
merci, servizi e capitali introdotte grazie al trattato di Schengen),
pensando al ripristino delle frontiere interne. Così non è solo un
accordo fra Stati a volatilizzarsi ma il senso stesso del progetto
europeo.
Schengen
è l’ultima trincea, l’ultimo baluardo in cui l’europeismo può
ancora sperare di resistere all’avanzare del sovranismo nazionale.
Le
frontiere però si stanno ripristinando,
questo è un fatto, c’è il rischio che chiusure sempre più
incomprensibili (muri e chilometri di filo spinato) e un’ossessiva
ristrettezza delle libertà vengano giustificate dalla ricerca di
sicurezza. Una strada della paura che porterà, in
primis,
alla negazione della libertà dei cittadini europei.
Sono
convinto che le frontiere debbano essere sempre più pensate, e
vissute, da luogo di scontro e divisione ad aree d’incontro e
cooperazione. Per farlo non si può mettere in discussione una delle
più grandi conquiste della nostra civiltà europea: la libertà di
circolazione.
Come
fare coesistere libertà di circolazione e le nuove minacce che
stanno alimentando il vento del nazionalismo e del populismo?
L’alternativa c’è: dotare l’Europa di frontiere esterne e
controllarle. Per farlo serve che l’Ue si dia un governo federale,
un bilancio e una politica estera condivise e un esercito comune.
Perché di fronte alla sfide che ci troviamo di fronte il federalismo
europeo di Spinelli è l’unico progetto politico credibile. È ogni
giorno più evidente che a livello nazionale non è possibile
affrontare le crisi dell’economia e della sicurezza.
Se
gli attuali dirigenti, la classe politica, abbandoneranno la strada
geli Stati Uniti d’Europa cedendo ai colpi dei vari nazionalismi a
pagarne le conseguenze saranno le ragazze e i ragazzi. La fila alle
frontiere è una prigione per il futuro, una gabbia nella quale ci
sta rinchiudendo la scarsa visione di una classe dirigente europea,
ma non europeista.
Abbiamo
viaggiato e vissuto l’Europa più di tutti gli altri, ne abbiamo
assaporato i vantaggi e siamo cresciuti in questa meravigliosa culla
di civiltà e cultura. Ora dobbiamo impegnarci affinché l’Europa
che abbiamo conosciuto non scompaia. Tocca
adesso alla Generazione Erasmus,
quella di internet e dei voli low-cost, realizzare il sogno degli
Stati Uniti d’Europa raccogliere idealmente il testimone da quella
generazione che nelle macerie del dopoguerra iniziò il cammino
europeista e la creazione del nuovo soggetto. Il futuro del Vecchio
Continente dipenderà da come la nostra generazione, noi non qualcun
altro, riuscirà a cambiare l’Europa di oggi
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