Quel patto (segreto) che ucciderà il made in Italy
Scritto da Rossana Prezioso | Trend Online – 5 ore fa
L’ingombrante
peso della Grecia onnipresente sulla scena politica internazionale,
non ha permesso di dare la giusta importanzaa una dichiarazione che
Angela Merkel ha fatto alla fine del recente meeting del G7 e cioè
l’impegno da parte dell’Europa di chiudere nel minor tempo
possibile il TTIP ovvero Transatlantic Trade and Investment
Partnership, o se preferite il Trattato transatlantico sul Commercio
e gli Investimenti.
L'accordo
segreto: perchè?
Un
accordo di libero scambio di circa 29 capitoli, anche se alcune fonti
parlano di 24, numeri difficilmente quantificabili dal momento
che sulla materia è stato mantenuto il più stretto riserbo in seno
alla pubblica opinione. Un accordo in base al quale le grandi
multinazionali (anche del farmaco) potranno aumentare i profitti dei
loro prodotti grazie anche all’allungamento oltre i 20 anni, dei
brevetti medici, una “vantaggio” (solo per loro) che aumenterà o
diminuirà la disponibilità di una molecola su determinati mercati.
A rivelarlo, recentemente, i leaks di Julian Asssange il quale ha
anche promesso una “taglia” di 100 mila dollari a chi sia in
grado di fornire informazioni e particolari sull’accordo.
Un
accordo il cui fine sarebbe quello di eliminare gli ostacoli al
libero scambio ma che invece toglierà (anche) le regole, rigide, che
controllano la sicurezza del consumatore e la salute dell’ambiente
in alcune zone del globo perchè, in nome della semplificazione
estrema, saranno ritenuti “ostacoli”.
Stiamo
parlando dell’accordo Transatlantico (TTIP) e di quello
Transpacifico (TPP), una deregulation che parte dal commercio ma che
rischia di travolgere anche voci come le normative sulla sicurezza
alimentare. Un pericolo per chi, come l’Italia fa del cibo, e
soprattutto del cibo di qualità, una sua bandiera oltre che un suo
trampolino di (ri)lancio dell’economia nazionale.
Capiamo
di cosa si tratta. Se possibile
Un
esempio per capire a cosa andiamo incontro venga direttamente dalla
tracciabilità del prodotto. Secondo le regole statunitensi, infatti,
uno dei pochissimi obblighi per l’etichettatura è l’inserimento
delle informazioni nutrizionali, ma non della provenienza del
prodotto il quale potrebbe tranquillamente arrivare da zone in cui
l’uso di pesticidi da anni giudicati cancerogeni, è ancora
permesso. In virtù della nuova normativa, sulle nostre tavole
potrebbero arrivare prodotti la cui origine non è minimamente
rintracciabile, con buona pace del DOC, del IGP , delle oltre 270
tipicità italiane finora tutelate e dei più banali concetti dello
slow food, oltre che della razionalità.
Insomma
un vantaggio che apparentemente sarebbe solo per gli Usa, nazione che
forse sta intuendo in maniera sempre più forte la necessità di
dover trovare un mercato di sbocco che possa essere più vantaggioso
rispetto ai classici canoni di scambio.
Un
esempio?
Negli
Usa la carne può essere trattata con il cloro utilizzato come
antimicrobico cosa che in Europa è vietata da quasi 20 anni. Lo
stesso dicasi per l’uso dell’ormone della crescita. Senza contare
l’uso degli Ogm, gli organismi geneticamente modificati: la
questione sulla loro eventuale nocività è ancora aperta e, nel
dubbio, le nazioni europee hanno evitato la possibilità di usarle
all’interno dei rispettivi confini nazionali, anche solo per pura
precauzione, mentre invece negli Usa tutto è lecito fino a che non
ne è dimostrata la tossicità. Un approccio diametralmente opposto
che si evince anche dalla normativa che regola il settore alimentare,
punta di diamante non solo per l’Italia ma anche per nazioni come
la Francia, la stessa che avrebbe delle conseguenze particolarmente
nefaste, soprattutto dalla concorrenza sleale di chi introdurrebbe
prodotti di qualità più scadente a prezzi particolarmente bassi,
delimitando, di fatto, l’eliminazione dal mercato dei piccoli
produttori.
Ci
conviene?
Da
ricordare, inoltre che dal 2000 la sicurezza sugli alimenti è
regolata dal Libro bianco della Commissione europea. Tutte norme che
potrebbero non essere sufficientemente forti di fronte alla clausola
Isds (Investor (Stoccolma: INVE-A.ST - notizie)
to state dispute settlement) in base alla quale una società che si
dovesse ritenere danneggiata dalle suddette normative, avrebbe la
possibilità di rivalersi legalmente sullo stato che gliele impone e,
quindi, ottenere un risarcimento. Un principio che permette alla
multinazionale di turno di minacciare direttamente una nazione, la
cui sovranità verrebbe di fatto limitata, per far valere il proprio
tornaconto. A tutto discapito delle buone intenzioni di chi, magari,
vorrebbe preservare non solo la salute dei suoi cittadini, ma anche
la genuinità del proprio prodotto. Genuinità che proprio dagli Usa
è messa a repentaglio in un mercato, quello del falso alimentare
italiano, che solo tra i confini di Washington vale 20 miliardi.
da Yahoo Notizie.it
Nessun commento:
Posta un commento