“Ripresa
per tutte le classi d’età, ora
acceleriamo”. Parla il ministro
Poletti
Il
ministro del Lavoro: «La riduzione dell’incentivo è stataassorbita da imprese. Ci impegniamo a renderlo strutturale,
decideremo presto con quale strumento»
Alla
vigilia del Primo maggio e nonostante sia convalescente da
un’operazione che lo tiene a casa nella sua Mordano (Romagna
bolognese), il ministro Giuliano Poletti ci tiene a commentare i dati
Istat sull’occupazione riferiti al mese di marzo.
Ministro
Poletti, dopo due mesi di calo il numero di occupati torna a crescere
e il tasso di disoccupazione cala di quattro decimali in un solo
mese. Come se lo spiega?
«Penso
che si vada consolidando una direzione chiaramente positiva. Veniamo
da una fase molto lunga di crisi – abbiamo perso il 20 per cento
dell’apparato produttivo – ora siamo tornati a crescere con una
certa continuità e per questo aumenta anche l’occupazione. I
numeri sono sia causa che effetto di questa situazione: la scelta che
abbiamo fatto con la decontribuzione delle assunzioni a tempo
indeterminato e quella di renderle più semplici col Jobs act. Ciò
che era accaduto a dicembre è abbastanza ovvio: l’esplosione del
numero dei contratti – il quadruplo della media dei mesi precedenti
– era chiaramente spinta dalla decontribuzione. Un imprenditore
valutava che assumere entro l’anno era conveniente, visto che dal
primo gennaio la decontribuzione sarebbe scesa al 40 per cento. Ma è
abbastanza evidente che questo ragionamento per un imprenditore vale
per un mese o due. E difatti se a gennaio o a febbraio le assunzioni
sono scese, ora tornano a salire. In questo momento dunque la spinta
ad assumere è fisiologica e non più dovuta all’effetto
dell’incentivo della decontribuzione. E’ chiaro, però, che siamo
ancora in una fase non chiaramente stabilizzata e che abbiamo bisogno
di una dinamica della crescita più rapida: non è un caso che tutte
le politiche del governo spingano in questo senso».
Guardando
alla scomposizione per classi d’età dei dati Istat se da un lato
salta all’occhio finalmente il calo della disoccupazione giovanile,
dall’alto il segno meno rimane sensibile per quella 35-49 anni.
Come se lo spiega?
«E’
evidente che l’innalzamento della età pensionabile opera in
maniera pressoché meccanica: è normale che i lavoratori che non
riescono ad uscire dal mercato aumentino il loro peso sul totale. In
più l’anno passato è avvenuto un fenomeno che ha una sua logica:
le imprese che sono ripartite dopo la crisi hanno deciso, in gran
parte, di riprendere le persone che lavoravano lì prima o comunque
persone con esperienza. E questo ha oggettivamente sfavorito i
giovani. Oggi invece ritengo che, anche grazie a Garanzia giovani –
fra qualche settimana presenteremo il resoconto con informazioni
sull’aumento del tasso di occupabilità – abbiamo portato dentro
la ripresa anche i giovani. In più, come conferma il rapporto
Almalaurea, nell’ultimo periodo a trovare lavoro sono più
facilmente i giovani con titoli di studio più alti: un miglioramento
qualititativo delle assunzioni che mi fa molto piacere».
La
riduzione al 40 per cento degli incentivi alle imprese dunque non
inciderà sui prossimi mesi? Nel Def si propone di renderli
strutturali. Lei è d’accordo?
«L’incentivo
della decontribuzione continua ad avere una sua efficacia sulla
scelta di tipologia del contratto. Seppur ridotto, anche nel 2016 un
contratto a tempo indeterminato costa di meno di un tempo
determinato. Mentre prima del Jobs act succedeva esattamente il
contrario: in modo completamente paradossale, alle imprese costavano
meno i contratti precari. Per quanto riguarda il futuro dobbiamo
trovare la modalità attraverso la quale il vantaggio si realizzi in
modo definitivo».
Ci
sta dicendo che cambierà lo strumento? Non ci sarà più l’incentivo
della decontribuzione?
«E’
un tema che stiamo valutando. Non si può mantenere l’incentivo
alla decontribuzione. Vedremo di trovare la soluzione migliore.
Ricordo, però, che una parte del lavoro la abbiamo già fatta:
togliendo il costo del lavoro a tempo indeterminato dall’imponibile
Irap, il contratto a tempo indeterminato costa già il 5 per cento in
meno rispetto al tempo determinato. Se si aggiunge quasi un punto che
riguarda gli oneri previdenziali, si arriva ad un costo inferiore di
quasi il 6 per cento. Una cifra non irrisoria che vogliamo però
aumentare sensibilmente».
Rimanendo
sempre ad Def, il governo mette nero su bianco che l’obiettivo del
tasso di disoccupazione è del 10 per cento nel 2018. Un dato ora
raggiungibile ma che rimarrà sempre molto sopra la media europea.
«Sì,
ma noi dobbiamo costruire degli scenari credibili. Il Fondo monetario
internazionale ci ha sempre detto che recupereremo i livelli di
occupazione pre-crisi in 20 anni. Ora, invece, alla velocità di
260mila posti in più ogni anno, possiamo riuscirci in tre o quattro.
Poi è chiaro che abbiamo obiettivi più ambiziosi. Quelli indicati
nel Def sono la conseguenza razionale e logica dei dati economici
(Pil, parametri europei). Lavoriamo per far scendere più velocemente
il tasso di disoccupazione. Questo significa impegnarsi per
accelerare il ritmo di crescita e favorire lo sviluppo delle imprese
esistenti e la nascita di nuove. Per questo lavoriamo coi giovani per
l’auto imprenditorialità e sul digitale: con Garanzia Giovani
abbiamo coinvolto 50mila giovani per rendere più digitali gli
artigiani».
Passiamo
al tema dei voucher. Il boom del loro utilizzo è sotto gli occhi di
tutti. Lei ha promesso che “stringerà i bulloni” del sistema. Ci
spiega come?
«Entro
qualche settimana introdurremo un meccanismo di tracciabilità: le
imprese, prima di attivare i voucher, dovranno mandare all’Inps una
mail o un sms. La richiesta sarà personalizzata col nominativo del
lavoratore e per quel determinato periodo: per quante ore e quanti
giorni. Attualmente la dichiarazione andava fatta a fine mese. Se
qualcuno voleva fare il furbo, utilizzava il voucher solo quando
arrivavano i controlli. La norma farà parte del primo decreto
correttivo al Jobs act che siamo tenuti a fare. Il testo è già
pronto».
I
sindacati denunciano però che perfino nei cantieri edili i voucher
sono esplosi. E spesso le imprese li erogano solo dopo un’infortunio,
come ammette perfino l’Inail. Non sarebbe il caso di tornare alla
legge Biagi che ne delimitava l’uso del lavoro accessorio a pochi
settori?
«Intanto
c’è un punto. Non possiamo parlare solo degli utilizzi patologici
dei voucher. Anche nel caso che lei citava ci sono elementi di
positività: i voucher incorporano un’assicurazione contro gli
infortuni. Non dobbiamo avere una doppia coscienza: parlare di
voucher scandalo e poi tollerare il lavoro nero. In più dico: noi
col Jobs act i voucher li abbiamo tolti ed esclusi dagli appalti».
Quindi
nessun ripensamento? Si va avanti così?
«Io
credo vada fatta una valutazione e una lettura puntuale di quello che
succede. Noi ora sappiamo che i voucher hanno avuto un largo utilizzo
nei settori del turismo e dei servizi, che prima utilizzavano
maggiormente la tipologia del lavoro a chiamata. Dunque al momento
possiamo sostenere che i voucher hanno in buona parte sostituito
questa tipologia. Dopo di che, con il meccanismo della tracciabilità
avremo dati ancora più precisi per valutare assieme all’Inps la
situazione in maniera più generale. Se ci sono situazioni come
quella che lei citava nell’edilizia, non sono contrario a
rivalutare l’utilizzo in quel settore. Ma i cambiamenti possono
essere fatti se ci sono elementi reali e convincenti che li motivano.
Infine, ricordo che fra poche settimane partirà l’unificazione di
tutti gli ispettori: Ministero del Lavoro, Inail, Inps, nuclei dei
Carabinieri insieme avranno un maggiore potenziale di analisi e
valutazione per controlli mirati e specifici. Per avere più lavoro
servono più imprese; ma imprese sane, che rispettano la legge, che
non sfruttano i lavoratori. Se da una parte aiutiamo le imprese,
dall’altra in maniera irriducibile e feroce andremo contro chi non
è regolare e mette in difficoltà chi segue le regole. Siamo partiti
con i controlli sulle cooperative e ora andremo avanti speditamente,
rendendo immediatamente pubblici i dati».
Ultima
domanda, il Contratto dei metalmeccanici pare lontano…
«Non
entro nel merito delle difficoltà. Ma constato con piacere che i
contenuti delle piattaforme che entrambe le parti hanno presentato
sono i più innovativi che si sono visti in questa tornata di
rinnovo. Poi, ad ognuno il suo: l’accordo spetta alle parti. Posso
solo dire che noi come governo non interverremo in alcun modo».
di
Massimo Franchi per L' Unità.TV
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