La vendetta trasversale contro il fratello della Boschi
Il
Fatto sulla scia di precedenti ignobili: colpire un parente innocente
(osa lavorare in un cantiere di una galleria) per punire il nemico
La
“vendetta trasversale” – colpire un parente stretto quando non
si può colpire il diretto interessato – è una pratica tanto
ignobile quanto diffusa: in Italia è (stata) una specialità dei
fascisti di Salò, dei brigatisti rossi, dei mafiosi e del Fatto.
Marco
Travaglio pubblica oggi in prima pagina un articolo di Marco Lillo
così intitolato: “Il fratellino della Boschi, 27 anni, già
assunto alla coop rossa Cmc”. All’interno l’occhiello orienta
la lettura: “Famigli: le fortune del clan”. La colpa di Pier
Francesco Boschi è la stessa dei fratelli Tagliaferro massacrati dai
fascisti e del piccolo Di Matteo strangolato dai mafiosi: avere un
parente sgradito.
“E’
un laureato con ottimi voti – spiega il direttore generale della
Cmc, Roberto Macrì, a Marco Lillo –, mi pare 106 su 110, in
ingegneria a Bologna. Assumiamo ogni anno decine di ingegneri con
contratti di formazione, come è andata con lui. Penso guadagni meno
di 1500 euro al mese – prosegue Macrì – e le assicuro che non fa
un lavoro da privilegiato. Ora lo abbiamo trasferito a Catania dove
dobbiamo costruire la circumetnea. Se fossi un raccomandato non mi
farei assumere in Sicilia in un cantiere di una galleria. È un
lavoro durissimo”.
Basterebbero
queste dichiarazioni a chiudere il caso sul nascere: un cronista
dotato di una pur minima dignità tornerebbe al giornale spiegando al
direttore, come si dice in gergo, che “non c’è pezzo”: che il
fratello di un ministro lavori non soltanto non è un crimine, ma non
è neppure una notizia.
I
fascisti, i mafiosi e il Fatto funzionano
però in un altro modo: colpiscono i parenti, purché innocenti, e
poi se ne tornano orgogliosi nei loro covi maleodoranti.
Di
Fabrizio Rondolino per L' Unità.TV
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