Fischio all’orecchio? È il cervello che non controlla gli stimoli rumorosi
Di
NICLA
PANCIERA per La StampaSalute.it
I
cosiddetti acufeni hanno le stesse origini del dolore cronico. È
un’alterazione dei meccanismi cerebrali deputati alla regolazione
delle sensazioni. Accade anche per gli arti amputati
Sono
fischi, ronzii, fruscii o addirittura pulsazioni quei rumori
percepiti costantemente in una o entrambe le orecchie che vanno sotto
il nome di acufeni. Questi rumori fantasma, che non passano mai e
possono rendere la vita impossibile, sono molto diffusi eppure
alquanto difficili da risolvere alla radice. Un passo avanti verso
l’identificazione di nuove terapie viene da uno studio appena
apparso sulla rivista Trends
and Cognitive Sciences secondo
il quale l’acufene avrebbe la stessa origine neurologica del dolore
cronico. Si tratterebbe di un’alterazione dei meccanismi cerebrali
di controllo degli stimoli dolorosi e rumorosi. L’identificazione
di tale anomalo funzionamento e delle aree interessate è avvenuta
grazie al lavoro degli scienziati della Georgetown University Medical
Center (GUMC) di Washington e dalla Technische Universität München
(TUM) in Germania.
Quando
la percezione del rumore persiste anche quando lo stimolo è cessato
(acufene) e quando il dolore continua a farsi sentire anche a
distanza di tempo dall’infortunio (dolore cronico), addirittura in
caso di amputazione di un arto, significa che alcune aree cerebrali,
come il nucleo accumbens e diverse aree della corteccia prefrontale e
della corteccia cingolata anteriore, non riescono più a bloccare i
segnali in arrivo. «Queste sono aree sono coinvolte nella
valutazione e nella modulazione delle esperienze emotive» ha
spiegato il professor Josef Rauschecker, Direttore del Laboratory for
Integrative Neuroscience and Cognition della Georgetown University.
«Agiscono come un cancello, un sistema di controllo per le
sensazioni percettive, che valuta il significato affettivo degli
stimoli sensoriali, sia interni che esterni, e modula il flusso di
informazioni nel cervello. L’acufene e il dolore cronico si
manifestano quando questo sistema è compromesso».
Secondo
l’ATA, associazione americana acufene, sono 45milioni gli
americani che ne soffrono, soprattutto over 60, veterani, lavoratori
esposti ad un ambiente molto rumoroso, musicisti o pazienti per i
quali l’acufene dipende dalla malattia.
Gli
autori sottolineano che ci sono ancora una serie di questioni aperte,
in particolare in relazione a potenziali interventi clinici. Eppure
vedono motivi per essere cautamente ottimisti. Una migliore
comprensione di come le diverse aree del cervello modulano gli
stimoli percettivi potrebbe portare alla valutazione standardizzata
del rischio degli individui di sviluppare l’acufene cronico e il
dolore cronico per un intervento precoce e mirato.
COME
RIDURRE I SINTOMI
Le
terapie dell’acufene dipendono dalla causa scatenante, molto spesso
una combinazione di fattori. Individuarli permetterebbe dei passi
avanti nel trattamento di questo disturbo che può diventare
invalidante. Quando l’acufene è dovuto ad una condizione di
salute, il medico può essere in grado di adottare misure che
potrebbero ridurre il rumore. In altri casi, si tenta di indurre una
sorta di abitudine nel soggetto, «educandolo» a non sentire più i
fastidiosi rumori, in altre casi si ricorre al mascheramento sonoro
tramite altri suoni ambientali o dispositivi che emettono rumore a
frequenza costante; in altri casi il medico potrebbe prescrivere dei
farmaci che inibiscono la percezione del rumore o degli ansiolitici
per alleviare i sintomi.
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