Crisi Russia-Ucraina? Quanto ci rimettono le aziende italiane
Bruciati
872 milioni di euro in un anno tra import ed export. L’Italia non
può fare molto per riportare la pace, ma sta lavorando sul piano
diplomatico con Mosca e Kyev
La
crisi commerciale tra l’Occidente e la Russia, variabile dipendente
della contesa politica in corso, scoppiata a causa della questione
ucraina, va avanti. Almeno fino al prossimo gennaio, quando l’Unione
europea dovrà decidere se rinnovare le sanzioni nei confronti di
Mosca. Che dal canto suo mantiene in vigore l’embargo
sull’agroalimentare comunitario.
russiaUna
tale contesa ha generato un clima glaciale sul fronte
dell’interscambio e degli investimenti euro-russi, capace di
contaminare anche i settori non direttamente colpiti dalle
restrizioni in atto. Il contraccolpo per le aziende italiane è
violento. In agosto le esportazioni verso la Federazione russa hanno
visto una contrazione del 19% rispetto allo stesso mese del 2014. La
flessione è invece del -16% per quanto riguarda le importazioni.
Quanto al volume complessivo dell’interscambio, sono stati bruciati
872 milioni di euro. Lo si evince dagli ultimi dati dell’Istat sul
commercio con l’estero. Allargando il raggio, viene fuori che nel
secondo trimestre 2015 l’export ha perso 28,5 punti percentuali e
l’import 14,3.
Senza
girarci troppo intorno: è un disastro. Le imprese stanno perdendo
punti d’appoggio importanti in un mercato che ha sempre attratto,
restituendo ottimi risultati a chi ha scelto di puntarci. Il fatto
che anche la Germania ci stia rimettendo – l’export verso la
Russia è crollato del -29,7% nel periodo gennaio-luglio, riporta il
Wall Street Journal – non può consolare.
Come
uscire dal vicolo cieco? Molto, quasi tutto, dipende dallo scenario a
Kiev. Del resto è l’origine di questo momento complicato. Una
fonte, ben addentro alle cose ucraine, ci illustra gli ultimi
sviluppi. «Senz’altro è da salutare positivamente il fatto che
nell’ultimo mese e mezzo gli scontri sono praticamente cessati. Si
ritirano le armi pesanti dalla linea del fronte e nel paese cresce la
voglia di stabilità», dopo ormai due anni di tensioni, iniziate con
le proteste di Kiev, proseguite con la fuga del presidente Viktor
Yanukovich e con la secessione della Crimea, sfociate in una guerra
vera e propria che ha causato morti e portato centinaia di migliaia
di persone a lasciare le proprie abitazioni.
Eppure
questo desiderio legittimo di tranquillità non prelude a una
pacificazione imminente. La Russia ha molte leve capaci di rendere a
Kiev la vita difficile, può azionarla in ogni momento. E poi c’è
la situazione politico-economica interna dell’Ucraina, tutt’altro
che fluida. Il governo è tenuto ad attuare le riforme per il
rilancio dell’economia (c’è recessione pesante e il Fondo
monetario internazionale sta prestando molti soldi) e dare efficacia
alle misure previste dagli accordi di Minsk sulla normalizzazione
nelle aree ribelli Donbass, quelle controllate dai filorussi. Non è
una missione facile, viste le resistenze dei gruppi radicali e delle
oligarchie.
ucraina La prossima domenica in Ucraina ci sono le elezioni amministrative. Aiuteranno a capire se il presidente Petro Poroshenko e il governo guidato da Arseni Yatseniuk dispongono del consenso necessario a portare avanti questo processo. Il cui esito non potrà mai riportare indietro le lancette del tempo. «L’Ucraina non sarà mai più la stessa. Ha perso un pezzo del suo territorio e quell’equilibrio tra est e ovest, Russia e Occidente, sempre precario ma tutto sommato costante, non è replicabile nel breve periodo, forse neanche nel medio». Ma in un modo o nell’altro Kiev dovrà per forza di cose trovare dei compromessi con Mosca. E questo vale pure per l’Europa.
Veniamo
così all’Italia. Che ruolo può giocare per fluidificare la
situazione in Ucraina? Verrebbe da dire che Roma non ha molta voce in
capitolo, se non altro perché è esclusa dal cosiddetto “formato
Normandia”, il quartetto (Germania, Francia, Russia, Ucraina) che
per mezzo di colloqui e incontri diretti di alto livello sta cercando
di sistemare i pezzi del domino. Ciononostante, una dote da spendere
c’è. Da un lato si può giocare sul rapporto rodato con la Russia,
che risente senz’altro delle sanzioni, ma riesce al contempo a
“resistere” a esse. Dall’altro c’è da segnalare una forte
attenzione del governo Renzi verso l’Ucraina. Martedì prossimo il
ministro degli Esteri Paolo Gentiloni dovrebbe essere a Kiev. È la
sua seconda visita nell’ex repubblica sovietica. E un’altra era
stata effettuata da Federica Mogherini prima che assumesse l’attuale
incarico di titolare della diplomazia europea. Lo stesso Matteo Renzi
è stato a Kiev. Nel marzo scorso, subito prima di recarsi a Mosca e
qualche mese dopo aver presieduto un faccia a faccia tra Poroshenko e
Putin a Milano, lo scorso ottobre. Erano anni che a Kiev non si
vedevano politici italiani di prima categoria. Si lavora anche a una
visita di Poroshenko in Italia, veniamo a sapere. Dovrebbe tenersi a
novembre.
Da
http://www.unita.tv/focus/
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