Tutti pazzi per l’Expo. Oltre 5 ore di coda per il padiglione Italia
Rassegnati
ma felici come a una gita con gli amici Il racconto del cronista de
La Stampa tra i visitatori
STEFANO
RIZZATO per LA STAMPA.it
MILANO
I
primi arrivano che è ancora scuro. Alle 7.10 davanti ai tornelli.
«Ieri abbiamo visto 13 padiglioni, ma oggi vogliamo il Giappone»,
dicono due ragazzi di Cuneo, sguardo pronto a tutto, al buio e al
freddo. Da quel lato Expo dovrebbe aprire alle 10, ma ormai sono
saltati tutti gli schemi. Alle 8.30 i metal detector si mettono in
moto. Via libera. Inizia una giornata in coda davanti ai padiglioni,
per il bagno, per un toast, per la navetta. Ma tutti, quasi tutti, lo
accettano senza una piega. Felici pure davanti ad attese di ore. Un
mistero.
IL
BISCIONE
Noi
all’ingresso di Expo ci mettiamo in fila alle 9.30, per vedere
l’effetto che fa. Per entrare ci basta un quarto d’ora. A fianco
ci sfila una famiglia trigenerazionale, con sedia pieghevole per la
nonna. Entrati, puntiamo verso Palazzo Italia. La fila è un biscione
enorme a «U». Arriva fino al retro del padiglione europeo,
disegnato da transenne e fettucce. Ci accodiamo alle 10. Gli addetti
al servizio d’ordine sentenziano: ce n’è per cinque ore e mezza.
«Fate come vi pare - dice uno - ma guardate: c’è un chilometro di
coda. Lo so che poi vi incazzate».
Ogni
gruppetto che si avvicina fa un mini-referendum. Molti desistono.
Altre volte la via democratica non funziona. «Chi non vuole venire è
libero, io vado», dice la signora Chiara. Il suo è un gruppetto di
Avellino: tre mogli, tre mariti, una bimba con gli occhiali tondi.
Alla fine gli uomini rinunciano e mollano le donne lì. «Fanno
sempre così. Non amano la fila. Mio marito manda me dal medico, alla
posta, mi lascia da sola pure alla cassa del supermercato».
FELICI
Ma
come si fa ad accettare la prospettiva di un’attesa che durerà -
se va bene - almeno cinque ore? È questa la domanda di questo finale
di Expo. La risposta è nella tipologia dei visitatori. Gli scettici:
«Cinque ore? Ci vorrà molto meno!». I patriottici: «È il
padiglione del mio Paese, devo vederlo!». E soprattutto gli
entusiasti: quelli che sono stati a Expo e sono tornati, quelli
convinti dagli amici, quelli che seguono la corrente e ci credono. Se
tutti ci vanno, e si mettono in coda, perché noi no?
Le
prime due ore d’attesa sono tutti sorrisi. Si chiacchiera in
famiglia, in coppia, tra amici. E poi tra sconosciuti. Si parla di
sigarette elettroniche, tisane alla cipolla, droghe leggere, ecstasy,
nuove pasticche, genitori che sgridano gli insegnanti e di tragedie
come quelle dei ragazzi in gita precipitati da un hotel.
L’ECCEZIONE
C’è
da stupirsi per quanto ordinata, placida e ottimista scorra - ma non
troppo - la fiumana. Le eccezioni ci sono, ma sono poche. Il punto
critico è una curva meno transennata, a metà biscione. I primi che
provano a saltare la fila sono sei francesi, respinti con unanime
sdegno e spontanea collaborazione. Ma alla fine qualcuno penetra. Il
traditore è italico, ha calvizie mal camuffata, zainetto orrendo e
cellulare per fare il finto tonto. Tempo mezz’ora e a fianco
compare la fidanzata, con pizza fumante che i due sbafano di fronte a
famiglie intere a digiuno. Per poi passare a birra, pop corn,
biscotti.
Nell’odio
generalizzato per l’intruso si arriva alla quarta ora di coda. La
schiena urla, la fame morde, il freddo si fa sentire. Il buonumore si
spegne. Si parla solo di quanto tempo si è già passato in piedi.
Gli ultimi 20 minuti sono eterni. Un coro di voci bianche viene messo
a cantare, orribilmente, davanti all’ingresso del padiglione.
Qualcuno finalmente ammette: «A saperlo, che davvero ci volevano
cinque ore e passa, rinunciavo». Ma poi si apre la fettuccia,
finalmente si entra. E la meraviglia prende il posto della fatica.
All’uscita
sono le 16.03. Non c’è nemmeno tempo per chiedersi se, poi, ne
valesse la pena. Bisogna mettersi in fila per il «pranzo». E poi
per un altro padiglione. E poi per lo spettacolo dell’Albero della
Vita. Fino a tornare a casa, esausti. E felici di esserci stati,
nonostante tutto, anche noi
Chi vuol fare felice Marco Travaglio gli invii questo spot
(vi ringrazierà )

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