Il gioco d’azzardo che invade l’Italia
Il governo ha inserito il bando per altre 22 mila sale giochi nella nuova legge di Stabilità. La protesta delle associazioni
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il significato del termine: Che razza di Stato è quello che premia
al Quirinale l’uomo che più combatte i giochi d’azzardo e subito
dopo spalanca la porta a 22.000 nuovi «punti gioco» destinati a
rovinare altre centinaia di migliaia di italiani ?
«Basta,
basta, basta! Non ne possiamo più di queste ipocrisie!», tuona don
Luigi Ciotti. Ha ragione.
Le
date dicono tutto. Il 10 ottobre l’ Ansa annuncia che Sergio
Mattarella ha deciso di nominare il sociologo Maurizio Fiasco
Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È un
riconoscimento bellissimo: «Per la sua attività di studio e ricerca
su fenomeni quali il gioco d’azzardo e l’usura, di grave impatto
sulla dimensione individuale e sociale». Rileggiamo: «Grave impatto
sulla dimensione individuale e sociale».
Tre
giorni dopo (tre giorni!) un disegno di legge dei grillini che
propone seccamente di vietare la pubblicità sempre più asfissiante
di ogni genere di scommesse possibili e immaginabili, disegno
appoggiato da tutte le associazioni nemiche dell’azzardo, è
affiancato da un altro progetto, del democratico Franco Mirabelli.
Risultato: l’ennesimo rinvio per impastare i disegni insieme. «Un
gioco sporchissimo che punta solo al rinvio», accusano i grillini. E
denunciano: il disegno che ha ingoiato il loro «è stato scritto da
Italo Volpe, dirigente dei Monopoli che si occupano di giochi». Ma
quando mai, salta su Mirabelli, «l’unico motivo che ci ha guidato
è la convinzione che serva urgentemente una regolamentazione del
settore per ridurre il gioco e combattere l’illegalità».
Altri
due giorni ed ecco che il governo infila nella legge di Stabilità la
messa a bando, per rastrellare soldi, di altri 22 mila «punti
azzardo», cioè sale giochi o spazi dedicati nei locali pubblici. Il
comunicato stampa di Palazzo Chigi inserisce la voce tra le «risorse»
che dovrebbero reggere i conti della finanziaria. Sei voci, di cui
due in tema: «Imposta sui giochi» e «Giochi (nuove gare)».
Ricavato previsto: 500 milioni più 500 milioni.
Possibile?
Ma non fu Matteo Renzi a firmare due anni fa, ancora sindaco ma già
segretario del Pd, la proposta di legge di iniziativa popolare
dell’Idv contro lo «Stato biscazziere»? E non fu lui a
bacchettare i parlamentari pd che avevano votato un emendamento che
puniva i Comuni i quali, frenando il dilagare delle slot machine,
avevano rinunciato agli incassi del gioco d’azzardo? Disse allora,
vibrante d’indignazione: «È pazzesco, allucinante. Ho chiamato
Guerini che ha già parlato con Speranza e stanno cercando
tecnicamente una soluzione: o un ordine del giorno o altro perché è
stata votata una cosa inaccettabile». Testuale.
Diranno,
come già dicevano i governi precedenti, che coi soldi del gioco che
Cavour definiva «una tassa sugli imbecilli», si possono fare cose
buone. Che più «bische legali» sono sul territorio meno spazio si
lascia alle mafie. Che senza lo stato biscazziere «irromperebbero
gli inglesi rivendicando la libera concorrenza europea». E via
così... Ma ci credono davvero? Davvero?
Don
Ciotti che con Libera denuncia da anni l’andazzo dice di no: «È
inaccettabile che di qua si denunci la crescita delle ludopatie e di
là si continui a spingere il gioco. È una ipocrisia. E lo sanno».
Il primo a dargli ragione, per paradosso, è il sito del ministero
della Salute dove si legge, testuale: «La ludopatia non è solo un
fenomeno sociale, ma è una vera e propria malattia, che rende
incapaci di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare
scommesse». Di più: «La ludopatia può portare a rovesci
finanziari, alla compromissione dei rapporti e al divorzio, alla
perdita del lavoro, allo sviluppo di dipendenza da droghe o da alcol
fino al suicidio».
Allora
ti chiedi: ma cosa si dicono, tra di loro, Pier Carlo Padoan e
Beatrice Lorenzin? Cosa ne pensa, il ministro della Salute,
dell’alluvione di punti gioco? Dobbiamo preoccuparci solo della
varicella o anche dei «tossici» delle slot machine o delle
scommesse sul calcio che rappresentano ormai 4 miliardi e 250
milioni?
Il
direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che da anni batte e ribatte,
lo ha scritto senza peli sulla lingua: «La vera forza dei signori di
Azzardopoli è di essere mediaticamente invisibili». Troppa poca,
l’attenzione dei tiggì, dei giornali, dei settimanali: «Questa
misura fuori misura, fulmine violento e inaccettabile in un cielo già
tempestoso, è una notizia che non circola». Neppure dopo l’annuncio
di don Virginio Colmegna che ha deciso di fare lo sciopero della fame
contro la deriva dell’azzardo.
Quei
ventiduemila nuovi «casinò» sparpagliati sul territorio, spiega
Fiasco, vanno infatti ad aggiungersi ad almeno 90 mila «corner»
(angoli-bisca nei bar e nei più diversi locali pubblici) che
ospitano già 380 mila slot machine. Più circa tremila «sale
giochi», che ospitano altre 40 mila macchinette. Ma si tratta di
stime: «Non siamo mai riusciti ad avere, nero su bianco, dati
ufficiali credibili provincia per provincia».
Certo
è che gli italiani, che giocavano 4 miliardi nel 2000, ne hanno
giocati l’anno scorso «legalmente» 84,5. Vale a dire oltre un
decimo della spesa complessiva delle famiglie, pari a circa 800
miliardi. E va già un po’ meglio che nel 2012, quando la crisi
spinse i giocatori a puntare quattro miliardi in più.
Poi
c’è il nero, in mano a stranieri e mafie. Quanto pesa? Possiamo
immaginarlo leggendo un’ Ansa di fine luglio dedicata
all’Operazione «Gambling»: l’inchiesta «ha portato a 41
arresti, ma soprattutto al sequestro in tutta Italia e all’estero
di beni per due miliardi di euro: 11 società estere, 45 imprese
operanti sul territorio nazionale, 1.500 punti commerciali, 82 siti
nazionali e internazionali e innumerevoli immobili». E parliamo di
una sola inchiesta.
Sono
passati tre anni dall’uscita del dossier di Libera «Azzardopoli».
Dove si denunciavano alcuni spot demenziali e il materiale
multimediale distribuito dai Monopoli nelle scuole per invitare i
giovani, sia pure «moderatamente», a giocare. E se qualcuno si
tirava indietro? «Lo spirito del bacchettone aleggia sulla tua
testa!». Due anni più tardi, a Ischia, un ragazzino si uccideva
lanciandosi sulla scogliera: «Cara mamma, scusa, ho perso tutti i
soldi al gioco».
Adesso,
come ha dimostrato Nadia Toffa de «Le iene» entrando in un vero e
proprio casinò «under 12», sono passati ai bambini. Piccoli
gambler crescono... Che razza di Stato è quello che premia al
Quirinale l’uomo che più combatte i giochi d’azzardo e subito
dopo spalanca la porta a 22.000 nuovi «punti gioco» destinati a
rovinare altre centinaia di migliaia di italiani ?
«Basta,
basta, basta! Non ne possiamo più di queste ipocrisie!», tuona don
Luigi Ciotti. Ha ragione.

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