Iran, quei 3 miliardi per il made in Italy
di Giovanni Stringa per IL Corriere Della Sera.it
L’Eni progetta il ritorno, il ritiro delle sanzioni potrebbe valere 3 miliardi in più di export nei prossimi quattro anni
Anche
in Italia, che prima delle sanzioni — varate nel 2006 e inasprite
nel 2011 — era uno dei più importanti partner economici e
commerciali di Teheran. Adesso il ministro dello Sviluppo economico,
Federica Guidi, spera di «poter presto riprendere un percorso di
collaborazione bilaterale, anche attraverso una nostra missione
economica e imprenditoriale» che al dicastero contano di
«organizzare fin dalle prossime settimane». L’accordo con l’Iran
rappresenta, per l’Italia, «la possibilità di riaffacciarsi su un
mercato che conta oggi quasi 80 milioni di potenziali consumatori»,
ha aggiunto Guidi, per cui l’intesa «è un passo essenziale per la
stabilità dell’area».
E
le aziende? Prima delle sanzioni, in Iran erano particolarmente
attivi gruppi del calibro di Eni, Danieli, Pirelli, Tecnimont e
Technip. Più indietro nel tempo, negli anni Settanta quando ancora
regnava lo Scià Reza Pahlavi, nel portafoglio delle commesse
tricolore c’erano pezzi da novanta come la costruzione del porto di
Bandar-Abbas (con il suo lungo contenzioso chiuso due decenni dopo).
Ieri invece è stato il petrolio a entrare sulla scena, con l’Eni
che ha definito l’intesa «una tappa incoraggiante. Se le sanzioni
internazionali venissero sollevate e il governo iraniano proponesse
un nuovo quadro contrattuale, più allineato agli standard
internazionali e meno penalizzante per le compagnie dell’oil&gas
— ha ribadito il Cane a sei zampe attraverso un portavoce —
potremmo considerare nuovi investimenti nel Paese».
In
generale, «il ritiro delle sanzioni potrebbe portare a un incremento
dell’export italiano in Iran di quasi 3 miliardi di euro nei
prossimi quattro anni»: è la stima della Sace, specializzata nei
crediti alle esportazioni. Ma — ammonisce il gruppo —
«riguadagnare le quote di mercato perse non sarà facile,
considerando che concorrenti quali Cina, India, Russia e Brasile
hanno subito molti meno vincoli negli ultimi anni guadagnandosi una
posizione importante all’interno del Paese». L’Ice parla di un
possibile aumento dell’export di «almeno 2 o 3 miliardi nei
prossimi 3 anni», dopo il crollo arrivato con l’introduzione delle
sanzioni e l’improvviso +32% del primo trimestre 2015.
Ma
altri potrebbero fare di più, molto di più. L’associazione
industriale tedesca Bdi ha pronosticato un boom del «made in
Germany» nel Paese, dai 2,4 miliardi di euro dell’anno scorso a
più di 10 miliardi «nel medio termine». E negli Stati Uniti
diverse multinazionali starebbero valutando l’ingresso sul mercato
iraniano. Ieri, poi, è stato annunciato per settembre il secondo
«Forum Europa-Iran», organizzato da Bhb Emissary e dedicato,
quest’anno, al mondo della finanza. Con un occhio ai 100 miliardi
di capitalizzazione della Borsa di Teheran. Senza più la cortina
delle sanzioni.
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