Farò
campagna per il Sì al referendum.
Che fa l’Anpi, mi caccia?
Mio
fratello era partigiano, io no ma sono iscritto all’associazione.
Rivendico il mio comportamento serio e non voglio restituire la
tessera
Sono
un compagno di Genova, nato nel 1936 e iscritto al Pci nel 1953. Ho
militato attivamente per molti anni soprattutto nel mio territorio
(Struppa-Valbisagno). Ho condiviso i vari cambiamenti dal Pci al Pd
contribuendo con partecipazione, critiche e riserve; ho visto che chi
doveva rinnovare e innovare rallentava.
Mi
sento personalmente coinvolto dalle decisioni dell’Anpi sul
referendum costituzionale. Mio fratello Remo nato nel 1925 era
partigiano (nome di battaglia Giorgio, Brigata Buranello), nel
novembre 1943 salì in montagna nel ponente di Genova; nella
primavera 1944 era alla Benedicta durante il rastrellamento dei
nazifascisti, riuscito a salvarsi rimase per oltre un mese in quei
territori da solo, finché giunto ai piedi del monte Tobbio incontrò
altri reduci della Benedicta, si riorganizzarono e combatterono fino
alla Liberazione.
Tornato
a casa e trovato lavoro all’Ansaldo, iniziò la lotta politica nel
Pci, è stato un assiduo diffusore dell’Unità nelle case di Sestri
Ponente ed è sempre stato attento ai cambiamenti della società per
cui gli fu naturale schierarsi per il rinnovamento della politica.
Questa
familiarità mi ha portato già negli anni Sessanta ad iscrivermi
all’Anpi e partecipare alle lotte per la democrazia e le libertà,
come quella del 30 giugno 1960 contro il Congresso del Msi a Genova.
Ovviamente
ho partecipato all’ultimo congresso della sezione Anpi cui sono
iscritto, nel mio intervento ho sostenuto il valore positivo della
riforma costituzionale e il diritto a far parte dei comitati del Sì;
nell’esprimerla ebbi l’impressione di un forte disagio, benché
fossimo tutte persone che si conoscono e stimano da decenni. Come può
l’Anpi nazionale fare scelte che penetrano così rudemente nelle
coscienze delle persone, che possono creare fratture umane
irrecuperabili?
Io
non farò come altri che hanno restituito la tessera per fare
campagna elettorale per il Sì. Se sono sicuri del loro metodo
democratico mi devono espellere; il mio comportamento serio ed onesto
lo rivendico, per la mia storia e per quella di mio fratello, perché
malgrado quel che dice il signor Bersani c’è differenza tra i
partigiani veri e gli altri iscritti: mio fratello è stato un
partigiano, io no e pur vantando tanti anni di appartenenza non mi
sento di interpretare la volontà di chi non c’è più e siccome il
95% di noi iscritti all’Anpi partigiani non lo siamo stati, non è
giusto usurparne la memoria.
di
Giacomo Musso per L' Unità.TV
Caro
Giacomo Musso io sono uno dei figli della grande famiglia dei CAVANNA
tutti partigiani “VERI” e so solo una cosa : L' Anpi nel suo
statuto non deve fare politica e non deve dare direttive di voto, ma
HA IL DOVERE SACROSANTO DI INSEGNARE L' ANTIFASCISMO...punto . Sia
chiaro che qui nessuno strappa la tessera , ma qualcuno deve dare le
dimissioni .....Un abbraccio da tutti noi.
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