L’offensiva su Raqqa rischia di “trasferire” il Califfato in Libia
MAURIZIO
MOLINARI per LA STAMPA.it
CORRISPONDENTE
DA GERUSALEMME
Sbarcato
a Sirte un gruppo di colonnelli fedelissimi di al-Baghdadi
Duecentoquaranta
km di costa, oltre duemila uomini armati, i colonnelli del Califfo
arrivati via mare, tribunali islamici, decapitazioni pubbliche, pane
gratis e lo slogan «non saremo meno di Raqqa»: lo Stato Islamico
rafforza il controllo di Sirte, in Libia, facendo temere all’Egitto
che Abu Bakr al-Baghdadi abbia deciso di trasferire qui il proprio
quartier generale se dovesse trovarsi obbligato a lasciare la propria
«capitale» in Siria.
L’allarme
egiziano
È
stato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, ad esprimere
questi timori in conversazioni telefoniche con più leader europei
avvenute negli ultimi giorni, illustrando gli elementi raccolti dalla
propria intelligence. Il campanello d’allarme è stato l’arrivo a
Sirte di Abu Nabil al-Anbari, l’ex colonnello delle forze irachene
di Saddam Hussein divenuto uno dei leader di «Al Qaeda in Iraq»,
veterano delle battaglia di Falluja e Ramadi contro gli americani, a
cui il Califfo ha affidato il potenziamento dell’enclave di Sirte.
Il Pentagono assicura di averlo ucciso con un blitz dei droni lo
scorso 13 novembre ma Isis non ne ha confermato la morte, Il Cairo
non esclude che sia ancora in circolazione e comunque assieme a lui
sono arrivati - sempre via nave - altri colonnelli di Isis.
L’insediamento
a Sirte di questo gruppo di iracheni ha coinciso con una maggiore
efficacia delle unità di Isis nel Golfo della Sirte, riuscendo a
estendere il controllo dalla città di Abugrein a quella di Nawfaliya
con il conseguente ritiro delle tribù di Misurata che finora avevano
ostacolato i jihadisti, fino a tentare di cacciarli da Sirte. Il
Pentagono ritiene che Isis abbia come obiettivo Ajdabiya, più a Est,
per controllare un crocevia strategico per l’export di petrolio dai
pozzi a Sud della città.
Le
informazioni raccolte dagli egiziani descrivono inoltre un
consolidamento di Isis dentro Sirte con tribunali islamici,
curriculum scolastici scelti dal Califfato, pattugliamenti religiosi,
distribuzione del cibo, imposizione del chador alle donne, del
divieto del fumo e della musica come dell’obbligo di chiudere i
negozi durante le preghiere. Vi sarebbero state almeno quattro
crocefissioni e due decapitazioni - in ottobre - di uomini accusati
di stregoneria. Senza contare l’insediamento di un Emiro,
espressione del Califfo, e di un Wali, amministratore di origine
saudita.
«La
determinazione con cui Isis controlla Sirte ricorda quanto fatto a
Tikrit in Iraq - spiega Aymenn Jawad Al-Tamimi, l’arabista
dell’Università di Oxford che segue da vicino il Califfato -
perché impossessandosi delle ex aree natali dei dittatori, Gheddafi
come Saddam, punta a legittimarsi come erede naturale nell’esercizio
del potere». Da Tikrit i jihadisti hanno dovuto fuggire in maggio a
causa di un’offensiva irachena sostenuta dai raid Usa e poiché ora
la pressione della coalizione occidentale si concentra su Raqqa si
apre lo scenario di un possibile trasferimento della sede del
Califfato a Sirte.
L’intelligence
americana
Patrick
Prior, capo analista del contro-terrorismo della «Defense
Intelligence Agency» americana, spiega al «New York Times» che «le
cellule di Isis in Libia sono quelle che ci preoccupano di più
perché sono il loro hub nel Nord Africa». «Isis vuole insediarsi a
Sirte - aggiunge Ismail Shukry, capo dell’intelligence libica al
“Wall Street Journal” - perché l’intento è attaccare Roma».
Washington e Londra hanno inviato truppe speciali per raccogliere
informazioni e selezionare obiettivi, preparandosi a una possibile
campagna aerea, assieme ad Egitto ed Emirati. D’altra parte nella
Storia dell’Islam a cui al-Baghdadi fa riferimento il trasferimento
del Califfato è già avvenuto in passato: basta guardare la carta
geografica delle operazioni di Isis per accorgersi del cambiamento di
equilibrio i atto.
Nel
teatro siriano-iracheno gli ultimi successi risalgono alla primavera
con la cattura di Ramadi e Palmira, mentre di recente hanno perso Tal
Abyad e Sinjar, a fronte di rafforzamento in Egitto, soprattutto nel
Sinai, a Sirte e nel triangolo a Sud della Tunisia. È proprio il
timore della genesi di un Califfato maghrebino che ha spinto la
Tunisia a reagire all’attacco al bus di guardie presidenziali
ordinando la chiusura delle frontiere con la Libia per 15 giorni.
Sono tutte carte che Al-Sisi ha giocato, in privato, con i leader
europei per far percepire alla Nato la necessità di procedere contro
Isis considerando il rischio che una massiccia offensiva su Raqqa
anziché sconfiggere il Califfato si limiti a causarne il trasloco.
Domanda di rito : Chissà chi ha regalato tutti i Toyota ai terroristi ? Proviamo a rispondere ?
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