Le mani dell’Isis sulla costa libica: i volontari del Califfo estendono il potere
di Lorenzo
Cremonesi per IL Corriere Della
Sera.it
Qui
potrebbero trovare riparo i terroristi in fuga dalla Siria. Gruppi di
teste di cuoio americani e britannici sarebbero già stati mandati
nel Paese per esaminare la minaccia
L’Isis
si fa sempre più forte e aggressivo in Libia. Tanto che dal suo
quartier generale a Sirte minaccia ora la città di Misurata, si
allarga verso Bengasi e dalla costa guarda all’Italia, poche
centinaia di chilometri di mare aperto più a nord. I suoi militanti
si sentono talmente sicuri nelle nuove basi libiche che potrebbero
persino attirare alcune delle loro formazioni in questo momento in
gravi difficoltà sotto i bombardamenti russi e della coalizione a
guida Usa sulla zona di Raqqa in Siria e nelle province irachene
sunnite. L’informazione in realtà non è del tutto nuova.
Da
tempo i tagliagole del Califfato approfittano del caos imperante in
Libia per allargare la loro presenza. Un caos che è persino
peggiorato con il recente fallimento della missione pacificatrice
volta alla creazione di un governo di unità nazionale tra le milizie
rivali basate a Tobruk e Tripoli del mediatore dell’Onu Bernardino
Leon, che il 16 novembre ha dovuto lasciare l’incarico al tedesco
Martin Kobler. Ma ora l’incubo minaccioso e violento dell’Isis
torna all’ordine del giorno dopo che due quotidiani rilevanti come
il New York Times e il Wall Street Journal , citando per lo più
fonti dell’intelligence Usa e testimoni in Libia, segnalano con
preoccupazione il suo nuovo radicamento nelle stesse regioni che sino
alle rivolte del 2011 erano le più fedeli all’ex colonnello
Gheddafi. Già un anno fa gli abitanti di Sirte avevano segnalato con
paura l’arrivo dei volontari stranieri dell’Isis, sempre più
forti, più numerosi, più aggressivi. «Questa mattina sono venuti
nelle nostre case, hanno effettuato alcuni arresti arbitrari e adesso
quattro nostri concittadini pendono crocefissi a una struttura di
legno e ferro alle porte della città», ci aveva detto al telefono
allora una 34enne della famiglia di Gheddafi, intrappolata nei
quartieri del centro. Quindi era giunto l’obbligo per le donne di
indossare il velo fuori dalle loro case assieme a nuovi programmi
integralisti per gli studenti nelle scuole. Sembrava più che altro
il tentativo maldestro di piccoli gruppi di esaltati desiderosi di
apparire più potenti di quanto fossero in realtà presentandosi come
rappresentanti locali del Califfato trionfante allora a Mosul e nel
Nordest siriano.
Ma
poi erano stati diffusi i video delle decapitazioni degli ostaggi
copti, le brigate con la bandiera nera si erano fatte vedere verso i
terminali e i centri petroliferi di Ajdabia (solo 100 chilometri a
ovest di Bengasi), le loro pattuglie si erano aggiunte al fronte
delle milizie islamiche che verso le Montagne Verdi, specie nelle
cittadine di Al Badya e Derna, dettano legge e lasciano spazio ai
miliziani islamici più oltranzisti. Ora stanno dando filo da torcere
ai soldati legati al generale Khalifa Haftar, l’ex generale del
corpo di spedizione di Gheddafi nella guerra del Ciad, una trentina
d’anni fa, che adesso è ministro della Difesa del governo di
Tobruk. È da aprile che Haftar proclama la vittoria sulle milizie
fondamentaliste a Bengasi, ma ogni volta viene smentito dai fatti sul
campo di battaglia.
«L’intero
gruppo dirigente dell’Isis a Sirte viene dall’estero», dice al
New York Times il responsabile di una nota compagnia di traporti a
Misurata. Si chiama Nuri al Mangush, ammette che ormai le strade sono
controllate dai «barbuti in nero», il Paese è diviso in due, con
le grandi arterie di comunicazione che attraverso il deserto portano
all’Africa sub sahariana a rischio rapimenti e attacchi di ogni
tipo. Si calcola siano almeno 2.000 i volontari dell’Isis oggi
presenti in Libia. Un numero destinato a crescere. A Mosul sin dal
giugno 2014 una delle brigate più note che si occupò di
perseguitare la popolazione cristiana è appunto di origine libica: i
suoi militanti tengono contatti e scambi continui con Sirte. Pare
inoltre che uno degli ex ufficiali dell’esercito di Saddam Hussein,
noto ora come Abu Ali al Anbari e attivo tra i leader militari di
Isis, sia di recente giunto a Sirte via mare con il compito di
studiare nuove strategie operative. A Washington gli esperti
dell’antiterrorismo non nascondono più l’opinione per cui
l’Isis, oggi sotto assedio e in difficoltà in Siria e Iraq,
potrebbe rilanciare proprio la Libia quale centro di irradiazione
verso l’Africa e l’Europa. Piccoli gruppi di teste di cuoio
americani e britannici sarebbero già stati mandati nel Paese per
esaminare la minaccia e i primi rapporti si rivelerebbero tutt’altro
che rassicuranti .
Non scandalizziamoci se poi Inglesi , Americani e Francesi fanno man bassa dei prodotti petroliferi e altre materie prime in certi momenti ci vogliono gli attributi .....o sbaglio ?
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