Guerini: “Nessun calo di iscritti e più giovani alle iniziative Pd”
Intervista al vicesegretario dem: parlano i numeri, in linea con l’anno scorso
«Visto
che parliamo di iscritti conta una sola cosa, i numeri. E parlano
molto chiaro. Nel 2014 la campagna del tesseramento si è chiusa con
quasi 370mila adesioni, e quest’anno siamo perfettamente in linea
con questa cifra». Il vicesegretario del Pd replica alle polemiche –
rilanciate sulla stampa – sui tesserati. Sottolinea la
partecipazione di tanti giovani alle iniziative del Pd e difende
dalle critiche anche il doppio ruolo di Renzi, segretario del partito
e premier: «È indispensabile a garantire il successo della nostra
politica di riforme. In Europa è la regola. Merkel guida governo e
partito in Germania, e lo stesso fa Cameron in Gran Bretagna. Nel
passato è accaduto lo stesso con esecutivi di sinistra come quelli
di Blair e Zapatero».
«Anche
l’anno scorso la stessa cosa, ormai è diventato una sorta di
appuntamento»… Chi conosce Lorenzo Guerini sa che il
vicesegretario del Partito democratico non ama le polemiche. «È
vero – conferma l’interessato -. Specie se poi le polemiche sono
basate su una cosa che semplicemente non esiste».
Che
poi sarebbe il calo degli iscritti al partito. Per qualcuno un
autentico crollo: “Stillicidio di addii», titola Repubblica.
«Torno
a ripetere: è una cosa che semplicemente non esiste. Visto che
parliamo di iscritti conta una sola cosa, i numeri. E parlano molto
chiaro. Nel 2014 la campagna del tesseramento si è chiusa con quasi
370mila adesioni, e quest’anno siamo perfettamente in linea con
questa cifra. Se poi vogliamo approfondire l’argomento, allora
bisogno inserirlo in un contesto temporale più ampio, però magari
questo non appassiona chi è interessato solo alla polemica».
E
che cosa emerge, andando indietro con gli anni?
«Se
si parte dal 2009 si vede che Walter Veltroni lasciò la poltrona di
segretario con il Pd che aveva 791mila iscritti. Tre anni dopo, con
Pierluigi Bersani alla guida del partito, i tesserati erano scesi a
477mila. Con questo, però, non voglio assolutamente accusarlo di
questo calo, perché ritengo che le ragioni risiedano altrove».
Quali
sono, quindi, le ragioni di quello che in sei anni è stato un
dimezzamento degli iscritti?
«In
Italia in molti sono tuttora abituati a misurare il “successo” di
un partito politico con l’andamento del numero degli iscritti. Io
invece credo che le cose stiano cambiando, che la militanza dentro
una forza politica in questo momento si esprime in modi diversi, che
non necessariamente comportano l’iscrizione».
L’adesione,
insomma, non passa per forza dal tesseramento…
«Esattamente,
e sono i fatti a dimostrarlo. Pensiamo a quello che è accaduto con
il due per mille. Con la segreteria Renzi, il Pd se lo è visto
devolvere da ben 550mila persone, un numero ben superiore a quello
degli iscritti. Si tratta di persone meno democratiche di quelle che
hanno la tessera del partito? Io non lo credo affatto, piuttosto
hanno scelto di manifestare la loro vicinanza al nostro progetto
politico in un altro modo».
Tessera,
due per mille, o c’è anche dell’altro?
«C’è
dell’altro, ed esistono indagini socio-politiche che lo evidenziano
molto bene. Un altro esempio è quello dei giovani: sbagliato pensare
che nel loro caso il calo del tesseramento indichi una disaffezione
verso la politica. Nella nostra esperienza, vediamo molti giovani
partecipare alle iniziative del Pd, con azioni di volontariato o
dando il loro contributo ad appuntamenti e dibattiti elettorali, e
questo pur non avendo la tessera del partito».
Resta
il fatto che a misurare con le tessere la forza del Pd ci sono ancora
dei suoi autorevoli esponenti.
«Il
che è perfettamente legittimo, anche se personalmente lo reputo
sbagliato, specie se in questo modo si finisce con il mettere in
dubbio quello che rappresenta un caposaldo dell’azione riformista
che viene condotta dal governo Renzi».
A
che cosa si riferisce?
«Alla
coincidenza fra la leadership del partito e la premiership, che
reputo indispensabile a garantire il successo della nostra politica
di riforme. Prima di Matteo Renzi nel partito Democratico questa
coincidenza non c’è mai stata, ma a ben vedere si è trattato di
un’autentica anomalia. In Europa è invece la regola, a prescindere
dalla collocazione delle forze politiche. Pensiamo ad Angela Merkel
guida governo e partito in Germania, e lo stesso fa David Cameron in
Gran Bretagna. Nel passato è accaduto lo stesso con esecutivi
collocati a sinistra, come quelli che sono stati guidati da Blair e
Zapatero».
Intercettare
i nuovi modi di esprimere la militanza politica rappresenta una sfida
significativa per i partiti. Il Pd che cosa fa?
«Già
nel prossimo fine settimmana forniamo una risposta importante, con il
partito Democratico che scenderà in piazza con i suoi banchetti per
mostrarsi ai cittadini in tante piazze italiane. Quante non sono
nemmeno in grado di dirlo, perché le mille piazze di cui si è
parlato all’inizio saranno sicuramente molte di più, visto che
abbiamo già ricevuto una pioggia di adesioni entusiaste a questa
iniziativa».
Ma
che cosa accadrà intorno a questi banchetti?
«Vedremo
un partito che dal Trentino alla Sicilia sarà impegnato a dialogare
con gli italiani. Saranno presenti i nostri parlamentari, i nostri
sindaci, chi è impegnato nel governo delle regioni, i nostri
militanti e coordinatori di circolo, tutti nelle piazze per
illustrare alla gente l’azione che sta facendo il governo, ed allo
stesso tempo per spiegare che cos’è il Partito democratico. E
naturalmente la nostra iniziativa rappresenterà anche una risposta
ai gravissimi fatti di Parigi, con il rifiuto della follia del
terrorismo e l’affermazione della volontà di non chiuderci in noi
stessi ma di riaffermare i valori della democrazia ritrovandosi
insieme nelle piazze del nostro Paese».
Da
l' Unità.TV
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