Jared Diamond: «L'umanità sopravviverà, ha il 51% di probabilità»
di Davide
Gangale per Lettera43
Lo scienziato Diamond a L43: «Abbiamo il 51% di possibilità di salvarci». Ma solo se si «dividono le risorse». Perché senza uguaglianza «la pace è impossibile».
l
professor Jared Diamond si definisce, in perfetto italiano, «un
ottimista cauto». Nel senso che stima «al 51% le probabilità di
sopravvivenza per la nostra civiltà».
Vincitore
del premio Pulitzer con il saggio Armi, acciaio e malattie, che nel
1997 lo ha reso famoso in tutto il mondo, Diamond è stato
protagonista dell'ultimo appuntamento organizzato a Milano da Intesa
Sanpaolo in occasione di Expo 2015, per il ciclo di conferenze
Sharing The World.
«IL
FANATISMO RELIGIOSO? NON CI ESTINGUEREMO PER QUESTO». Dopo aver
precisato che il fanatismo religioso di qualunque tipo - islamico,
cattolico oppure ebraico - pur costituendo un serio problema,
tuttavia non minaccia l'esistenza dell'umanità, Diamond ha preso di
petto le due questioni che invece, a suo giudizio, rischiano di
mettere a repentaglio la vita stessa della nostra specie. Lo
sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e la crescita
delle diseguaglianze, tra Paesi e all'interno dei singoli Paesi.
«NON
È COLPA DEL TERZO MONDO». A chi sostiene che «siamo troppi» e che
la colpa della mancata sostenibilità ambientale sia in ultima
analisi da attribuire ai tassi di crescita demografica troppo alti
nel Terzo Mondo, Diamond ha ricordato una semplice verità. L'aumento
della popolazione è solo metà del problema. L'altra metà è il
«consumo di risorse medio pro capite», una variabile che illumina
le responsabilità dei Paesi capitalistici avanzati. «Vi chiedo di
ricordare soltanto un numero. Un italiano medio, oggi, consuma
risorse naturali 32 volte più di un africano medio. E nel mondo
globale la povertà non è più un problema degli altri. Se non si
riducono le diseguaglianze, malattie, flussi migratori e attacchi
terroristici sono destinati ad aumentare».
Jared
Diamond.
DOMANDA.
Come possiamo vincere la sfida della sostenibilità?
RISPOSTA.
Dipende interamente da noi. Possiamo continuare sulla strada che
prevale adesso, una strada che distrugge le risorse naturali. Oppure
possiamo adottare una strategia di ecosostenibilità. In qualche caso
lo facciamo già.
D.
Ad esempio?
R.
Prendiamo l'industria della pesca. Ci sono casi virtuosi, come la
pesca dei salmoni in Alaska, condotta in maniera sostenibile. Ma la
maggior parte delle industrie ittiche oggi non funziona così. La
pesca del tonno rosso nel Mediterraneo, se continua con i ritmi
attuali, nel giro di cinque anni arriverà ad esaurire completamente
questa risorsa alimentare.
D.
La cultura della condivisione delle risorse incontra molti ostacoli.
Quali sono invece i suoi principali vantaggi?
R.
In un certo senso, il vantaggio principale è che non abbiamo
alternative. Nel mondo moderno globalizzato la possibilità di
convivere pacificamente tra Paesi ricchi e Paesi poveri, senza
condividere le risorse, semplicemente non esiste. In passato gli
Stati poveri non erano in grado di danneggiare o influenzare quelli
ricchi. Adesso hanno tanti metodi per farlo, intenzionali e non
intenzionali. La Corea del Nord e il Pakistan hanno le bombe
atomiche. Poi ci sono l'immigrazione, il terrorismo e le malattie.
D.
Le malattie?
R.
Gli esempi storici non mancano. In assenza di adeguati sistemi
sanitari nei Paesi poveri, patologie come l'Aids, l'influenza suina e
il virus Ebola hanno raggiunto anche i Paesi ricchi.
D.
Eppure Angus Deaton, fresco vincitore del premio Nobel per
l'economia, sostiene che le diseguaglianze siano necessarie al
benessere.
R.
Per me questa è una pazzia.
D.
Ma la sua prospettiva prefigura un superamento del sistema
capitalistico?
R.
Non direi così, non vedo problemi inerenti al capitalismo in quanto
tale. Il capitalismo può andare avanti, nel bene e nel male. Il
punto è gestire le risorse in modo che si conservino per il futuro.
D'altra parte, il sistema comunista ha ottenuto risultati decisamente
peggiori nella gestione delle risorse ambientali. Le conseguenze sono
ben visibili ancora oggi, negli Stati dell'Europa orientale.
D.
Papa Francesco ha dichiarato che stiamo vivendo una Terza guerra
mondiale combattuta 'a pezzettini'. Lei è d'accordo?
R.
Sinceramente è una metafora che non mi sembra azzeccata.
D.
L'immigrazione è un fenomeno che la preoccupa?
R.
Noi americani abbiamo un punto di vista diverso da voi europei.
L'immigrazione su vasta scala in Europa è un fenomeno relativamente
nuovo. Negli Stati Uniti, invece, oggi siamo tutti immigrati. La
vasta maggioranza degli americani o è immigrata oppure discende da
immigrati. Io stesso sono nato negli Stati Uniti, ma mio padre è di
origine ebraica. I genitori di mia moglie sono cresciuti in Polonia.
Noi americani conosciamo bene le ondate migratorie. Nel primo
decennio del XX secolo, in media, ogni anno sono arrivati negli Stati
Uniti un milione di immigrati.
D.
C'è una scienza che secondo lei consente di capire l'uomo meglio
delle altre?
R.
Secondo me non c'è un fattore più importante. Genetica,
linguistica, storia, archeologia, biologia, sociologia e psicologia
sono tutte discipline importanti.
D.
Anni fa lei scrisse che l'agricoltura è stato l'errore più grave
nella storia dell'umanità. La pensa ancora così?
R.
Gli autori soffrono spesso le conseguenze dei loro titoli, che
sembravano belli all'epoca in cui sono stati scritti, ma in futuro si
rivelano poco azzeccati. Scelsi quel titolo per un articolo che
discuteva gli svantaggi dell'agricoltura. Allora, negli Anni 80,
c'era la teoria secondo cui l'agricoltura era stata adottata dalle
società di cacciatori e raccoglitori perché portava vantaggi nello
stile di vita, nella qualità della nutrizione, nel consumo di
energie, eccetera eccetera. Fatto sta però che i
cacciatori-raccoglitori erano più alti e godevano di una salute
migliore rispetto ai primi agricoltori. Di qui il titolo
dell'articolo. Ciò non toglie che mi appresto a cenare con grande
piacere qui a Milano, gustando i prodotti dell'agricoltura italiana
(ride, ndr).
D.
La cultura e la civiltà occidentale domineranno ancora il mondo?
R.
Probabilmente sì. Molti dicono che il futuro appartiene alla Cina,
io penso di no. La Cina soffre di svantaggi quasi insuperabili, primo
fra tutti la mancanza di democrazia. Finché non diventerà un Paese
democratico, la Cina non riuscirà a sorpassare il mondo occidentale.
D.
Gli antropologi, in epoca coloniale, sono stati i primi a sostenere
la teoria dell'evoluzionismo sociale. Oggi sono gli unici ad averla
abbandonata?
R.
L'evoluzione, dal punto di vista biologico, non è una teoria, è un
fatto. Il mondo biologico si è evidentemente evoluto. Per quanto
riguarda invece l'evoluzionismo, l'applicazione del concetto di
evoluzione alle società umane, la questione è più complessa. Le
società umane possono essere studiate nella prospettiva
dell'evoluzione, ma si tratta di una metafora. Azzeccata in parte,
non del tutto.
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