La Resistenza è nata l'8 settembre e tutti la ricordino
Di
Eugenio Scalfari su Repubblica.it
SPESSO
mi vengono in mente strane associazioni di idee. Immagino che capiti
a molti ed io di solito me le tengo per me, ma quelle di oggi
desidero invece dirle: ho letto sui giornali che i lavori del Senato
riprenderanno dopo la pausa estiva, l'8 settembre, sul tema — assai
contrastato — della riforma costituzionale. Altro nessuno dice.
Ebbene, sarà un caso, ma quella dell'8 settembre è una data
fatidica nella storia moderna del nostro paese. Era il 1943 e il
governo presieduto da Pietro Badoglio dette l'annuncio d'aver firmato
l'armistizio con l'America e l'Inghilterra, aggiungendo che l'Italia
si sarebbe opposta a chiunque si fosse schierato contro quella
decisione. Di fatto (e di diritto) cambiavamo fronte, con un governo
legittimo che controllava in quel momento soltanto i territori del
Mezzogiorno dagli Abruzzi in giù; tutto il resto era nelle mani del
governo di Salò presieduto da Mussolini e presidiato dall'Armata
tedesca, dalle Ss naziste e dai fascisti.
In
questa situazione accaddero due fatti rilevanti: l'esercito italiano
si dissolse come neve al sole, lo Stato si sfasciò, la Patria con la
P maiuscola si frantumò (per una trentina d'anni nessuno scrisse più
la parola patria). In quegli stessi giorni cominciò la Resistenza
nei territori occupati dai nazi-fascisti. Uno sfascio e una nascita.
Questo doppio evento ha avuto un grande significato nella storia del
nostro paese e venne annualmente celebrato al Quirinale, in
Parlamento, all'Altare della Patria e alle Fosse Ardeatine. Ma anche
quest'anno sarà così? Me lo auguro e per quanto riguarda il
Quirinale ne sono più che sicuro.
Penso
anche che ne parlerà la presidentessa della Camera (ancora chiusa)
Laura Boldrini. Ma al Senato l'ordine del giorno prevede l'inizio
della discussione d'un tema assai controverso che vede un solco
profondo tra le varie forze politiche e all'interno del Pd. È
probabile che il presidente Grasso ricordi l'8 settembre del '43 ma
l'assemblea sarà comunque in tutt'altre faccende affaccendata. Non
so se il regolamento parlamentare glielo consenta, ma auspico che
Grasso dia la parola ai senatori che vorranno ricordare
quell'avvenimento storico che è sempre estremamente attuale e poi
tolga la seduta. Sarebbe un gesto estremamente apprezzabile anche se
in palese contrasto con chi ha stabilito di cominciare proprio in
quel giorno una querelle che dividerà profondamente gli animi
anziché unificarli come il significato storico della Resistenza
vorrebbe.
***
Gli
altri temi di grande rilievo, alcuni di carattere internazionale,
altri di carattere interno, sono: la Cina e la svalutazione della sua
moneta, la Grecia e le decisioni finali dell'Eurogruppo convocato
ieri a Bruxelles, la prospettiva sempre più urgente della nascita di
un'autorità europea con una nuova governance, ampie cessioni di
sovranità nazionali in economia e in politica. Per quanto riguarda i
problemi interni campeggia quello del Mezzogiorno, del fisco e
dell'occupazione ai quali altri se ne sono aggiunti: quello della
Rai, quello della scuola, quelli della giustizia civile. Li ricordo
perché è bene che siano tenuti presente, ma ovviamente cercherò di
coglierne il significato con la massima brevità.
Il
caso cinese non meritava l'allarme che per dieci giorni ha sconvolto
i mercati di tutto il mondo. Più volte governi e Banche centrali
dell'Asia, del Giappone, dell'Occidente avevano auspicato una
svalutazione dello yuan che, per decisione del governo di Pechino,
era stato fissato allo stesso tasso di cambio del dollaro. Un tasso
artificiale e politico. Perché? Per incoraggiare gli investitori
esteri a scegliere la Cina come loro mercato di espansione. A loro
volta le esportazioni cinesi continuavano ad essere incoraggiate dai
bassissimi costi di produzione e la moneta cinese comprava titoli
pubblici americani in una misura addirittura preoccupante: con quelle
riserve, quando l'avesse voluto, la Cina poteva comprare mezza
America e mezza metà del mondo (come in parte ha fatto).
Ma
ora svaluta la sua moneta. Perché? Perché le esportazioni sono
fortemente diminuite, molte imprese private cinesi hanno ridotto il
loro lavoro e l'occupazione. Di conseguenza i consumi ristagnano.
Questa è la ragione della svalutazione dello yuan, oltre al
desiderio di internazionalizzare la sua moneta negli organismi
mondiali. Non ci sono dunque motivi di allarme. Tutto può accadere
ma non è nelle previsioni.
Della
Grecia c'è poco da dire. La trattativa si è alla fine chiusa
positivamente anche se la Merkel ha alzato la voce: la Germania va al
voto tra due anni e Angela deve fare la faccia feroce per mantenere
il consenso della sua pubblica opinione. Gli altri lo sanno, a
cominciare da Draghi, e questa è la partita la cui fine positiva è
evidente.
Quanto
all'Europa, il caso greco è stato provvidenziale per dimostrare la
necessità di fare passi avanti verso lo Stato federale. Tra i più
autorevoli sostenitori di questa tesi in Italia ci sono Romano Prodi
e Guido Rossi. La Boldrini lo scrive esplicitamente sui giornali e ha
l'intenzione di convocare i presidenti delle Camere di tutta Europa
per una posizione comune. Sarebbe importante se ci riuscisse.
***
Dei
tre temi che dominano la situazione italiana c'è da dire che non si
stanno facendo grandi progressi. Sono entrati nell'agenda del governo
è questo è già un apprezzabile risultato, ma non si è andati
molto più in là. Le procedure sono lunghe, la semplificazione della
pubblica amministrazione comporta anch'essa una procedura assai
complessa; Aldo Moro ai tempi suoi sosteneva che fosse necessaria
almeno una generazione per rifondare lo Stato, perché di questo in
realtà si tratta. In tempi di avanzata tecnologia diciamo pure che
ci vorranno tre anni. Il resto, le novità che annuncia il ministro
Madia, sono giocattolini da mettere sotto l'albero di Natale.
Questo
per quanto riguarda il Mezzogiorno. Il punto che realmente
bisognerebbe portare avanti è quello di far nascere ed educare una
nuova classe dirigente e politica. I partiti nel Sud sono riserve di
caccia, emirati, lobby, "ascari" come Salvemini chiamava i
sostenitori di Giolitti. Dopo più d'un secolo i tempi non sono
affatto cambiati. La gente onesta e consapevole del Sud è sempre più
tentata dall'astensione. Oppure dal votare per gli "sceriffi"
e gli "sceicchi"; ma non sarà un bel risultato. Il resto,
l'occupazione, il sostegno dei poveri, gli investimenti, l'andamento
del reddito, sono, questi sì, obiettivi dove il governo è
concretamente impegnato e gode anche del sostegno di Mario Draghi.
Qualche
miglioramento c'è ma ancora impercettibile. Le cifre del Pil
aumentano in maniera marginale, quelle dell'occupazione non sono
ancora positive e i consumi non riescono a ripartire.
Questa
è la situazione. In parte dipende dal governo ma anche dall'Europa.
Speriamo che consenta quella famosa flessibilità che finora però è
parola ma non fatto.
Della
riforma costituzionale del Senato non ho alcuna intenzione di
parlare. Quello che penso l'ho già detto nelle lettere che ci siamo
scambiati recentemente con Giorgio Napolitano e, per quanto mi
riguarda, non ho altro da aggiungere. La partita è in mano a Renzi e
ai dissenzienti del Pd. Ma una cosa è certa: il premierato, come il
nostro presidente del Consiglio lo intende, non è compatibile con la
democrazia parlamentare. Che ognuno si regoli come meglio crede.
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